Dove c’è acqua c’è vita

1
2489

Secondo il World Water Assesment Programme, l’umanità consuma il 54% di tutta l’acqua dolce accessibile nei fiumi, nei laghi e nelle falde acquifere, destinata per il 70% al settore agricolo, per il 22% a quello industriale (e per la produzione di energia elettrica) e per l’8% per usi domestici (cucinare, dissetarsi ed avere un’igiene adeguata). Se per dissetarci abbiamo bisogno di una quantità d’acqua non contaminata che varia dai 2 ai 4 litri al giorno, ce ne vogliono dai 2.000 ai 4.000 litri al giorno per soddisfare il nostro bisogno di cibo. Occorrono infatti dai 1.000 ai 3.000 litri di acqua per produrre 1 chilogrammo di riso e dai 13.000 ai 15.000 litri per 1 chilo di manzo. Questo significa che il nostro consumo indiretto di acqua dolce dipende molto dalle nostre abitudine alimentari. Scopriamo così che un minor consumo di carne non è solamente una scelta azzeccata dal punto di vista salutare – basta leggersi un po’ di letteratura scientifica in materia per scoprire che un alto consumo di carne è una delle variabili in grado di aumentare il rischio dell’insorgenza delle classiche malattie dei paesi sviluppati –, ma anche un atto morale, in grado di diminuire il proprio impatto su un pianeta sempre più in pericolo e di diminuire le grandi disuguaglianze che colpiscono la gran parte della popolazione terrestre.

L’acqua è la risorsa naturale che sarà sempre più in grado di fare la differenza tra un paese ricco ed uno povero, perché chi controlla l’acqua riesce anche a controllare la produzione agricola. Infatti, il 40% dell’intera produzione agricola proviene da terreni che dispongono di un sistema di irrigazione (che sono solamente il 20% del totale), mentre il restante 60% proviene dall’80% delle terre coltivate sul nostro pianeta, che si devono accontentare dell’incertezza delle piogge, variabile che sarà sempre più imprevedibile a causa dei cambiamenti climatici a cui stiamo andando incontro.

Secondo l’UNEP, entro il 2025, il consumo d’acqua da parte dell’umanità aumenterà del 50% nei paesi in via di sviluppo e del 18% in quelli sviluppati. Questo significa che le disuguaglianze e le tensioni sul nostro pianeta sono destinate ad aumentare. Secondo la FAO, entro il 2025, 1,8 miliardi di persone vivranno in regioni dove l’acqua sarà una risorsa scarsa o addirittura assente, mentre i 2/3 dell’intera popolazione mondiale subirà dei disagi (ad esempio andando incontro ad un razionamento dell’oro blu) per l’utilizzo dell’acqua, mettendo a rischio tutte quelle attività che ne assorbono grandi quantitativi (come l’irrigazione dei campi, il raffreddamento delle centrali termoelettriche e nucleari, la produzione di energia idroelettrica e via dicendo). Ad aggravare tutte le previsioni sulla futura disponibilità d’acqua, ci sono i cambiamenti climatici – già in atto – a causa del surriscaldamento dell’atmosfera del nostro pianeta.  Secondo gli scienziati dell’IPCC (agenzia delle Nazioni Unite), a causa dei cambiamenti climatici il rendimento dei terreni agricoli che fanno affidamento sulle sole precipitazioni piovose (che sono circa l’80% delle terre coltivate), potrebbe diminuire del 50% entro il 2020. Possiamo immaginare quali saranno le conseguenze a livello planetario.

Ma a peggiorare la situazione non è solamente la mancanza di acqua, ma anche la scarsa qualità di una risorsa sempre più contaminata da inquinanti batteriologici e chimici. Nei paesi in via di sviluppo, il 70% dei rifiuti industriali (e spesso la quasi totalità degli scarichi fognari) che vengono scaricati nelle acque di fiumi e laghi – la cui acqua viene poi utilizzata dalla popolazione locale per irrigare, cucinare ed assolvere ai servizi igienici di base (come lavarsi) – non subiscono nessuna forma di trattamento. Altrettanto grave è la contaminazione da sostanze chimiche non organiche, anche se non si dispone di dati completi sul fenomeno, perché quelli disponibili sono parziali o tendono a sottostimare il fenomeno, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Gli inquinanti chimici dell’acqua che maggiormente minacciano la popolazione sono il piombo (a rischio 10 milioni di persone nei siti già identificati, ma il dato è ovviamente sottostimato), il mercurio (8,6 milioni di persone), il cromo (7,3 milioni di persone), l’arsenico (secondo le Nazioni Unite, nel mondo ci sono 130 milioni di persone che consumano acqua con livelli di arsenico superiori alla soglia massima stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), ma anche pesticidi (presenti un po’ ovunque) e radionuclidi.

Ridurre gli inutili sprechi d’acqua, adottare un’alimentazione più sostenibile (ad esempio riducendo la quantità di carne si possono risparmiare i soldi necessari per l’acquisto di carne di maggiore qualità, come quella biologica), abbracciare uno stile di vita più sobrio, insomma meno consumista (ricordiamoci che dietro ogni prodotto che troviamo in vendita si nascondono centinaia se non migliaia di litri di acqua, necessari alla produzione e l’inevitabile contaminazione di mari e fiumi con tutti gli inquinanti necessari alla loro produzione) sono alcune delle azioni da mettere in pratica affinché tutti coloro che hanno a cuore le sorti del pianeta e quindi dell’umanità possano effettivamente innescare un cambiamento.

CONDIVIDI
Articolo precedentePerdona Madre!
Articolo successivoTeoria della decrescita: limiti, convergenze e nuove prospettive
Laureato in Economia, ho avuto diverse esperienze lavorative (tra cui Ambasciata d'Italia a Buenos Aires, Monte dei Paschi, Freeandpartners, Nestle). "Verso la fine dell'economia - apice e collasso del consumismo" è il mio nuovo libro, edito da Fuoco-Edizioni. http://economiafinita.com

1 commento

  1. Vorrei sapere se siete a conoscenza di qualche tipo di contributo/finanziamento per creare una vasca di raccolta delle acque piovane, per poi poterle utilizzare nell’irrigazione. Grazie
    marina

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.