Non sempre i fatti dicono la verità

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In riferimento al recente articolo di Pallante e Bertaglio senza entrare nel merito dei fatti riportati, vorrei fare qualche considerazione più generale. Oggi in odore di crisi si parla diffusamente di decrescita, quasi sempre in modo confuso, fraintendendola e talvolta sbeffeggiandola. Alcuni se ne risentono e cercano di porre rimedio con delle repliche più o meno piccate. Il giornalismo odierno mostra il suo maggior limite: con l’aumentare della diffusione e diffusività della notizia, rimane paradossalmente faticosa la ricerca della veriditicità di quanto riportato. Molti giornalisti partono da un pregiudizio di fondo: non si si preoccupano di sentire l’altra campana se si imbattono anche nel più piccolo aspetto della storia, a patto che sposi la loro tesi. Nascono così articoli tendenziosi, che non stimolano la curiosità e promuovono approfondimenti, quanto piuttosto tendono a propiziare la fazione di appartenenza, come a dire: “avete visto? Avevamo ragione”. Questa è la situazione tipica del giornalismo ideologico, in cui ogni articolo sembra l’editoriale di un giornale politicizzato, niente dubbi, nessun sospetto. Talvolta, oltre alle carenze deontologiche, si hanno da parte del giornalisti vere e proprie carenze culturali. Più o meno inconsapevolmente se ne sa poco di ciò che si scrive, e avendo poca voglia di informarsi o di desistere dallo scrivere, si prendono degli abbagli madornali. Può capitare anche che la ricostruzione di una vicenda risulti obiettivamente difficile, e comunque non sempre i fatti dicono la verità. Insomma più che mai raccontare una cosa significa cambiarla, spesso stravolgerla, creando nel gioco di specchi della rete un virus di malainformazione che più si riproduce, più aumenta l’attendibilità dell’infondato. E se questo avviene per un fatto di cronaca, figuriamoci in politica o in tema economico. Ma lo scenario è davvero così irrimediabilmente drammatico? A leggere gli articoli diffusi negli ultimi tempi sulla decrescita, e non solo, sembra proprio di sì. È che non vorrei sentir parlar bene della decrescita, ne vorrei sentir parlare con competenza. Forse occorre decrescita anche nel giornalismo: meno notizie (inutili) e maggiore qualità.

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Mi interesso di filosofia orientale, letteratura, fisica, matematica, chimica, fotografia, arte, musica, scienza dell'alimentazione, tai-chi, zen, pittura ad inchiostro, linux e linguaggi di programmazione. Attualmente sono iscritto a Science alla Open University, e seguo diversi corsi online su piattaforme istituite da università estere. Mi muovo spesso in bici o a piedi, pratico meditazione zen e di tanto in tanto subacquea e vela. Strimpello un pianoforte e adoro le danze caraibiche. Ho pubblicato alcune raccolte di poesie in Creative Commons ed esposto fotografie stampate con tecniche antiche.

1 commento

  1. I media influenzano le masse e le masse a loro volta decretano quello che i media devono comunicare loro, una specie di circolo infinito dove ogni tanto si inserisce qualche shock esogeno più o meno provocato (ad esempio le campagne mediatiche lanciate da Monsanto per far accettare gli OGM o la crisi economica del 2008/09). Se è forse possibile per i singoli ricercare un’informazione di qualità – ed in questo sembra essere davvero d’aiuto l’arrivo di internet -, lo stesso è praticamente impossibile per la gran massa, che continuerà a delegare la capacità di pensare ad altri, in parte per pigrizia ed in parte per formazione professionale.

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