Intervista di Francesca Togni a Sara Gracci

5
2521

Francesca Togni, studentessa Erasmus all’Università Paris Dauphine di Parigi, sta lavorando a un progetto di confronto sulla decrescita in Italia e in Francia.

Ha intervistato tre dei nostri autori Sara Gracci, Luca Madiai e Simone Zuin.

Riproponiamo le tre interviste.

 

 

Cosa faceva prima di interessarsi alla questione della Decrescita e come è nato il suo interesse per questo argomento?
Sono nata e cresciuta in campagna. I miei genitori erano entrambi figli di contadini, cresciuti nel periodo in cui si doveva per necessità di sopravvivenza “risparmiare” su tutte le risorse che entravano in casa. Pur avendo respirato però quest’aria è stato inevitabile per me entrare nel boom della crescita e farmi investire dal modus pensandi dilagante che puntava all’usa e getta senza valutazione di alcun genere. Sono stata una consumista, nell’approccio al cibo, ai vestiti ed a qualunque gingillo che la tecnologia sfornava di nuovo. Pur avendo intrapreso un percorso di evoluzione personale e interessandomi di discipline orientali, rimaneva in me l’occidentale visione del mondo a uso e consumo. La situazione economica mutata mi ha regalato poi una lentezza e tempo per l’analisi dei miei comportamenti quotidiani così da guardare con occhi nuovi me in relazione ad un contesto più ampio.

Me in relazione al Pianeta e agli altri abitanti.

Mi sono via via sentita più collegata e quindi responsabile di certi eventi.

Questa responsabilità ho iniziato ad attuarla nelle azioni quotidiane, raccontando le mie scoperte a chi incontravo.

Si riconosce pienamente nella “causa dei decrescentisti”?

Sono arrivata “per caso” a conoscere questo movimento culturale. Non sono una lettrice dell’argomento e degli autori che la promuovono. Potremmo dire che il mio percorso di vita mi ha portato in modo naturale ad essere compartecipe di questo approccio alla esistenza. Per cui condivido in modo pratico e concreto quella che è la strada proposta da coloro che hanno  coniato il termine “Decrescita”. Ritengo che si potrebbe chiamare “Buon Senso”, ovvero il senso scevro da falsi bisogni indotti da una società che (per auto sussistere) ci induce a vivere da burattini.

Come si impegna concretamente a portare avanti questa causa?

Non credo che esista un prontuario uniformabile del decrescentista. Dipende dal luogo dove si abita e dagli innumerevoli fattori che per il singolo significano qualità della vita.

La civiltà occidentale, questo grande dinosauro che continua a nutrirsi dei nostri bisogni, sta per crollare. Chi è rimasto con un po’ di sensibilità ancora non annebbiata dai fumi degli schermi televisivi, se ne sta accorgendo ed, a poco a poco, si sta allontanando dalla zona in cui cadrà l’enorme Bestia. Questa zona non è un’area geografica, ma una condizione mentale, molto più complessa da mutare rispetto ad un semplice spostamento di luogo.

Muoversi con il punto interrogativo in testa, con questo gancio che carpisce la realtà è la risposta. Ed allora si può pensare:  come mai questo? Come potrei farmi quest’altro? Tutto il creato diventa il tuo “supermercato”, non relegato sapientemente in quattro mura. Una passeggiata nel bosco non sarà solo per fare movimento, ma potrai trovare alimenti o rimedi fitoterapici. I prodotti che compri saranno valutati in base a provenienza, imballaggio, ingredienti. Ti chiederai anche se e quanto potresti farti da solo quello che qualcun altro avrebbe fatto per te, privandoti di potere personale e creatività in regalo di tanto tempo da poter passare davanti a qualche schermo, a rilassarti.
Incontra delle opposizioni, delle resistenze da parte delle persone con cui si relaziona?

Molte persone sono inerpicate in un quotidiano scandito dal lavoro e dal fare in genere. Spesso non trovano e non vogliono trovare il tempo per fermarsi e riflettere su come hanno impostato la vita perché hanno paura che questo gli comporti la pericolosa risposta “Ho sbagliato tutto”. I più temono questa imbarazzante conclusione che metterebbe in discussione in pratica tutta la loro esistenza. Un risultato del genere per molti sarebbe la depressione,  poiché ci valutiamo in base a criteri del tipo: ”cosa hai fatto” e non “cosa hai compreso facendo”. Molti temono i cambiamenti, interpretano il passare del tempo in modo lineare, non sono previsti cambi di direzione.

Rimanere attaccati tipo pianta infestante ad una idea di sé e di quello che è il benessere, risulta spesso un fattore comune in chi soprattutto si trova nella condizione di avere uno stipendio fisso e una situazione familiare “standard”. Ma la Natura ragiona diversamente dalle semplificazioni umane. Eraclito già diceva “Panta Rei”, tutto scorre, non possiamo fare due volte il bagno nello stesso fiume.  Il caos che la crisi sta portando a questo cosmos così ordinato produce spesso uno stato di sbandamento ed è visibile che alcuni non riescono a trovare nuove strade, vorrebbero che tornasse la realtà precedente. Altri  guardano gli eventi come una benedizione, si rimboccano le maniche e con il sorriso martellano i bulloni degli assi per costruirsi l’Arca.
Quando si ritrova a parlare o a discutere della Decrescita, quali sono gli argomenti che sostiene per convincere che il suo impegno è fondato e per coinvolgere nuove persone a portare avanti questa importante causa?

Sinceramente non credo che si possa convincere qualcuno di qualcosa. Credo che si possa essere un esempio, un modello di benessere. Non è con le parole o con le idee che passano attraverso la mente che indichiamo la strada. Bisogna mettersi lì a camminare e con la falce togliere i rovi che infestano il sottobosco. Mentre faccio questo vedo che qualcuno intorno a me si mette a fare un pezzetto di strada incuriosito da questo nuovo sentiero che si sta aprendo. Gandhi disse “Siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo”.
Come risponde a coloro che sostengono che lei è un sognatore e che vive in un mondo che non è reale?

Mi sento dire questo da sempre, prima ancora di avvicinarmi a questo movimento culturale. Non si risponde anche qui con le “parole”, ma con la “prole”, ovvero con ciò che viene dopo.  E qui ci vuole Einstein: “Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero.”
Come pensa che possa evolvere il movimento decrescentista in Italia?

Credo che si creeranno piccole realtà locali che svilupperanno a poco a poco contesti quasi del tutto staccati dal bisogno di importazione. In fin dei conti il concetto chiave è vivere con le risorse che il territorio ti offre. Questo è l’unico modo sostenibile che possiamo concepire.
Quali sono i nostri punti di forza rispetto agli altri paesi europei? E quali i punti deboli?

Siamo il Bel Paese, inutile nasconderci dal fatto che il nostro clima così mite ci evita di rinchiuderci in casa. Siamo geograficamente predisposti ad una vita all’aperto. Siamo in tal senso favoriti anche per l’ampia varietà di raccolto che Madre Terra ci dona ed in fin dei conti abbiamo ancora dei nonni che ci raccontano “come era prima”. Adesso certe scelte possono essere fatte in modo senziente, dopo essere passati da quelli che prima si vedevano obiettivi auspicabili, e con in mano dei begli strumenti tecnologici e di comunicazione che ci permettono una vita più distesa.

Per i contro, direi che quello che ci frega  è il nostro clima. Ancora una volta? Ogni moneta ha due facce. Se da un lato siamo favoriti dall’altro questa non ostilità della natura (eccetto qualche terremoto), ci fa dimenticare quanto questa è potente e che noi siamo degli ospiti temporanei che prima di uscire dovrebbero dare un’occhiatina indietro e guardare se hanno lasciato tutto come gli era stato consegnato.

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.