Perché non c’è nulla di etico nel pubblico dei social?

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Un paio di anni fa, il noto Youtuber italiano Karim Musa alias Yotobi realizzò una sorta di esperimento sociale per testare il comportamento del pubblico di Facebook: pubblicò sul suo profilo un post dove lasciava intendere di aver realizzato una videorecensione del film pseudo-trash/demenziale/orrido Game Therapy ma, cliccando sul link in descrizione, si avviava invece una canzone di una pop band degli anni Ottanta. Accadde quello che Yotobi aveva già previsto: moltissimi follower, invece di aprire il link scoprendo così la trollata, si erano buttati a testa bassa sulla tastiera per commentare, in particolare coloro che lo accusavano di avere ripudiato la recente svolta artistica verso lo stand up comedy tornando a recensire film brutti per racimolare più visualizzazioni e quindi fare soldi facili. Ma queste cose possono capitare solo a un pubblico di ragazzini o di fruitori di contenuti di intrattenimento, mica a quello ‘impegnato’ con interessi più intellettuali, vero?

Ogni volta che pubblico un contributo di Roberto Contestabile sono consapevole del fatto che possa provocare aspri dibattitti a causa delle sue posizioni vegane e antispeciste che trovano forti resistenze anche all’interno del movimento ambientalista; quando il 6 ottobre mando on line il suo articolo  Perché non c’è nulla di etico nella vita di un vegano? – riflessione ispirata a Perché non c’è nulla di etico nella vita di un vegano, scritto da Matteo Lenardon e apparso sul sito Web The Vision – so bene che può toccare come al solito nervi scoperti. Sono però totalmente impreparato al vespaio suscitato su Facebook appena dopo la sua condivisione, anche perché, contrariamente al previsto, a inferocirsi sono dei vegani, malgrado quella di Roberto fosse sostanzialmente un’apologia (critica) del veganesimo in riferimento alle accuse di Lenardon. Potete rivivere tutto consultando la pagina di Decrescita Felice Social Network, propongo qualche stralcio giusto per rendere l’idea della situazione creatasi:

Sul momento resto completamente sbattezzato. Possibile tanta furia distruttiva solo perché Roberto ha osato mettere in dubbio l’eticità dei prodotti vegan commerciali? D’accordo la coda di paglia di tanta gente quando gli viene appena scalfita qualche fede granitica, ma come si fa a tacciarlo addirittura di propaganda in favore della carne? Provo a rileggere il testo alla ricerca di qualche passaggio ambiguo, ma non ne trovo, i suoi convincimenti traspaiono inequivocabili.

Passo gran parte del pomeriggio al ritorno dal lavoro (il pezzo era stato pubblicato la mattina presto) cercando vanamente di far ragionare gli utenti imbestialiti in un inutile dialogo tra sordi, mentre gli analitics della pagina Facebook segnalano un crollo sensibile dei like, poi mi si accende la lampadina quando leggo vari commenti affermanti l’inutilità di confutare un articolo già ampiamente stroncato in Rete; eppure, trattandosi di un inedito on line solo da poche ore, non può essere già diventato di ampio dominio pubblico.

Finalmente capisco che cosa stia succendo e la ragione di tanto casino. Gran parte degli utenti non ha aperto il link all’articolo di Roberto e non ne ha letto neppure mezza riga, convinta che avessimo semplicemente ricondiviso sul nostro sito il pezzo apparso su The Vision. Quando lo faccio notare l’incomprensione viene finalmente svelata.

Effettivamente, Roberto aveva riutilizzato la stessa miniatura dell’articolo di The Vision e il suo titolo si differenziava esclusivamente per un semplice (ma fondamentale!) punto interrogativo. A scanso di equivoci: non ho problemi ad ammettere le mie responsabilità di admin del sito per questo polverone. Roberto infatti non ha ancora raggiunto il numero di articoli minimo per detenere il permesso di pubblicazione (è oramai prossimo al traguardo), sono stato io a rileggerlo e approvarlo, non conoscevo il pezzo incriminato ma mi sarebbe bastata qualche verifica come cliccare nel link al testo, evincere le criticità appena descritte e provvedere di conseguenza, ad esempio alterando leggermente l’immagine in evidenza (come ho poi fatto), evitando qualsiasi fraintendimento. Non facendolo ho commesso un errore madornale; aggiungo altresì che in qualità di moderatore su Facebook non ho dato prova di un comportamento sempre cristallino perché ho perso spesso e volentieri le staffe di fronte a quelli che, senza aver capito l’equivoco, ai miei occhi parevano solo comportamenti irragionevolmente polemici.

Tuttavia, è giustificabile tanta superficialità da parte di un pubblico non solo adulto ma che si propone portatore di una cultura alternativa, che si proclama ‘lenta’ e si vanta di utilizzare la tecnologia in maniera diversa dalle logiche convenzionali? Senza contare poi che l’approdo di Roberto Contestabile in redazione ha segnato un’importante apertura di DFSN alle tematiche del veganesimo e dell’antispecismo, pur senza farne valori discriminanti per aderire al progetto: non doveva insospettire che il sito (nonché lo stesso Contestabile, colto da raptus schizofrenico) all’improvviso prendesse una piega in direzione esattamente opposta lanciando un pesante atto di accusa? E tutti i “vi tolgo il like!” per il dissenso riguardo a un singolo articolo non hanno la medesima costruttività del classico “non sei più mio amico!” dei bimbi capricciosi? Per quanto limitati e modesti, sono convinto che gli sforzi di DFSN in favore della decrescita meritassero da parte dei follower almeno il beneficio del dubbio che sarebbe costato il misero sforzo di un click di mouse, prima di mandarci eventualmente al diavolo.

Per qualcuno tutto ciò è solo una massa di ridicole corbellerie. Vi propongo un estratto emblematico del confronto acceso avuto con un utente anche dopo il chiarimento risolutore:

Tralasciando ogni discorso sull’importanza dei punti interrogativi, colpisce che il mio interlocutore trovi assolutamente normale non prestare attenzione agli autori e che la sua preoccupazione principale non sia stata fare chiarezza (del tipo chiedersi: ma come possono di punto in bianco essersi ‘convertiti’ sostenendo certe idee?) bensì ‘non regalare click’ al contenuto in questione.

Il mio lato malvagio, per quanto riguarda quelle persone che magari aborrono i prodotti usa-e-getta ma poi utilizzano tale prassi nei rapporti umani (spero solo in quelli virtuali), vorrebbe uscirsene da questa storia alla maniera di Marilyn Manson che, quando gli fu chiesto che cosa pensasse di una persona che si era suicidata dopo aver ascoltato una sua canzone, rispose con freddo cinismo “c’è un idiota in meno sulla terra”; forse il risvolto positivo dell’incidente di percorso è che ci hanno hanno abbandonato follower non particolarmente invidiabili. Battute a parte, i like sono inezie, pure vanità, per altro il gruppo Facebook di DFSN ne conserva più di trentasettemila. Il vero problema – e quello che è successo rappresenta solo la punta di un iceberg – è capire se siamo realmente padroni degli strumenti digitali con cui cerchiamo di allargare il pubblico delle nostre culture alternative (altrimenti condannate a rimanere di nicchia) o se piuttosto tali tecnologie ci stiano risucchiando nel loro vortice assuefacendoci a certe pratiche bislacche (rischio a cui non è esente neppure il sottoscritto, si intende). Mi riferisco ad atteggiamenti come commentare senza leggere i contenuti linkati (basandosi solo su titolo, miniatura e descrizione), toni inutilmente polemici e distruttivi, commenti quasi solo critici perché tanto per l’apprezzamento basta cliccare ‘mi piace’, totale effimeratezza dei rapporti interpersonali. Se aveva ragione Marshall Mcluhan sostenendo che “il medium è il messaggio”, allora occorre rifletterci seriamente su.

Ho messo in conto che quanto scritto costerà molto probabilmente altri like alla nostra pagina, da parte di persone che si sentiranno offesse o che semplicemente vogliono leggere solo contenuti legati alla decrescita e considerano le mie esternazioni nulla più che moralismo logorroico. In tutta sincerità, ritengo questo testo più simile a un grido di aiuto che a una filippica, perché vorrei intraprendere anche sui social un dialogo costruttivo in quanto, come ho spiegato in un video, c’è stata un’epoca in cui davvero il Web veniva usato in modo diverso e stimolante. Non sono arrabbiato, solo molto preoccupato e un pochino deluso. Ovviamente, é un vostro esclusivo diritto scegliere quali soggetti seguire e quali no e non intendo metterlo minimamente in discussione. Potreste però lasciare una critica argomentata prima che le strade si separino: sarebbe più una forma di rispetto verso voi stessi e la vostra intelligenza che verso di noi.

Igor Giussani

PS: per stroncare sul nascere ulteriori equivoci prendo anticipatamente le distanze da chi penserà che l’isteria collettiva sia stata provocata dal fatto che di mezzo c’erano vegani. Infatti, non solo diversi ‘carnisti’ hanno commentato gongolanti – dimostrando così anch’essi di non aver letto il pezzo corretto – ma potrei rivangare situazioni analoghe dove il veganesimo non c’entrava assolutamente nulla. Magari fosse così, sarebbe tutto molto più semplice.

 

3 Commenti

  1. Facebook è un luogo virtuale dalle enormi potenzialità, peccato che la maggior parte dei suoi utenti siano semplicemente dei smanettoni da tastiera senza cognizione di causa. E’ un mezzo molto utile, ma probabilmente il suo ideatore non voleva che si discutesse di argomenti di un certo spessore, infatti i suoi algoritmi sono notevolmente indirizzati su post facilmente condivisibili proprio perchè poveri di contenuti o peggio presumibilmente polemici (una sorta di gossip puerile). Risultato? Pessimo! Tutto si riduce al like e nulla o poco alla condivisione concreta, ovvero la discussione pacifica e costruttiva.

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