L’utopia possibile. Quando l’inceneritore non serve

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CiacciDopo che avrai letto questo articolo, se vuoi puoi andare su questo link per informarti su dove recarti a firmare perché la Strategia Rifiuti Zero sia presentata in Parlamento come Legge di iniziativa popolare: http://www.leggerifiutizero.it/dove-firmare
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Da queste parti c’é gente tosta, che fa grandi lotte. Purtroppo c’é anche molta gente che vive ancora nel limbo dell’ignoranza, del disinteresse e della disinformazione, ma tant’é: delle grandi lotte beneficeranno pure loro, anche se non lo meriterebbero.

Vivo ad una manciata di chilometri da quella culla della democrazia partecipata che é la Valsusa del movimento No-Tav e, ahimé, ad un’altra manciata di chilometri dal nuovo inceneritore appena messo in funzione al Gerbido (costo 375milioni di euro, secondo laRepubblica) che dall’entrata in funzione provvisoria, il primo maggio, ha già bruciato oltre seimila tonnellate di rifiuti.
Anche in questo caso, come in Valsusa, la popolazione si é mossa, anzi ha smosso (mari&monti) creando comitati di protesta, costituendo gruppi di studio capitanati da esperti e genitori insieme, raccogliendo autofinanziamenti e pretendendo accertamenti approfonditi sulla presunta pericolosità delle sostanze emesse nel processo di combustione.

L’inceneritore, infatti, non é altro che un impianto che smaltisce i rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotti finali gas, ceneri e polveri.
Nei cosiddetti termovalorizzatori, il calore sviluppato durante questo processo viene recuperato e utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento).

Queste tipologie di impianti costituiscono una risposta ormai obsoleta al problema della gestione dei rifiuti: negli ultimi tempi infatti si sono perfezionate delle strategie che vanno assolutamente applicate con diffusione capillare.
Il termine stesso di termovalorizzatore non é appropriato: infatti, secondo le teorie piu’ moderne, gli unici modi per “valorizzare” un rifiuto sono prima di tutto il riuso e poi il riciclo, mentre l’incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice smaltimento… volendone parlare al netto dei rischi per la salute in corso di valutazione (rilascio di diossine e metalli pesanti…).

Insomma, ora al Gerbido la situazione é che si portano i bambini alla ASL per tagliargli le unghie e queste vengono studiate per capire quanta tossicità c’é nell’aria.
Tutto questo mentre altrove sono attuate pratiche consolidate da anni, nate all’estero con sperimentazioni ed in seguito attuazioni ed implementazioni al modello, in grandi città come San Francisco negli USA e Sidney in Australia come in piccoli centri urbani: mi riferisco alla strategia Rifiuti Zero, per cui in Italia é stato pioniere (2007) il Comune di Capannori (Lu) e cui oggi aderiscono ora circa 80 delle nostre città. L’ex Assessore all’Ambiente di Capannori, Ciacci, ci crede fortemente quando sostiene che l’obiettivo rifiuti zero non è un’utopia, come qualcuno può pensare. L'”utopia” è ostinarsi ad andare avanti senza perseguirlo.

In Italia, alcuni Comuni che aderiscono alla strategia sono riusciti a ridurre i rifiuti (dopo aver recuperato, riutilizzato, riciclato, compostato) del 90%!!!!! Svezia e Norvegia hanno ridotto i rifiuti di cosi’ tanto che le loro scelte passate di investire negli inceneritori si sono rivelate soldi buttati, perché ora non hanno praticamente nulla da bruciare…

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Inceneritore del Gerbido, informatevi qui: http://noinceneritoreto.altervista.org/ il sito di chi protesta, http://www.trm.to.it/ il sito di chi lo gestisce.
Intervista a Rossano Ercolini, Goldman Environmental Prize 2013 , a proposito dei termovalorizzatori http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=374807
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