Digital Delivery: tecnologia pro-decrescita?

2
1490

Con internet – è innegabile – l’uomo ha compiuto un grande passo verso la diffusione della conoscenza. Essa può ora essere facilmente condivisa, modificata e discussa su piazze ben più grandi di quelle ove fino a non molto tempo fa avevano luogo gran parte degli scambi di opinioni fra le persone. Con la diffusione della banda larga e del digital delivery (d’ora in avanti DD) si sta compiendo adesso un secondo passo, o meglio si vanno creando vie legali per ottenere qualcosa a cui molti avevano già accesso: prodotti e servizi di qualità in formato digitale.

L’enorme impatto positivo di queste due piccole-grandi rivoluzioni in termini ecologici non è stato probabilmente ancora compreso a pieno dagli osservatori, ma è facile elencarne i benefici più palesi: zero costi di trasporto, zero costi di confezionamento, zero sprechi dovuti a surplus di produzione. Quindi non solo mancato inquinamento, ma risparmio di denaro, di tempo, di energia e di materiale. Siamo di fronte a un fenomeno per molti versi nuovo, che si potrebbe definire come una sorta di “consumismo a impatto zero”, il quale coinvolge in particolare il settore dei servizi a prevalente contenuto informativo (finanziari, di consulenza e via dicendo), dell’intrattenimento audio-visivo (musica, film, videogiochi) e della cultura (e-book, servizi di videoconferenze, corsi online). E’ la filiare corta fra produttore e consumatore che si realizza su scala globale. Costituisce inoltre il rovesciasciamento del concetto di “Lean Manufacturing” o, a seconda dei punti di vista, la sua realizzazione più piena.

La Lean Manufacturing (anche nota come toyotismo, dal nome della società che per prima e con più successo l’ha implementata) è infatti un sistema di produzione guidato dalla domanda che si pone in antitesi alla produzione di massa ed al fordismo, basato sulla standardizzazione dei prodotti e il dominio dell’offerta. Tale sistema è andato diffondendosi a partire dall’inizio degli anni settanta del secolo scorso, al fine di rispondere alle tendenze dei nuovi consumatori, sempre più esigenti in quanto a personalizzazione del prodotto e con desideri sempre più effimeri e in continuo mutamento.

Questi due dei suoi principali capisaldi:

– Riduzione degli sprechi, fra i quali sono annoverati: sprechi legati al trasporto delle merci, sprechi di materie prime, sovrapproduzione, giacenze inutilizzate in magazzino, prodotti difettosi.

– Produzione della sola quantità necessaria al soddisfacimento della domanda contingente.

Proviamo ad applicare questi due concetti al DD, partendo dalla questione sprechi. Come detto in precedenza, gli sprechi di trasporto vengono di fatto annnullati, così come quelli relativi alle materie prime. Per essere più precisi, i costi di “trasporto” si riducono ai costi indiretti relativi all’energia necessaria al mantenimento delle reti di comunicazione informatica ed all’alimentazione dei supporti fisici atti alla fruizione dei prodotti e servizi digitali, mentre le materie prime sono utilizzate unicamente per la realizzazione del “prototipo”, essendo le riproduzioni in formato digitale a costo zero. Anche gli sprechi legati alla sovrapproduzione sono nulli, in quanto una sovrapproduzione non è in primo luogo possibile, poiché il prodotto è disponibile in quantità virtualmente infinite. Per la stessa ragione le giacenze inutilizzate in magazzino non possono esistere e, in effetti, esclusa una stanza per i server, non è necessario alcun magazzino.

Lo spreco legato a prodotti difettosi sopravvive, configurandosi tuttavia come prettamente economico, privato cioè di qualsivoglia impatto ecologico: infatti non è necessario per tali prodotti alcun servizio di riparazione o sostituzione, giacché il problema può essere risolto alla radice e “una volta per tutti” con un semplice aggiornamento del software. La realizzazione del punto legato al soddisfacimento della sola domanda contingente (principio del Just in Time) avviene in automatico grazie della non fisicità del prodotto e alla possibilità per il cliente finale di procedere all’acquisto (e in molti casi alla fruizione) nel momento a lui più congeniale. Ovviamente il risparmio totale è maggiore per i prodotti che per i servizi, e per i servizi automatizzati piuttosto che per quelli che richiedono un contatto diretto tra cliente e “produttore” (si pensi ad esempio ad una consulenza legale online). In tutti i casi, comunque, il risparmio è maggiore sia in termini economici che in termini ecologici rispetto alla fruizione non digitale del medesimo prodotto o servizio.

Gli effetti del DD sugli stili di vita potranno forse essere giudicati, dal punto di vista della decrescita, più negativi che positivi. Esso priva i consumatori della necessità di uscire dalle proprie abitazioni per acquistare il prodotto desiderato, nonché delle interazioni sociali che l’atto di acquisto nel negozio comporta. Tuttavia ritengo che il problema non risieda tanto nella bontà della tecnologia del DD, quanto nel suo possibile utilizzo eccessivo o sconsiderato. Aggiungendo a ciò le considerevoli esternalità positive sull’ambiente e sugli stock di risorse che l’utilizzo di tale tecnologia produce, mi pare che i punti positivi superino di gran lunga quelli negativi rendendo il DD un’ulteriore conferma del fatto che il progresso tecnologico, qualora avvenga nella giusta direzione, possa essere perfettamente compatibile con una prospettiva di decrescita.

In ogni caso, volenti o nolenti, nei prossimi anni assisteremo a una sempre maggiore diffusione del DD. Secondo un sondaggio di NDP riportato dal sito IGN – vero e proprio opinion leader nel mondo dell’intrattenimento cinematografico e videoludico – già oggi circa il 35% dei videogiocatori prediligono l’acquisto dei propri giochi in formato digitale, con un incremento del 10% rispetto al 2011 [1]. Considerando che le percentuali per il mercato discografico e cinematografico sono sensibilmente maggiori (anche per via dei download illegali e del peer-to-peer), si può affermare con relativa sicurezza che nel prossimo futuro il DD diverrà uno standard di riferimento per il mercato dell’audio-video, con buona pace di chi, all’interno del movimento decrescentista, ancora resta aggrappato a polemiche neoluddiste aprioristiche e poco riflettute.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Note:

1. http://uk.ign.com/articles/2012/06/29/one-third-of-gamers-would-rather-buy-their-games-online

CONDIVIDI
Articolo precedenteIl paradosso dell’eccesso
Articolo successivoNon é facile parlare di decrescita quando…
Autore de 'Il Secolo Decisivo: storia futura di un'utopia possibile'. Da anni si interessa di tematiche ambientali, economiche e sociali. In passato ha pubblicato tre paper su temi inerenti alla decrescita: "Degrowth and Sustainable Human Development: in search of a path toward integration" (Paper presentato alla Conferenza Internazionale sulla Decrescita, Venezia 2012), "Sviluppo umano e sostenibilità ambientale: in cerca di una strada verso l’integrazione" (Vincitore della prima edizione del "Giorgio Rota Best Paper Award", Centro di Ricerca e Documentazione “Luigi Einaudi”, 2013) e "From growth to degrowth to a steady-state economy: a (more) liberal path is possible" (disponibile su ASR e online, 2019). È laureato in Scienze Politiche, in Sociologia e in Linguistica Applicata. Attualmente vive a Barcellona.

2 Commenti

  1. Sono tutt’ora in corso dibattiti sul reale impatto ecologico e geopolitico (dove si trova la gran parte delle materie prime utilizzate per realizzare i sempre più numerosi device elettronici?) delle nuove forme di consumo. A parte la quantificazione, non semplice, del consumo energetico delle “server farm”, rimangono interrogativi sulla produzione degli strumenti sia lato server che lato client… dopo l’alluvione in Thailandia abbiamo scoperto che lì si produce una buona parte degli HD in cui archiviamo il nostro materiale digitale. In quali condizioni? Inoltre ci sono problematiche relative allo smaltimento dei rifiuti elettronici. Il servizio fotografico che mostra i bambini ghanesi rovistare in un’immensa discarica di “high tech” è da vedere. I prodotti elettronici hanno componenti tossiche, come le hanno le lampadine “a risparmio energetico”. Insomma l’argomento merita approfondimenti.

  2. Con il mio breve articolo non volevo assolutamente negare i problemi che lei ha elencato – tutt’altro che trascurabili – bensì comparare i consumi e gli sprechi generati dal sistema del DD con gli sprechi e i consumi (a mio avviso superiori) generati dal consumo di prodotti e servizi su supporti fisici. Il punto di domanda nel titolo dell’articolo doveva servire anche a stemperarne il tono. Purtroppo, e per ragioni a me ignote, non appare qui ma solo nell’home page…

Comments are closed.