A lezione di pensiero con Donella Meadows #5

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Quinta e ultima puntata dell’articolo ‘Punti di leva: dove intervenire in un sistema’ di Donella Meadows: in parentesi in corsivo i miei commenti personali (archivio puntate precedenti: #1, #2, #3, #4)

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4. IL POTERE DI AGGIUNGERE, CAMBIARE, EVOLVERE O AUTORGANIZZARE LA STRUTTURA DEL SISTEMA

La cosa più sbalorditiva che possono fare i sistemi viventi ed i sistemi sociali è cambiare se stessi totalmente creando intere nuove strutture e comportamenti, Nei sistemi biologici questo potere è chiamato evoluzione. Nella società umana è chiamato progresso tecnologico o rivoluzione sociale. Nel gergo dei sistemi è chiamato auto-organizzazione.

Auto-organizzazione significa cambiare ogni aspetto di un sistema in questa lista: aggiungere strutture fisiche completamente nuove, come cervelli o ali o computer; aggiungere nuovi cicli negativi: fare nuove regole. La capacità di auto-organizzarsi è la forma più forte di resilienza del sistema. Un sistema che può evolvere può sopravvivere quasi ad ogni cambiamento, cambiando sè stesso. Il sistema immunitario umano ha il potere di sviluppare nuove risposte ad (alcuni tipi di) attacchi che non aveva mai incontrato prima. Il cervello umano può immagazzinare nuove informazioni e creare pensieri completamente nuovi.

Il potere dell’auto-organizzazione sembra così sorprendente che tendiamo a considerarlo misterioso, miracoloso, una manna dal cielo. Gli economisti spesso presentano la tecnologia come una manna dal cielo, che non viene da nessuna parte, non costa niente, incrementa la produttività di un’economia di una percentuale regolare ogni anno. Per secoli la gente ha considerato la spettacolare varietà della natura con lo stesso sbalordimento. Solo un creatore divino poteva dare alla luce una simile creazione.

Un’ulteriore indagine sull’auto-organizzazione dei sistemi rivela che il creatore divino, se ce n’è uno, non ha dovuto produrre miracoli evolutivi. Lui o Lei ha solo dovuto scrivere regole per l’auto-regolazione meravigliosamente intelligenti. Queste regole in sostanza governano come, dove e cosa il sistema può aggiungere o sottrarre da se stesso sotto quelle condizioni. Come hanno dimostrato centinaia di modelli di computer auto-organizzati, schemi complessi e incantevoli possono evolversi da algoritmi evolutivi del tutto semplici. (Ciò non significa che gli algoritmi del mondo reale sono semplici, solo che possono esserlo.) Il codice genetico nel DNA, che è la base di tutta l’evoluzione biologica, contiene solo quattro “lettere” differenti, combinate in “parole” di tre lettere ciascuna. Il modello e le regole di replicazione e ricombinazione sono state costanti per qualcosa come tre miliardi di anni duranti i quali ha prodotto un inimmaginabile varietà di creature auto-evolute destinate al fallimento o al successo.

L’auto-organizzazione è fondamentalmente la combinazione di materiale evolutivo grezzo – una grande varietà di informazioni dalle quali selezionare possibili schemi – e un mezzo per sperimentare, selezionare e testare nuovi schemi. Per l’evoluzione biologica il materiale grezzo è il DNA, una fonte di varietà è la mutazione spontanea ed il meccanismo di verifica è qualcosa tipo un’enfatizzata selezione Darwiniana. Per la tecnologia, il materiale grezzo è il complesso dei saperi che la gente ha accumulato e conservato nelle librerie e nei cervelli. La fonte di varietà è la creatività umana (qualunque cosa sia) e il meccanismo di selezione può essere qualunque cosa il mercato compenserà o tutto ciò che i governi e le fondazioni finanzieranno o qualunque cosa incontri i bisogni umani o risolva un problema immediato.

(All’interno di questa concezione di auto-organizzazione inserirei anche quelle strutture sociali semplici e ‘spontanee’ scaturite dal basso – ad esempio i comitati cittadini – che nascono per sopperire alle mancanze delle istituzioni radicate. L’auto-organizzazione sociale è un cardine del pensiero anarchico, in particolare di concezioni quali il municipalismo libertario di Murray Bookchin)

Quando si capisce il potere dell’auto-organizzazione del sistema si inizia a capire perché i biologi venerano la biodiversità anche più di quanto gli economisti venerino la tecnologia. L’incontrollabile scorta di varietà del DNA evolutasi ed accumulatasi in miliardi di anni è la fonte di potenziale evolutivo, così come le librerie scientifiche e i laboratori e le università dove gli scienziati vengono preparati sono la fonte del nostro potenziale tecnologico. Consentire alle specie di estinguersi è un crimine di sistema, così come lo sarebbe l’eliminazione casuale di tutte le copie di un particolare giornale di scienza, o di un particolare tipo di scienziati.

Lo stesso può essere detto per le culture umane, naturalmente, che sono il deposito di repertori di comportamento, accumulati non in miliardi ma in centinaia di migliaia di anni. Sono un magazzino di ciò che l’evoluzione sociale può raggiungere. Sfortunatamente la gente apprezza il prezioso potenziale evolutivo delle culture ancora meno di quanto comprenda il valore di ogni variazione genetica negli scoiattoli del mondo. Immagino che sia dovuto al fatto che un aspetto di quasi tutte le culture sia il credere nella totale superiorità di quella cultura.

(In particolare, una sana postmodernità – o una ‘modernità riflessiva’, come la chiama Ulrich Beck – sarebbe quella che non si trincera acriticamente in difesa della modernità ma neppure la rigetta con sdegno, preferendo invece riflettere sui valori moderni e premoderni più utili per il futuro che ci aspetta. Visto anche il disastro provocato dalle visioni occidentali per quanto attiene al rapporto uomo-natura, sarebbe opportuno capire che cosa hanno da offrire al riguardo altre culture)

L’ostinazione su una singola cultura interrompe l’apprendimento. Taglia la resilienza. Qualunque sistema, biologico, economico o sociale che diventi così incrostato da non poter evolvere, un sistema che disprezza sistematicamente la sperimentazione e distrugge il materiale grezzo dell’innovazione, è spacciato nel lungo termine di questo pianeta grandemente variabile.

3. GLI OBIETTIVI DEL SISTEMA

L’obiettivo di un sistema è un punto di leva superiore alla sua capacità di auto-organizzazione. Per esempio, se l’obiettivo è portare il mondo sempre di più sotto il controllo di un particolare sistema di pianificazione centrale (l’impero di Genghis Khan, il mondo dell’Islam, la Repubblica Popolare della Cina, Wal-Mart, Disney, uno qualunque) qualunque cosa sotto questa lista, riserve fisiche e flussi, circuiti di feedback, flussi di informazione anche il comportamento auto-organizzante, sarà regolato così da conformarsi all’obiettivo.

Questa è la ragione per cui non posso disquisire se l’ingegneria genetica è una cosa “buona” o “cattiva”. Come tutte le tecnologie dipende da chi la utilizza, con quale obiettivo. L’unica cosa che si può dire è se le industrie l’utilizzano per produrre prodotti di mercato, che è un obiettivo molto differente, un differente meccanismo di selezione, una direzione evolutiva differente da quella vista dal pianeta sino ad ora.

(Le biotecnologie possono essere utili, ad esempio, per estirpare malattie genetiche)

Come hanno mostrato i miei esempi di circuito singolo, la maggior parte dei cicli di feedback negativi in un sistema hanno il loro proprio obiettivo: mantenere l’acqua del bagno al giusto livello, mantenere confortevole la temperatura della stanza, mantenere le riserve ad un livello sufficiente, mantenere acqua sufficiente nella diga. Questi obiettivi sono importanti punti di leva per parti del sistema e la gente lo comprende. Se si vuole una stanza più calda si sa che il termostato è il posto su cui intervenire. Ma ci sono obiettivi di leva più grandi, meno ovvi, quelli dell’intero sistema, gli obiettivi dell’intero sistema non sono obiettivi a cui pensiamo nel senso della motivazione umana. Non sono tanto deducibili da quello che chiunque dice ma da ciò che il sistema fa. Sopravvivenza, resilienza, differenziazione, evoluzione sono obiettivi di livello del sistema.

Anche quelli che vivono dentro i sistemi spesso non riconoscono quale obiettivo di sistema sta perseguendo. Fare profitti, direbbero la maggior parte delle multinazionali, ma questa è solo una regola, una condizione necessaria per stare nel gioco. Qual è il punto del gioco?

La maggior parte della gente direbbe aumentare le ricchezze dell’azionista e questo è un comportamento potente per modellare l’obiettivo. Ma ce n’è uno più grande, che nessuno esprime formalmente, ma ovvio se si guarda all’attuale comportamento del sistema. Crescere, aumentare gli scambi di mercato, portare il mondo (consumatori, fornitori, regolatori) sempre più sotto il controllo delle grandi corporazioni, cosicché le sue operazioni diventino ancora più indipendenti dalle incertezze. John Kenneth Galbraith ha riconosciuto questo obiettivo delle corporazioni – divorare tutto – molto tempo fa[5].

È anche l’obiettivo di una cellula di cancro. A dire il vero è l’obiettivo di ogni popolazione vivente ed è un obbiettivo sbagliato soltanto quando non è bilanciato da cicli di feedback negativi di alto livello che non lascino mai ad un’entità a motore ultima arrivata, il controllo del mondo. L’obiettivo di mantenere il mercato competitivo deve battere l’obiettivo di ciascuna multinazionale di eliminare i suoi concorrenti (e fare il lavaggio del cervello ai suoi consumatori e inghiottire i suoi fornitori), proprio come un ecosistema, l’obiettivo di mantenere i popoli in equilibrio ed in evoluzione deve vincere l’obiettivo di ogni popolo di riprodursi senza limite e controllare tutte le risorse fondamentali.

Ho detto prima che cambiare i giocatori del sistema è un intervento di basso livello perché i nuovi giocatori si assestano nello stesso vecchio sistema. L’eccezione alla regola è in vetta, dove un singolo giocatore può avere il potere di cambiare l’obiettivo del sistema. Ho visto meravigliata – solo occasionalmente – come un nuovo leader in un’organizzazione, dal Dartmouth College alla Germania Nazista, enuncia un nuovo obiettivo e muove centinaia o migliaia o milioni di persone perfettamente intelligenti e razionali in una direzione nuova. È ciò che ha fatto Ronald Reagan. Non molto prima che assumesse l’incarico, un Presidente poteva dire “Non chiederti cosa può fare il governo per te, chiediti cosa puoi fare tu per il governo” e nessuno avrebbe riso. Reagan ha ripetuto continuamente che l’obiettivo non è che la gente aiuti il governo e non che il governo aiuti la gente, ma di non avere più il governo sul groppone. Si potrebbe sostenere, ed io lo farei, che i cambiamenti del sistema globale e la crescita del potere delle multinazionali sul governo hanno fatto in modo che se la cavasse così. Ma il fatto che la politica sia cambiata così radicalmente negli negli Stati Uniti, e anche nel mondo, a partire da Reagan è prova della grande leva dell’articolazione, del dare significato, del ripetere, del lottare per, dell’insistere per il bene o per il male di nuovi obiettivi del sistema.

(Il problema ovviamente oggi è la capacità di innescare una svolta ben diversa da quella di Reagan! In ogni caso, gli ‘uomini nuovi’ della politica degli ultimi trent’anni, a prescindere dalla loro reale genuinità, si sono rivelati nella migliore delle ipotesi dei buoni amministratori dell’esistente, quasi del tutto incapaci di cambiare gli obiettivi del sistema, su tutti la ricerca della crescita economica continua)

2. LA MENTALITA’, OSSIA IL PARADIGMA DA CUI IL SISTEMA PROVIENE

Un altro dei famosi motti sui sistemi di Jay Forrester dice: non importa come è scritta la legge di tassazione di un paese. C’è un’idea condivisa nelle menti della società su come dovrebbe essere distribuita un’equa ripartizione delle tasse. Qualunque cosa dicano le regole, dei mezzi equi o scorretti, delle complicazioni, dell’imbrogliare, di esenzioni o detrazioni, dello scavalcare costantemente le regole, l’effettivo pagamento delle tasse va contro l’idea condivisa di “imparzialità”.

L’idea condivisa nelle menti della società, la grande ipotesi taciuta – taciuta perché non è necessario dichiararla; tutti già lo sanno – costituisce lo schema della società, o più profondamente il sistema di credenze su come funziona il mondo.

C’è una differenza tra sostantivi e verbi. I soldi misurano qualcosa di reale e hanno un significato reale (quindi la gente che è pagata meno letteralmente vale meno). La Crescita è buona. La Natura è una riserva di risorse da convertire per gli scopi umani. L’evoluzione si ferma con la comparsa dell’Homo Sapiens. Si può “possedere” la terra. Queste sono solo alcune delle poche assunzioni paradigmatiche della cultura corrente, hanno tutte assolutamente lasciato di stucco altre culture, che pensavano che le cose non fossero così ovvie.

I paradigmi sono le fonti dei sistemi. Da questi, attraverso il consenso sociale condiviso sulla natura della realtà, derivano gli obiettivi del sistema e i flussi di informazione, i feedback, le riserve, i flussi e ogni cosa riguardante il sistema. Nessuno l’ha detto meglio di Ralph Waldo Emerson:

Ogni nazione ed ogni uomo si circondano di un apparato materiale che corrisponde esattamente al suo stato di pensiero. Osservate come ogni verità e ogni errore, ciascun pensiero di ogni uomo, si veste delle società, delle case, delle città, della lingua, dei riti, dei giornali. Osservate le idee del giorno presente…vedete come il legname, il mattone, la calce e la pietra hanno assunto una forma conveniente, obbediente all’idea dominante nelle menti di tante persone… seguire, naturalmente, il minimo ampliamento delle idee…causerebbe i più impressionanti cambiamenti nelle cose esterne[6].

Gli antichi Egizi costruirono le piramidi perché credevano nella vita nell’aldilà. Noi costruiamo grattacieli perché crediamo che lo spazio nelle città sia di enorme valore. (Eccetto per gli spazi degradati, vicini ai grattacieli, che consideriamo di nessun valore.) Non importa che sia stato Copernico o Keplero a mostrare che la terra non è il centro dell’universo o Einstein ad ipotizzare che materia ed energia sono intercambiabili o Adam Smith a postulare che le azioni egoiste di giocatori individuali nel mercato si mettono meravigliosamente insieme per bene comune, le persone che sono riuscite ad intervenire nel sistema ad un livello di paradigma hanno colpito un punto di leva che trasforma totalmente i sistemi.

Si può dire che gli schemi siano più difficili da cambiare di qualunque altra cosa nel sistema e quindi questo punto dovrebbe essere più basso nella lista, non al secondo posto più alto. Ma non c’è niente di inevitabilmente fisico o costoso o anche lento nel processo di cambiamento del sistema. In un singolo individuo può avvenire in un millisecondo. Tutto ciò che richiede è un click nella mente, una caduta di barriere dagli occhi, un nuovo modo di vedere. Intere società sono un’altra cosa. Resistono alla sfide al loro schema più che a qualunque altra cosa. Le reazioni sociali alla sfida allo schema hanno contemplato crocifissioni, roghi al palo, campi di concentramento e arsenali nucleari.

Quindi come si cambiano gli schemi? Thomas Khun che scrisse l’influente libro sui grandi cambiamenti di paradigma della scienza ha molto da dire a tal proposito [7]. In sintesi continuando ad indicare le anomalie e i fallimenti nel vecchio paradigma, continuando a parlare ampiamente e con sicurezza dal nuovo, si sostituisce nelle persone il nuovo paradigma al posto della visibilità pubblica e del potere. Non si perde tempo con i reazionari; piuttosto si lavora con agenti di cambiamento attivo e con la grande quantità di gente moderata che è di larghe vedute.

I sistemisti direbbero che si cambiano gli schemi modellando un sistema su un computer, che porta fuori dal sistema e forza a vederlo per intero. Lo possiamo dire perché i nostri propri paradigmi sono cambiati in questo modo.

(E’ impossibile scrivere in poche righe un commento esaustivo su di un argomento tanto importante. Mi limito solo a una suggestione: tante volte si svilisce il valore dell’impegno individuale – nel campo della decrescita, penso ad esempio all’autoproduzione e alla conduzione di vita coerente con la cultura che si propugna – perché, si dice, rappresenta solamente una goccia in un mare di problemi legati al sovrasfruttamento della Terra e al degrado ecologico, che andrebbero invece affrontati con slanci rivoluzionari. Per molti versi una contestazione innegabile, tuttavia le pratiche individuali sono fondamentali per fornire le basi per il superamento del paradigma dominante, che passa inevitabilmente per una forte presa di coscienza)

1. IL POTERE DI TRASCENDERE I PARADIGMI

Tuttavia c’è un punto di leva ancora più grande del cambiare il paradigma. Che è mantenersi indipendenti nell’arena dei paradigmi, mantenersi flessibile, capire che nessun paradigma è “vero” che tutti, incluso quello che dolcemente modella la tua visione del mondo, è una comprensione tremendamente limitata di un immenso incredibile universo che è lontano dall’umana comprensione.

(Quello che chiamiamo ‘mondo reale’, di fatto, è ‘solo’ un modello mentale: non scordiamocelo mai!)

È raggiungere il paradigma ad un livello viscerale comprendendo che il fatto che ci siano dei paradigmi è un paradigma e considerare l’intera consapevolezza incredibilmente divertente. E’ lasciarsi andare nella Non Conoscenza in quello che nel Buddismo viene detto illuminazione. La gente che va oltre i paradigmi (tutti noi) da uno sguardo all’enorme possibilità che tutto ciò che pensa è certo di essere senza senso e pedala rapidamente nella direzione opposta. Certamente non c’è potere, controllo o comprensione, neanche una ragione per essere, ancora meno azione, nella nozione o esperienza che non c’è nessuna certezza in nessuna visione del mondo. Ma infatti tutti quelli che sono riusciti ad accarezzare quest’idea, per un momento o per una vita, l’hanno trovata essere la base per un radicale cambiamento interiore. Se nessun paradigma è giusto, si può scegliere quello che più aiuta nel raggiungimento del proprio obiettivo. Se non si ha idea di dove trovare un obiettivo, si può ascoltare l’universo (o darselo in nome della propria divinità preferita) e fare la sua volontà che è probabilmente meglio informata della nostra.

È in questo spazio di controllo sui paradigmi che la gente toglie di mezzo le dipendenze, vive nella gioia costante, butta giù imperi, fonda religioni, si fa imprigionare o sparare, o scompare e ed ha impatti che durano per millenni.

UN AVVERTIMENTO FINALE

Da sublime a ridicolo, da illuminazione ad avvertimenti. C’è così tanto da dire per descrivere questa lista. È un tentativo e il suo ordine è sdrucciolevole. Ogni punto ha eccezioni che possono spostare su o giù l’ordine delle leve. Aver avuto la lista che pervadeva il mio subconscio per anni non mi ha trasformata in una Superdonna. Più grande è il punto di leva, più il sistema resisterà a cambiarlo – questa è la ragione per cui le società tendono a far sparire le creature veramente illuminate.

I punti di leva magici non sono facilmente accessibili, anche se sappiamo dove sono e che direzione dargli. Non ci sono biglietti a basso prezzo per la conoscenza. Bisogna lavorare su ciò che significa analizzare rigorosamente un sistema o rigorosamente liberarsi dei propri paradigmi e gettarsi nell’umiltà del Non Sapere. Alla fine dei conti, sembra che il potere abbia meno a che fare con lo spingere i punti di leva che con lo strategico, profondo, pazzo lasciarsi andare.

[5] John Kenneth Galbralth, The New Industrial State. Boston: Hougton Mifflin, 1967.

[6] Ralph Waldo Emerson, War”(conferenza tenuta a Boston, Marzo 1838). Ristampata inEmerson’s Complete Works,vol. XI. Boston: Houton, Mifflin &Co. 1887, p. 177.

[7] Thomas Khun, The Structure of Scientific Revolution. Chicago Press. 1962.

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