Lettera aperta a Laura Puppato

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header_seanto1Gentile Laura Puppato,

Le scrivo questa lettera aperta dalle pagine di DFSN perché vorrei commentare insieme agli utenti l’articolo Crisi, più competitività e occupazione con nuovi modelli di sviluppo pubblicato sul suo blog de Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/15/crisi-piu-competitivita-e-occupazione-con-nuovi-modelli-di-sviluppo/562515/; invito tutti alla lettura, anche per capire i riferimenti che farò in seguito), che vede coinvolta la decrescita. Non la conosco molto come politico, anche perché non ho particolarmente seguito le primarie del centro-sinistra, quelle per intenderci dove ognuno dei candidati era stato associato a un personaggio dei Fantastici Quattro (senza false modestie: avevo di meglio da fare).
Non sono solito partire prevenuto o mettere in dubbio aprioristicamente la buona fede della gente, per cui intendo darle credito nonostante Lei – al pari degli altri candidati premier – abbia sottoscritto prima delle primarie un accordo in base al quale, in caso di elezione, si impegnava al rispetto di tutti i principali trattati europei, ivi compresi il trattato di Maastricht, il trattato di Lisbona, il Fiscal Compact nonché ad “appoggiare l’esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico-economico federale dell’eurozona”. Ammetterà che è un accordo programmatico che ammicca decisamente al finanziere renziano Davide Serra e non certo a Vandana Shiva, per quanto dichiari di sentirsi idealmente molto più vicina all’ecologista indiana.
Tuttavia, dopo intere schiere di politici, economisti e persino comici che si ostinano a non voler capire il vero messaggio della decrescita, bisogna ammettere che Lei ha fatto uno sforzo per comprendere il fenomeno (a dispetto di questa sua chiosa “È  sbagliato mettere in contrapposizione ontologica crescita e decrescita”; sarebbe come dire che è sbagliato contrapporre ontologicamente bianco e nero), ragion per cui si è meritata il mio rispetto e per cui, mettendo da parte ogni ironia, vorrei spiegarle in assoluta amicizia cosa mi ha fatto storcere il naso leggendo il suo articolo.
Comincio con il dire che da ex (?) militante di sinistra non posso non rimanere deluso ogni volta che vedo i vecchi compagni d’arme iniziare riflessioni sui massimi sistemi per poi sprofondare in argomentazioni che trasudano di un economicismo tanto bieco da far invidia alla peggior finanza (la destra invece qualche passione negativa, razzista, egoistica ecc te la sa dare); evidentemente del marxismo i ‘riformisti’ hanno voluto conservare solo il suo difetto peggiore.
Lei di fatto, fraintendo non poco il pensiero della Shiva, sostiene che le proposte della decrescita – tecnologie a maggior intensità di lavoro e a basso consumo energetico, piccole infrastrutture e opere di risanamento del territorio – siano superiori al gigantismo neoliberista perché alla fine “ci si accorgerà che la crescita del Pil, a parità di investimenti, sarà superiore dando lavoro a 16.000 persone piuttosto che a 300, perché si incrementa sicurezza sociale e un’economia più sana e con un benessere più diffuso”. Insomma la decrescita va bene perché… permette di crescere di più.
Intendiamoci, nel breve periodo, una politica economica basata sull’efficienza energetica e il risanamento ambientale avrebbe proprio l’effetto di arginare la recessione, ma si tratterebbe di un effetto ‘collaterale’. E quando fa coincidere l’aumento del Pil con “maggior sicurezza sociale” e un “benessere più diffuso”, Lei senatrice Puppato si sta schierando senza se e senza ma dalla parte di Davide Serra, non certo della Shiva. Altrimenti avrebbe espresso qualche piccola considerazione sulla rivalutazione dei valori umani, sui beni comuni, sul risveglio della solidarietà comunitaria.
La decrescita non è “l’altra faccia della medaglia della crescita”, come scrive, bensì è la sua concezione post-keynesiana ad essere l’altra faccia della medaglia dell’apologia finanziaria di Serra. Il quale mi lasci dire, rispetto a Lei se non è altro è molto più coerente nella sua visione gretta e meschina del mondo.
I finanzieri, in modo schietto e genuino, si battono per la conservazione del beneficio della rendita di cui, come ci ricorda costantemente il movimento Occupy, gode una ristretta superclasse che ammonta a circa l’1% della popolazione mondiale. Queste persone sanno che, per mantenere inalterato il loro privilegio a fronte di una situazione sociale e ambientale sempre più sfavorevole, devono ledere le condizioni di vita di una fetta costantemente maggiore di umanità e infliggere ferite sempre più gravi al pianeta. Contrariamente a quello che scrive, la finanza non ha fallito per niente in questo scopo e anzi ha ottenuto successi ben superiori alle aspettative, se si pensa che un suo infimo esponente si può permettere – a cinque anni dallo scoppio della grande crisi – di pontificare in prima serata alla tv nazionale liquidando sdegnosamente la argomentazioni di una delle intellettuali più brillanti del mondo.
Il tunnel di 57 km della TAV in Val di Susa non è un abominio solo perché impiega minor mano d’opera di altre infrastrutture meno impattanti, ma perché è un monumento alla distruzione naturale e all’inutilità. E nel caso dell’ILVA di Taranto, ad esempio, il suo ragionamento quantitativo non si potrebbe applicare, dal momento che il colosso siderurgico impiega circa dodicimila persone.
Senza alcun intento polemico, accetti un consiglio: se vuole davvero interessarsi ai temi della decrescita, per un attimo metta da parte l’economicismo e incentri la riflessione su di un pianeta dove le statistiche dicono che il reddito medio pro capite si aggira sui diecimila dollari annui, il consumo di energia sui 3 MWh annui – se non un Paradiso terrestre, diciamo un ottimo Purgatorio – e contemporaneamente ci troviamo di fronte a novecento milioni di denutriti, un miliardo di obesi, un suicidio ogni quaranta secondi e una concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera che rischia di portarci alla catastrofe. Si chieda se i problemi sono la ‘mancanza di competitività’ o la necessità di ‘nuovi modelli di sviluppo’. Se la risposta è positiva, in quel caso le consiglio vivamente di rivalutare la figura di Davide Serra e quello che rappresenta. In caso di dubbio, potrebbe chiedere direttamente un parere alla Shiva, e questa le risponderà che

“Il corpo obeso del bambino americano e lo scheletro di quello africano sono il prodotto dello stesso sistema”

Cordiali saluti

In fede

Igor Giussani

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

1 commento

  1. Puppato, un caso eclatante di “ipocrisia” politica a fini carrieristici. Puppato si spaccia per ambientalista, difensore dei diritti delle donne ed amica del M5s, ma le prime due affermazioni sono in contraddizione con quello che in realta’ combina e la terza e’ puro opportunismo.
    Se mi indicate un email o una pagina FB, posso farvi pervenire una pagina Facebook sul personaggio. I miei emails sono:
    francesco_cecchini2000@yahoo.com
    francesco.cecchini2000@gmail.com

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