La scienza ‘inesatta’ dell’economia

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vignetta di rane in pentola a bollire

”  Come si fa a bollire una rana ? Non puoi bollire la rana nell’acqua calda, perché se no questa schizza via fuori appena ce la butti. Devi metterla nell’acqua fredda e poi accendere sotto la pentola un fuoco basso basso. La rana percepisce all’inizio un lieve tepore e pensa “però è piacevole questo calduccio…” Poi la temperatura dell’acqua diventa calda, ma a quel punto la rana non ha più la forza di saltar fuori dalla pentola. Ecco come si fa a bollire una rana ”

Questo è un noto aneddoto che a Nando Ioppolo piaceva raccontare quando cercava di spiegare come avviene il condizionamento delle coscienze…

L’economia è una scienza insidiosa per almeno due motivi. Il primo è che da per scontati e certi eventi che sono solo probabilistici. Il secondo è che adotta spesso un metodo discutibile, ovvero decide prima qual’è l’obbiettivo a cui tendere e poi spiega quali sono i mezzi per raggiungerlo e l’obbiettivo è quasi sempre ideologicamente determinato. Il suo apparire come scienza esatta, portatrice di verità assolute, la rende particolarmente idonea ad influenzare e condizionare i comportamenti delle persone.

Però non bisogna essere prevenuti contro gli economisti in genere. Nella storia dell’economia molti di loro hanno sviluppato teorie che hanno dato spinte propulsive a quella parte del genere umano che voleva migliorare la propria sorte. Bastino due esempi, Karl Marx e Serge Latouche. Dal primo abbiamo avuto la più lucida analisi sul modo di funzionare del Capitalismo e su come la ricchezza generata dal plusvalore nasca da un’appropriazione indebita dello stesso e dallo sfruttamento della forza lavoro. Dal secondo abbiamo avuto la sfida economico-sociale della Decrescita, contrapposta al mito dell’ineluttabilità di una crescita perpetua. Il fatto è che entrambi sono da considerarsi filosofi oltre che economisti e quindi nel loro modo di pensare rientra anche una componente etica, che spiega come le rigide regole dell’economia dipendano dalla scelta di campo che si fa a monte, da chi la fa e in nome di quali interessi.

Oggi la stragrande maggioranza degli economisti parte dagli stessi presupposti, che detti terra terra sono:

  • Lo sviluppo dei mercati
  • L’aumento del prodotto interno
  • La “libera” concorrenza
  • La “libera” circolazione delle merci
  • La crescita tendenziale dei consumi
  • Il primato dell’economia finanziaria sull’economia reale

Con questi presupposti si può solo arrivare al pensiero unico economico, che è quello che regola l’economia dei paesi occidentali e che ha prodotto l’allargamento mostruoso della forbice tra detentori della ricchezza (un’esigua minoranza) e nullatenenti (la stragrande maggioranza delle popolazioni, anche occidentali). Se volete una testimonianza su questo disastro sociale esente da qualunque sospetto di parte potete fare riferimento all’attenta analisi del fenomeno della disuguaglianza proposta da Giovanni Vecchi, professore di Economia all’Università Tor Vergata e autore del libro “In ricchezza e in povertà” Se volete qualcosa di più forte potete fare riferimento al rapporto Oxfam 2017 (l’Oxfam è il comitato no profit con sede a Oxford che si prefigge di combattere la fame nel mondo) dove si dice tra l’altro “l’82% dell’incremento della ricchezza globale, che e’ stata registrata nel 2017, e’ stata appannaggio dell’1% piu’ ricco mentre il 50% piu’ povero della popolazione mondiale non ha beneficiato di alcuna porzione di tale incremento”Gli economisti fuori dal coro esistono, basta cercarli, non sono dei pericolosi latitanti, sono studiosi di chiara fama che hanno scritto libri, pubblicato articoli, che insegnano nelle università, che partecipano (purtroppo raramente) a dibattiti. Ma ahimé non hanno visibilità, non vanno a “Porta a porta” da Vespa o a “8 e mezzo” dalla Gruber e nemmeno da Floris o da Formigli. Per ora sono condannati ad agire nell’ombra, non perché siano dei cospiratori, ma perché il cono di luce del pensiero dominante non ci pensa proprio ad illuminarli. Pensate a loro come ai carbonari nell’Italia risorgimentale…

Tra questi vorrei spezzare una lancia a favore di Nando Ioppolo, giurista ed economista morto prematuramente nel 2013, uno dei più lucidi studiosi e critici del pensiero economico neo-liberista e osteggiatore del pensiero unico economico. Dall’establishment viene sprezzantemente e spesso scorrettamente messa in dubbio l’esattezza delle sue affermazioni, per cui quello che possiamo fare è ascoltare con attenzione quello che ha detto nelle numerose interviste rilasciate e nei pochi pubblici dibattiti a cui ha partecipato. Non è difficile, non sto a incollare link, basta andare su youtube e digitare Nando Ioppolo. Poi facciamoci una nostra idea, verifichiamo con i mezzi e le conoscenze in nostro possesso l’attendibilità di quello che dice, dopodiché, se ne usciamo convinti, diffondiamo il suo pensiero. Oggi non servono atti di fede, non serve schierarsi a priori con un partito o con l’altro. Serve recuperare una propria autonomia di giudizio che ci aiuti a non dover bere il brodo di gallina che circola incontrastato. L’unica possibilità che c’è rimasta è quella della diffusione e condivisione del nostro pensiero ed almeno a questa non dobbiamo rinunciare

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Avevo 60 anni quando ho cominciato a collaborare a questo blog, ora qualcuno in più. Mi occupo prevalentemente di musica, ma anche di informatica e di grafica web. La mia è una formazione umanistica (liceo classico, Scienze Politiche, Sociologia). Ho collaborato a lungo all'informazione e alla produzione di trasmissioni cultural-musicali di una nota emittente bolognese. Conosco il pensiero e le opere di Serge Latouche ed ho cominciato ad interessarmi con passione e continuità ai temi della decrescita dopo la lettura di "Entropia" di Jeremy Rifkin (10 anni fa). Vorrei contribuire, nel mio piccolo, ad arricchire queste tematiche e a dare una speranza soprattutto alle nuove generazioni.

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