In risposta ad Alberto Bagnai / 2

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earthCi risiamo, l’economista Alberto Bagnai – ormai diventato una celebrità fra tutti i sostenitori dell’uscita dell’Italia dall’euro, peraltro posizione che personalmente condivido (vedi “Ecco perché all’Italia conviene uscire dall’euro”) – è tornato ad attaccare la decrescita in uno dei suoi ultimi articoli (vedi http://goofynomics.blogspot.co.uk/2014/10/labbondanza-frugare.html#comment-form), dopo un articolo di qualche anno fa, cui seguì una replica, ovviamente ignorata, sempre su questo sito (vedi http://www.decrescita.com/news/in-risposta-ad-alberto-bagnai/).

Nel più recente articolo, il professore della Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara se la prende con la presunta ignoranza dei sostenitori della decrescita, rei in questo caso di appoggiare un’ideologia di pieno supporto alle élite finanziarie (“quello della decrescita è un frame scientificamente costruito dalle élite ordoliberiste del Nord”), che avrebbe quindi come fine ultimo il peggioramento delle condizioni dei lavoratori (ma secondo Bagnai e non si capisce bene sulla base di cosa, non delle élite o dei banchieri che bramano nell’oscurità) in nome dell’eticità dei consumi (“indurre i loro subalterni ad accettare con animo lieto mezzo secolo di repressione dei salari, che è cosa buona e giusta, come avrete capito, visto che è anche repressione dei consumi immorali e inquinanti”). Bagnai si scaglia contro la presunta mancanza di logica dei sostenitori della decrescita che hanno osato mettere in discussione il sacro dogma delle “leggi dell’economia” (“le élite hanno dichiarato guerra alle leggi dell’economia, e come più volte abbiamo qui documentato, alla stessa logica”), peccando quindi del più mortale di tutti i peccati che si potevano commettere di fronte a un economista, ovvero la blasfema rinnegazione del “Santo Graal” dei nostri tempi, ovvero la crescita economica.

C’è un qualcosa di profondamente totalitario, intransigente e a tratti assolutistico nel pensiero di questi economisti che, fedeli alla propria ortodossia e ai propri costrutti ideologici (che mantengono l’ormai desueta impostazione della fisica meccanicistica dell’Ottocento), sembrano aver completamente smarrito il buon senso e la ragione (e lo si vede proprio dai continui insulti a chi non la pensa come i vari Bagnai di turno vorrebbero), che è bene ricordare stanno nel dubbio e nella capacità di mettere sempre in discussione la propria ristretta visione. Sarebbe utile ricordare al lettore che l’economia è tutt’altro che una scienza esatta (lo sono la fisica, la chimica o la biologia) e che quando si ha che fare con la variabile uomo, per non parlare della complessità del funzionamento del pianeta da cui traiamo le risorse per vivere e per, con buona pace di Bagnai, far crescere il PIL, è molto difficile fare previsioni o dispensare consigli sulla base di modelli matematici che sono limitati dall’assoluta insensatezza delle loro ipotesi.

L’errore di fondo degli economisti (o meglio della maggior parte di essi) è che si basano su ipotesi irreali, fasulle, artificiali, insomma ben lontane da come funzionano veramente le cose sul nostro pianeta. Che gli piaccia o meno, i vari Bagnai vivono in un mondo in cui non puoi evitare di fare i conti con le leggi della natura e i limiti cui dobbiamo sottostare. Limiti che la fisica della termodinamica è sempre pronta a ricordarci, dato che non è possibile creare energia dal nulla.

L’unica fonte di energia che abbiamo è il sole, ma attenzione, ogni trasformazione rende l’energia meno capace di compiere lavoro (nel senso fisico del termine), aumentando quindi l’entropia generale dato che non sarà più possibile riutilizzare l’enorme quantità di energia accantonata nel sottosuolo in milioni di anni e che noi abbiamo sperperato in poco più di un secolo di delirio di onnipotenza. E questo è il primo grande limite a tutte le teorie che vorrebbero una crescita perpetua dell’economica – che in ultima analisi è consumo di energia –, ovvero il fatto che l’energia disponibile sul pianeta è limitata alla quotidiana attività del sole, mentre il nostro consumo è andato ben oltre la quantità di energia rinnovabile effettivamente utilizzabile.  Il secondo limite riguarda invece il corretto funzionamento della natura, ovvero il complesso ma fragile incastro dei vari cicli (da quello del carbonio a quello dell’ossigeno o dell’azoto) che hanno finora permesso lo sviluppo di quel meraviglioso mistero che è la vita. L’attività dell’uomo (ovvero quella crescita economica che tutti dobbiamo perseguire, pena la scomunica degli economisti) è però diventata, a causa dell’utilizzo delle enormi quantità di energia fossile accumulata nel corso di milioni di anni, in grado di compromettere irrimediabilmente il buon funzionamento degli ecosistemi naturali a causa della rottura di questi cicli (come quello del carbonio, causa degli epocali cambiamenti climatici cui stiamo andando incontro). Questo significa che è in gioco non solo il nostro benessere nell’immediato futuro (per non parlare delle future generazioni completamente derubate dall’ideologia del “nel lungo termine siamo tutti morti”), ma la stessa continuazione della vita complessa sul pianeta (basti pensare alle conseguenze perlopiù imprevedibili causate dallo scioglimento dell’Artico, l’acidificazione dei mari e la morte delle barriere coralline, per non parlare dell’inaridimento delle foreste tropicali o la sempre maggiore presenza di pesticidi o perturbatori endocrini nella catena alimentare).

Questi economisti hanno creato una disciplina deduttiva, basata su ipotesi arbitrarie che niente hanno a che fare con la psicologia umana (se davvero si occupassero di bisogni umani sarebbero per lo meno in grado di distinguere i bisogni fisiologici da quelli ostentatori) e ancora meno con le leggi fisiche (considerano le risorse naturali come date, infinite e non si preoccupano minimamente di inserirle nella loro contabilità), si limitano ad accettare le preferenze umane nel momento in cui si rivelano in un mercato. Ma così facendo non fanno altro che avallare la propaganda e gli interessi delle multinazionali (un tempo si diceva dei capitalisti), che per continuare a far crescere i loro profitti (e quindi la ricchezza di quelle élite che inspiegabilmente Bagnai considera schierate dalla parte della decrescita) non esitano a farci ingurgitare (spacciandocela tramite la propaganda pubblicitaria come assolutamente indispensabile e invogliandoci con l’acquisto a rate) anche la più inutile (e dannosa per la vita sul pianeta) delle ultimissime trovate del “guru” aziendale di turno.

Non posso che trovarmi d’accordo con la critica che lo scienziato del secolo passato Lancelot Hogben ha espresso nei confronti del capitalismo, che non solo conduceva a un’ingiusta distribuzione della produzione e a crisi periodiche, ma produceva anche dei beni che gli individui avrebbero fatto meglio a non desiderare.

6 Commenti

  1. Sin da quando ero un giovane no global, ho odiato con tutte le mie forze Larry Summers, ministro del Tesoro di Clinton, chief economist della Banca Mondiale e guru della globalizzazione noto per le sue sparate arroganti contro chiunque osasse mettere in discussione i dogmi neoliberisti. Beh, devo dire che devo ricredermi sul buon vecchio Larry, che non senza groppi in gola ha parlato di ‘stagnazione secolare’ in arrivo (https://www.facebook.com/notes/randy-fellmy/transcript-of-larry-summers-speech-at-the-imf-economic-forum-nov-8-2013/585630634864563). Alla fine gli economisti neoliberali come lui sono più onesti di Bagnai e questa pletora neokeynesiana: ammettono che la torta è finita, e siccome non vogliono mettere in discussione il capitalismo in quanto tale, coerentemente chiedono ai pesci piccoli (e sempre di più ai medi) di farsi da parte per lasciare che i pesci grossi possano continuare a ingozzarsi come prima. Intendiamoci: sono dei criminali, ma sono onesti, e a loro modo intelligenti. Bagnai fa la figura di un bambino di sei anni che irride un adulto accusandolo di irrealismo perché non crede a Babbo Natale o al topolino dei denti. Per cui, decrescita a parte, non mi stupisco che la grande massa possa preferire il criminale realista al raccontatore di favole.

  2. Bagnai, chi era costui ?
    Ho letto in 30 secondi il suo blog farneticante che ci ricorda l’inno della rapina a tutta pagina “il venditore vuole rubare di piu`, il compratore vuole farsi derubare di meno”. Il personaggio non vale piu` dei 30 secondi spesi per leggerlo e dei successivi 5 secondi necessari per dimenticarlo.

    Invece fa piacere che sul sito Decrescita si cominci a parlare di Termodinamica, vediamo se riusciamo a fare massa critica e scatenare la reazione a catena che ci serve…

  3. Se volessimo definire, in estrema sintesi, l’economia di mercato la potremmo chiamare “l’economia del conflitto”, dove convivono due interessi contrapposti: quello di chi vende e quello di chi compra.
    In questo senso ha sicuramente ragione Bagnai quando afferma: “il venditore vuole rubare di piu`, il compratore vuole farsi derubare di meno”.
    In effetti, fatta propria questa logica e resa comprensibile con un grafico su assi cartesiani, si potrebbe vedere come il venditore vuole avere il massimo offrendo il minimo e il compratore avere il massimo pagando il minimo: dunque due funzioni inverse a “x”, in cui, al crescere dell’una decresce l’altra e viceversa.
    La proiezione del punto di incrocio sulle ascisse da la misura dell’incontro tra domanda e offerta.
    Manuel, che è un economista lo sa bene.

    Poi c’è un’altra economia che, piano piano, si sta affermando ed è quella non basata sul conflitto ma sulla collaborazione sul “fare insieme”.
    Ecco che, allora, come ha scritto qualcuno, il consumatore diventa “consumattore”, ovvero non piu’ schiavo dei consumi ma protagonista di scelte consapevoli, la cui dimensione va ben oltre il semplice consumo di beni e servizi.
    L’idea della “filiera corta” rompe uno schema classico dell’economia di mercato; sostanzialmente strutturata su tre livelli:
    – la produzione
    – la commercializzazione
    – il consumo.
    La fase intermedia, quella della commercializzazione, in quest’ottica, salta.
    La novità non sta nella semplice riduzione di un “passaggio” logico-funzionale; bensì nello spezzare, letteralmente, una catena la cui logica è punitiva sia per il produttore che per il consumatore.

    Il consumo “altro” non è ancora decrescita ma è un buon passo in questa direzione.
    Passare dal consumo compulsivo al consumo critico costituisce un balzo avanti enorme: scelgo cosa voglio, quando voglio. Non accetto tutto quello che mi viene propinato ma sono attento al modo col quale si produce, dove si produce, con quali impieghi di energia e materie prime, con quali trattamenti per i lavoratori, con quale grado di rispetto per il suolo, per gli animali e via dicendo.

    Un sistema siffatto è ampiamente resiliente, perchè in grado di assorbire quella che, nel sistema capitalistico, è la massa d’urto della produzione pervasiva, pensata non già per soddisfare bisogni umani ma per conseguire il profitto.
    Il paradigma: “sono quello che mangio”, per quanto limitato, ha in sè una grande forza rivoluzionaria.
    Il cibo non diventa piu’ consumo ma approccio consapevole all’armonia dell’esistenza, alla condivisione di processi a piu’ mani non in competizione ma in sinergia tra loro.
    Ecco dunque come i ragionamenti sulla termodinamica trovino piena accoglienza in questa accezione al problema della produzione-consumo: uno scambio di energia volto a costruire una condizione di equilibrio tra chi da e chi riceve e non massa critica che genera disuguaglianza, conflitto, crisi mondiali e, contemporaneamente, concentrazione di grandi ricchezze e sacche enormi di povertà.
    Se esiste la termodinamica del non-equilibrio, il consumo critico e solidale punta alla termodinamica dell’equilibrio stabile.
    Poi, parafrasando Carnot, possiamo dire che questa modo di rivalutare il lavoro, consente di scambiare calore( in tutti i sensi), tendenzialmente a pari impiego di energia, con mutua soddisfazione.

  4. Caro Daniele,
    In realta` le parole di Bagnai (ma chi era costui ?) le avevo parafrasate io per rendere meglio l’idea… comunque scommetto che il suo pensiero profondo era proprio quello.
    Ma soprattutto mi fa piacere vedere che da quando ho scritto la nota su Georgescu-Roegen abbiamo fatto passi da gigante, la Termodinamica e` finalmente citata a proposito in ogni intervento sulla Decrescita !
    Magna cum gaudio dunque.
    Evviva la Termodinamica che finalmente dara` la strada all’ Economia poveretta ed ignorante, ma soprattutto colpevole di non aver studiato le leggi della Natura prima di essersi messa ad enunciare le sue.
    E allora il nuovo Teorema e` proprio questo, mutuato dal latinorum di cui sopra:
    Mangiamo con piacere, tutti assieme e, non come sucedeva nella vecchia Economia che ci diceva: “andate e mangiatevi tutti l’un l’altro piu` che potete”… ma che piacere e` ?
    E hai ragione: “si e` cio` che si mangia”, “man ist was mann isst”… se mangio il mio simile sono un uomo-cannibale. Me se non mangio i miei simili, se non mi divoro il mondo, allora ci posso convivere… con piacere di tutti.
    Ed affinche si possa tutti mangiare con piacere e` necessario che nessuno venga mangiato, e quindi, si riscopre nuovamente cio` che diceva Carnot. Le trasformazioni perfettamente reversibili sono quelle della massima efficienza.
    Ma per essere reversibili… devono poter essere riportate indietro, cioe` devono essere degli scambi perfettamente equi, altrimenti “chi ha dato ha dato, chi avuto ha avuto e scurdiammuce o’ passato”, cioe` lasciamo pure crescere l’Entropia come faceva la vecchia Economia.
    E quindi, se si devono poter riportare indietro… a meno di non rigurgitare il cadavere del mio vicino appena mangiato (che pero` non si sentira` certo bene) l’unica soluzione e` di non mangiare nulla. Ovviamente mi dite che non si puo`, qualcosa bisogna pur mangiare, e quindi tale qualcosa deve essere il minimo possible: ergo la Decrescita.
    Come Volevasi Dimostrare.

    Come corollario un solo piacere vi chiederei ancora: troviamo dei nomi nuovi.
    Perche` se non ci si mangia l’un l’altro sprecando Entropia a fiumi, non siamo consumatori. Non stiamo facendo un “consumo altro”, stiamo facendo una cosa totalmente diversa, come la chiamiamo ?
    Personalmente, tornando alle mie origini ed alle discussioni iniziali con Igor, io non mi considero affatto un consumatore, ma piuttosto un “fattore trasformatore” nei singoli significati delle duel parole e nel significato composto.
    E quindi, da trasformatore, posso ambire a fare con efficienza massima ed al minimo consumo anche quando faccio il mio lavoro, se lo faccio con piacere.

    E concludo con un evviva Carnot, Clausius e Clapeyron…

  5. Buongiorno Dott. Castelletti,

    non se la prenda, diciamo che Bagnai seppure tecnicamente preparato sulle ragioni per l’uscita dell’euro, è umanamente un personaggio contraddittorio e arrogantello!!

    Un esempio su tutti:

    si definisce di sinistra ma non vuole che la gente possa esprimere il suo voto su “Euro Si – Euro No” e quindi è totalmente contrario a un referendum sull’uscita dell’euro!! Secondo lui, un’uscita dell’Italia dall’euro deve essere calata solo dall’alto!! Insomma un accusatore delle elite europee che poi è il primo a comportarsi da elitista!!

    Cordiali saluti.

    Fabrice

    PS ” La saggezza nella vita consiste nell’eliminare ciò che non è essenziale ” by Lin Yu Tang

    Ovviamente, in un’economia saggia focalizzata sull’essenziale la stragrande maggioranza degli economisti ( compreso Bagnai ) dovrebbero cambiare mestiere perchè sparirebbero molti conflitti economici e quindi la sua contrarietà ( condita da arroganza tipicamente bagnaesca!! ) è più che ovvia perchè come si suol dire:

    “Turkeys don’t vote for Christmas”!!!!

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