La ghiacciaia dell’ospedale S. Orsola a Bologna

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Foto 1  La ghiacciaia dell'ospedale S. Orsola a Bologna
Foto 1 La ghiacciaia dell’ospedale S. Orsola a Bologna

Ricordo che quando ero bambino sentivo dire dai vecchi del mio paese che una volta non c’erano i gelati (che avrebbero richiesto l’uso del frigorifero) e che d’estate si gustavano i sorbetti, fatti utilizzando la neve conservata dall’inverno passato e a cui probabilmente si aggiungeva uno sciroppo di frutta.
Pensavo che queste notizie non fossero vere perché non riuscivo a capire come si potesse conservare la neve per alcuni mesi visto che dopo, con la primavera e soprattutto con l’estate, si sarebbero raggiunte delle temperature notevolmente superiori a zero gradi, e che quindi la neve o il ghiaccio si sarebbero sciolti anche se fossero stati conservati in grotte fresche.
Molti anni dopo sono arrivato a Bologna e anche qui ho sentito la stessa storia: d’estate si faceva uso di sorbetti utilizzando la neve conservata dall’inverno precedente.
In seguito facendo delle escursioni sull’appennino fra Bologna e Pistoia ho visto le ghiacciaie, cioè delle trincee dove di inverno si compattava la neve per conservarla per l’estate successiva.

In seguito ho scoperto delle ghiacciaie anche all’interno della citta di Bologna. Ne ho scoperto una in via Indipendenza al n. 69. Si accede attraverso un albergo che sta appunto al n° 69 di via Indipendenza.
Una volta sono andata a visitarla: è grandissima! Ho fatto anche delle foto ma, probabilmente per la scarsità di luce, non sono venute bene. Il portiere dell’albergo, che gentilmente mi ha condotto all’interno, mi dà alcune informazioni della ghiacciaia. Mi dice che è stata costruita nel XIV secolo e che durante la seconda guerra mondiale è stata utilizzata come rifugio antiaereo.

Foto 2  L'ingresso da cui si accede a una grande ghiacciaia costruita alcuni secoli fa a Bologna
Foto 2 L’ingresso da cui si accede a una grande ghiacciaia costruita alcuni secoli fa a Bologna

L’estate dell’anno scorso, nel periodo in cui ho trascorso una ventina di giorni di vacanze al mio paese di nascita in Lucania, ho cercato di individuare l’esistenza di ghiacciaie nel mio stesso paese. Nel chiedere informazioni a persone di mia conoscenza interviene un vecchio professore in pensione: dice che è impossibile che si potesse conservare la neve fino all’estate perché la neve non si conserva a temperature superiori a zero gradi centigradi. Non so quale materia avesse insegnato quel professore ma ha dimostrato di non conoscere né la storia del paese né di avere le più elementari cognizioni scientifiche (non è servito che gli dicessi che alcuni anni prima, quando fece moltissima neve, questa persistette sui campi per circa due mesi prima che si sciogliesse del tutto, nonostante che di giorno la temperatura arrivasse a 8-10 gradi centigradi sopra lo zero!).
Nel continuare la ricerca sono venuto a conoscenza da un vecchio amico che nella parte vecchia del mio paese, nella parte disposta a tramontana (da intendersi come nord) c’era una nevera (ghiacciaia). Come si vede c’era anche il termine appropriato per indicare la ghiacciaia (forse più appropriato che “ghiacciaia”!!).
Le vacanze però sono finite e sono dovuto tornare a Bologna. Penso di fare la ricerca il prossimo anno!
E’ bene adesso tornare alla ghiacciaia che si trova presso l’ospedale S. Orsola. Il primo nucleo di questo ospedale risale al 1592 e il complesso ospedaliero è formato da edifici che risalgono a diverse epoche storiche. La ghiacciaia probabilmente è stata una delle prime costruzioni. E’ fatta a cupola e con mattoni a vista, come si vede dalla foto. Ha due aperture. Da una feritoia ho guardato all’interno: sembra profonda 6-7 metri, sul fondo ci sono detriti e altro ed è possibile che ci siano ulteriori vani sottostanti; ho cercato di fotografare all’interno dalla feritoia ma il buio all’interno non ha consentito di ottenere foto accettabili.
Quali funzioni svolgeva questa ghiacciaia?
Devo prima di tutto dire che le prime volte che ho visto questa struttura ho pensato che fosse un forno per bruciare materiali utilizzati per la medicazioni (come bende, garze, ecc.). Questa spiegazione però non mi convinceva perché mancava il camino da cui sarebbe dovuto uscire il fumo. Qualche mese fa ho chiesto a un conoscente che lavora in ospedale della funzione di questa struttura. Questo conoscente ha chiesto a una impiegata del S. Orsola: gli ha risposto che era una ghiacciaia!
Per avere informazioni ho telefonato all’URP del complesso ospedaliero S. Orsola-Malpighi. Dato che le prime volte ho trovato occupato ho inviato una mail a cui ho allegato una foto della ghiacciaia. In seguito ho telefonato di nuovo. La signora che mi ha risposto ha detto che non conosceva l’esistenza di questa ghiacciaia e mi ha chiesto il motivo di questo mio interessamento. Le ho detto che mi interessava la funzione che aveva svolto in passato questa ghiacciaia, che in passato ho fatto altri studi sulla città di Bologna (come sulla rete di canali che la attraversa, sulle centrali idroelettriche che sfruttavano l’energia idraulica di questi canali, ecc.). Le ho detto che poteva vedere la ghiacciaia aprendo la foto che avevo allegato alla mail. La signora mi risponde dicendo che avrebbe inoltrato la mail all’Ufficio tecnico del complesso ospedaliero.
In seguito comunque non ho ricevuto nessuna informazione!
Ma, riprendendo il discorso precedente, quale funzione svolgeva questa ghiacciaia? Serviva per preparare sorbetti per il personale medico dell’ospedale oppure serviva per altro?
Ho pensato che potesse svolgere una funzione medica, nel senso che la neve, messa in apposite borse di tela impermeabile, potesse essere utilizzata per calmare gli stati febbrili, per evitare il sorgere di ematomi in seguito a traumi fisici per cadute, oppure che potesse servire per conservare i vaccini e altri medicinali, ecc.
Ho chiesto anche a una collega di lavoro degli usi del ghiaccio in campo medico. La signora, che ha due figlie e che ha frequentato alcuni anni di Università alla facoltà di Medicina, accenna agli usi della borsa del ghiaccio per calmare gli stati febbrili dei bambini, per evitare la formazione di ematomi in seguito a traumi, ecc. Siamo rimasti che ne avrebbe parlato al marito (che è medico), che a sua volta avrebbe chiesto a un suo amico che insegna “Storia della medicina” all’Università di Bologna.
La prima risposta che in seguito mi ha dato la collega è che il marito non sapeva niente né dell’esistenza della ghiacciaia né dell’uso che si faceva della neve che veniva conservata.
In seguito non ho ricevuto ulteriori informazioni.
Ghiacciaie e decrescita
Questo lavoro sulle ghiacciaie può darsi che a qualcuno possa sembrare interessante, ma c’entra qualcosa con la decrescita?
C’entra!! …e anche molto!!
Ricordo quanto disse Alì Samsam Bakhtiari(1) al convegno dell’associazione Aspoitalia a Firenze il 10 marzo 2007 (a cui partecipai). Questo studioso esordì citando Dante Alighieri e disse che l’umanità in questo periodo si trova in una “selva oscura” e che ha smarrito la “diritta via”. Continuò dicendo che questo secolo: ” Sarà il secolo delle radici. Del ritorno alle radici, per l’esattezza. Della riscoperta delle conoscenze umane che ci hanno guidato nei secoli precedenti l’era petrolifera. Ma dobbiamo cominciare a cambiare, a cambiare il nostro atteggiamento e i nostri consumi su base individuale, a partire da oggi, da subito. L’acqua sarà una risorsa critica, che farà sentire il suo peso nel già difficile momento di transizione che ci attende”
L’abbondante e a buon mercato approvvigionamento di petrolio e di altri combustibili fossili ha reso possibile un modo di vita (di produzione e di consumi) che non sarà più possibile quando il petrolio e gli altri combustibili fossili non saranno né abbondanti né a buon mercato. Lo studioso disse inoltre che questo è un periodo di grande difficoltà per la civiltà umana che si trova per la prima volta davanti al declino globale di una risorsa fondamentale come il petrolio, che abbiamo la scelta fra una via di guerre per accaparrarsi quello che rimane delle risorse e una via di pace per gestire quel che resta con il minimo di sofferenze per tutti. Bakhtiari disse inoltre che la via di pace consiste nel ritorno alle radici delle tradizioni culturali dei popoli e ha citato San Francesco di Assisi come esempio di come si possano gestire risorse limitate in pace e armonia.
Alì Samsam Bakhtiari vedeva l’Italia come uno di quei pochi Paesi in cui si conservano, meglio che in altri, le conoscenze tecnologiche del periodo precedente l’era del petrolio abbondante e a buon mercato. Non conosco bene la situazione di altri Paesi ma non penso che succeda quello che succede in Italia: basta andare per feste di paese per vedere come sia tenuta memoria delle vecchie tecniche di forgiatura del ferro, di tintura delle stoffe, di impagliare le sedie, di manifattura di ceste, di lavorazione della canapa, di lavorazione del cuoio, di produzione della carta, di caccia col falcone, di produzione in modo artigianale di salse, confetture, bevande, ecc. ecc. (2)
Ma riprendiamo l’argomento!
La catena del freddo rende possibile l’uso dei surgelati e facilita la conservazione (sebbene per periodi limitati) degli altri prodotti deperibili (che sono la stragrande maggioranza dei prodotti alimentari come il latte e i latticini, il pesce, la carne, la frutta e la verdura, ecc.). Ricordo (per averlo insegnato quando facevo l’insegnante) che ciò che ha reso possibile la diffusione della grande distribuzione (supermercati e ipermercati) sono stati essenzialmente due: la motorizzazione di massa e la diffusione dei frigoriferi. Senza di ciò infatti non sarebbe stato possibile fare la spesa una volta la settimana.
Ma la catena del freddo è resa possibile dall’elettricità che serve per fare funzionare i frigoriferi. Ma l’elettricità è prodotta soprattutto dalle centrali termoelettriche, che funzionano con olio combustibile (ottenuto dal petrolio), gas, oppure carbone. Solamente una piccola parte dell’elettricità è ottenuta dalle centrali idroelettriche. Questo però per quanto riguarda la conservazione degli alimenti deperibili. L’approvvigionamento da parte della grande distribuzione si basa invece interamente sul petrolio: avviene soprattutto con grossi autocarri, che funzionano a gasolio (ottenuto dal petrolio), con navi (che mi pare funzionino con prodotti più sporchi del gasolio ma che in ogni caso si ottengono dal petrolio) e anche con aerei, che funzionano a cherosene (ottenuto dal petrolio).
Come si vede l’attuale modo di vita è legato mani e piedi ai combustibili fossili (e non è stato nemmeno accennato, per mettere maggiormente in risalto il complesso, contradditorio ma tragico momento che stiamo attraversando, a quei gravissimi problemi collegati come l’inquinamento ambientale e i cambiamenti climatici, che rischiano di portarci alla catastrofe ecologica!!). Una diminuzione o una interruzione prolungata dell’ approvvigionamento dei combustibili fossili porterà a qualcosa che lontanamente possiamo immaginare.
Bisogna sicuramente, come diceva Ali Samsam Bakhtiari, ritornare alle radici, ricercare, riscoprire le conoscenze umane che ci hanno guidato nei secoli precedenti all’era petrolifera. Le ghiacciaie di una volta (ma tante altre tecnologie) non richiedevano il consumo di combustibili fossili. La conoscenza di come si conservava la neve (per fare sorbetti o per esigenze mediche ma forse anche per conservare alimenti deperibili), l’utilizzo dei mille rivoli di energia che veniva estratta dai canali che attraversano Bologna e che servivano, nei secoli passati, a fare funzionare i mulini che lavoravano la seta, oppure, fra la fine dell’800 e gli inizi del 900, ad alimentare le prime centrali idroelettriche (3), ecc., ecc. si inquadrano in questa esigenza-prospettiva espressa dallo studioso iraniano.
L’impressione comunque è che ciò non basterà e che in futuro vivremo tempi interessanti (“Ti auguro di vivere in tempi interessanti” dice una vecchia maledizione cinese).

(1) Ali Samsam Bakhtiari, studioso iraniano, deceduto alcuni mesi dopo il convegno di Aspoitalia a cui si è fatto riferimento, è stato uno dei primi esperti di petrolio a capire l’imminenza del raggiungimento del limite massimo di produzione di petrolio (secondo le sue considerazioni, anticipate nel 2001, sarebbe stato raggiunto nell’anno 2006) . E’ stato un alto dirigente della National Iranian Oil Company (NIOC) e ha fatto parte di quel gruppo di studiosi che hanno partecipato alla prima conferenza di ASPO-International che si è tenuta a Uppsala, in Svezia, nel 2002.
(2) Una Curiosità! Da qualche tempo mi interesso di droghe. Sono così venuto a conoscenza non solo delle droghe ma di tutti i modi che alterano la coscienza: dall’uso di altre sostanze che comunemente non sono definite droghe (come le bevande alcoliche) alle tecniche ascetiche, a certe danze, ecc. Per quanto riguarda le bevande alcoliche per la prima volta sono venuto a conoscenza dell’idromele, che sembra fosse diffuso molti millenni fa nelle antiche popolazioni del nord Europa, e che in seguito venne soppiantata dalla diffusione della birra. L’idromele è ottenuto dalla fermentazione del miele (dalla fermentazione delle mele invece si ottiene il sidro). Qualche mese fa visitando una sagra di un paese vicino Bologna ho notato (oltre a tecniche di tintura delle stoffe, di tipi di ricamo, ecc., ecc.), su un banchetto su cui erano esposte diverse bevande ottenute artigianalmente, una bottiglia di idromele!
(3) In una ricerca fatta alcuni anni fa ho scoperto che a Bologna sono state costruite fra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento ben sei centrali idroelettriche (tre in periferia e tre addirittura nel centro storico) che sfruttavano l’acqua dei canali che attraversano la città.

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Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

9 Commenti

  1. Un articolo molto interessante, tante volte ho visto questa cupola davanti all’ospedale, ma non pensavo fosse una ghiacciaia, mi son detto è un forno per bruciare cose.
    Grazie per avermi ulluminato sulle ghiacciaie a Bologna. Un accenno su di me: dopo aver vissuto tanti anni a Bologna, tre anni fà ho deciso di abbandonare tutto e trasferirmi con la moglie in montagna, proprio comeici tu per assaporare i vecchi piaceri. E’ stato proprio cosi, dal prato dove raccolgo le erbe spontanee al bosco che mi da la legna per scaldarmi, e stata per tutta una sorpresa, vivere in semplicità è un grande nutrimento per il mio spirito e quello di mia moglie. Grazie Giovanni

  2. Se d’inverno mettessimo il frigorifero sul terrazzo di casa, la macchina-frigo farebbe molta meno “fatica” a produrre freddo. Se ci pensate all’assurdità di scaldare l’ambiente casa nei mesi invernali per poi inserirvi una macchina che produce freddo … come una sorta di matriosca, una scatola dentro all’altra… scatole tutte tese nello sforzo di avere temperature diverse le une dalle altre… Comunque sì, se nel costruire case e città tenessimo presente che d’inverno fa freddo e il cibo si può conservare sul balcone… se tenssimo presente che sottoterra la temperatura è costante e le cantine sono fresche, e che esistono tecnologie semplici come le ghiacciaie …. :-)… useremmo meno elettricità

    • Giuli, ho l’impresssione che in futuro saremo costretti a ricorrere a tutte quelle tecnologie che non richiedono l’afflusso di combustibili fossili (inquinanti e in esautimento): come concludevo nell’articolo “in futuro vivremo tempi interessanti”
      Grazie del commento
      Armando

  3. In Lombardia si trovavano le nevaie o ghiacciaie nei cortili delle cascine, utilizzate per la conservazioni di alimenti e vini. Dalle mie parti (abito vicino Monza) le ghiacciaie erano utilizzate soprattutto dai possidenti: le case dei contadini non ne erano provviste. Ho avuto la fortuna di vederne una recentemente ristrutturata e utilizzata ancora dai proprietari, diventata cantina.

  4. Le cosiddette ” ghiacciaie ” sorsero come una riserva di freddo ad uso esclusivo sanitario e non come molti pensano , come un mezzo per la conservazione degli alimenti .
    Si deve considerare , che spesso ed in primavera , quando il lavoro nei campi era più pressante e gli sbalzi climatici , mettevano a dura prova il fisico dei contadini o degli operai , la polmonite batterica era una delle principiali conseguenze di quel sudore e del freddo ancora in agguato all’ombra .
    Non essendo ancora nata la penicillina l’unico sollievo ed aiuto per contenere la febbre, che spesso superava i 40° , era appunto il ghiaccio della ghiacciaie , le chiavi delle quali erano in possesso esclusivo del medico condotto del farmacista e della
    ” levatrice ” …

    • Adolfo,
      grazie del commento.
      L’ipotesi che la ghiacciaia dell’ospedale S. Orsola a Bologna potesse servire per motivi medici (per calmare gli stati febbrili) era una delle ipotesi fatte.
      Il tuo intervento è molto positivo perchè significa che c’è ancora memoria delle tecnologie precedenti l’era petrolifera, cioè l’era del petrolio (e altri combustibili fosssili) abbondante e a buon mercato.
      La decrescita, che necessariamente ci attende al varco, necessiterà sempre più della conoscenza di queste tecnologie.

    • buongiorno,
      io non sarei così sicura di quello che dice Adolfo. È vero che il ghiaccio e la neve sono da sempre usati come rimedi medici, ma ricordo che già i romani utilizzavano manufatti tipo ghiacciaia per conservare la neve che poi era usata anche per mantenere la merce deperibile e per raffreddare l’acqua dei frigidarium.
      Io sono un architetto e con altre colleghe stiamo facendo uno studio sistematico delle ghiacciaie bolognesi. Durante lo studio ci siamo proprio soffermate sull’uso del ghiaccio, soprattutto a Bologna. Pochi sanno che la città emiliana è, seconda solo a Firenze, pioniera nella creazione dei sorbetti e pietanze a base di ghiaccio già nel ‘700. Abbiamo anche una pagina facebook che si chiama “Il cuore freddo di Bologna”, dove potete trovare alcuni video sulle ghiacciaie e anche un bel filmato dell’istituto Luce sulla raccolta del ghiaccio. Per Armando, saremmo interessate a vedere le tue fotografie della ghiacciaia del S. Orsola, dato che abbiamo dei dubbi sulla sua funzione, proprio per la tipologia delle aperture. Se ci potessi contattare a cuorefreddobologna@gmail.com. Grazie
      Nike

  5. Ciao
    Ti invio privatamente le altre foto della ghiacciaia del S. Orsola (però non sono molto diverse da quella che c’è in questo lavoro; le foto che ho fatto da una feritoia per riprendere l’interno sono venute nere per mancanza di luce).
    Dopo qualche giorno dalla pubblicazione del presente lavoro ho avuto conoscenza di un’altra ghiacciaia a Bologna: quella di villa Mattei-Lambertini.
    Questa villa era la storica dimora del cardinale Lambertini (poi Papa Benedetto XXIV ).
    Basta andare nel sito Associazione Salviamo la ghiacciaia ONLUS per avere conoscenza della funzione di questa ghiacciaia (serviva per la conservazione degli alimenti deperibili ed era “alimentata” col ghiaccio che veniva prelevato in inverno da uno stagno là vicino). Nel sito comunque sono dati ulteriori dettagli sulle caratteristiche architettoniche e funzionali di questa ghiacciaia.
    Grazie per il contributo dato al tema delle ghiacciaie.
    Armando

    • grazie per le fotografie, prossimamente cercheremo di contattare l’ufficio tecnico dell’ospedale per vedere se ce la possono aprire.
      La ghiacciaia di Villa Lambertini la conosciamo bene, abbiamo anche fatto un metaprogetto di recupero per l’associazione.
      Altre ghiacciaie a Bologna visitabili sono Villa Spada (via Saragozza), Hotel I Portici (via Indipendenza), Palazzo Zani (via S. Stefano, sede della bonifica Renana), in Fondo a Via Gobetti, Villa Ghigi (via S. Mamolo)

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