Ragazzini vs EGOlogismo

Le opinioni espresse nell'articolo sono da ritenersi personali di Igor Giussani e non posizione ufficiale di DFSN.

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1986

Fare le pulci al movimento del 15 marzo, animato da Greta Thunberg e autore del primo sciopero globale per il clima, è molto facile, essendo composto da persone in piena adolescenza, cioé una fase della vita inevitabilmente caratterizzata da ingenuità, incoerenza e frequenti dissonanze emotive. Per dirne una, ha fatto capolino su alcune foto della manifestazione un cartello con la scritta “Di caldo voglio la cioccolata, non il clima”, slogan scherzoso che cela molta ignoranza riguardo alle dinamiche che contribuiscono al global warming; autogol analoghi sono stati ostentati con disprezzo dai detrattori.

Pensavo che il compito di noi ‘veterani’ della variegata galassia ambientalista fosse quello di rapportarsi con questi ragazzi, non allo scopo di egemonizzarli (tanto non te lo permetterebbero mai) ma di aiutarli a crescere intellettualmente per colmare palesi lacune, anche per portare allo scoperto chi è realmente interessato alla questione da chi ne ha solo approfittato per saltare un giorno di scuola. Nei confronti della manifestazione, avrei compreso una sana diffidenza verso i facili entusiasmi, persino una dissacrazione delle buone intenzioni in stile Giorgio Gaber, pungente senza essere cinica e livorosa.

Purtroppo, ho dovuto constatare che gran parte della vecchia guardia (tra cui anche individui degni di stima come il redatore del nostro blog Armando Boccone) ha ritenuto suo dovere denigrare senza costruttività il movimento, usando talvolta toni astiosi mai adoperati neppure contro i peggiori inquinatori del pianeta. In certi casi, sono state avallate le fake news cospirazioniste contro Greta, non sentendo neppure l’esigenza di smarcarsi di fronte alle valanghe di fango scagliate dalla peggior fauna del regime televisivo: da Nicola Porro, forse il primo in assoluto ad aver coniato il neologismo ‘gretini’, a Paolo Guzzanti, secondo cui l’influenza umana sul clima è una bufala perché notoriamente “ogni mille anni il pianeta ha le mestruazioni” (sic), per finire con la lucida analisi di Maria Giovanna Maglie: “Adesso non si può più dire male di Greta perché mi hanno detto che ha la sindrome di Asperger, cioè è malata di autismo, allora a quel punto il politically correct e anche il buon senso mi vietano di dire quello che avrei detto se fosse stata sana: che l’avrei messa sotto con la macchina” (che a nessuno venga in mente di investire la Maglie con la propria auto, anche perché con ogni probabilità sarebbe quest’ultima a danneggiarsi. Provate al massimo a spiegarle che l’Asperger non è una forma di autismo, non prima di esservi assicurati che la giornalista comunista-craxiana-sovranista abbia parcheggiato ben distante da dove vi trovate).

Alla luce di tutto ciò, mi sento autorizzato a un po’ di dietrolologia: in fondo, diceva Giulio Andreotti – uno che se ne intendeva – a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Perché, se da una parte le opinioni di tutti devono essere rispettate, dall’altra è doveroso reagire alla critica distruttiva che del rispetto altrui sa farne solo carta straccia. Se i colpi bassi diventano legittimi, non condivido ma mi adeguo.

Ogni persona, per un’esistenza realmente dignitosa, ha bisogno di attribuire un senso al suo essere nel mondo. Per gli ecologisti, specialmente quelli radicali, l’obiettivo è ricostruire il rapporto uomo-natura anteponendo alle logiche egoistiche di breve periodo il conseguimento di obiettivi olistici di lungo termine; si tratta quindi non solo di combattere potentati e interessi economici che traggono profitto dal degrado planetario, ma anche, secondo alcune visioni, di fronteggiare comportamenti profondamente radicati nell’essere umano. Tutto ciò comporta una serie di sconfitte e bocconi amari da ingerire per cui, all’esterno, appariamo dei brontoloni un po’ frustrati e incontentabili: nel nostro inconscio profondo, però, esiste un’inconfessabile vena narcisistica derivante dall’aura romantica che pervade il nostro sforzo titanico e per molti versi ‘oltre umano’; in confronto, le avversità di Jacopo Ortis erano quisquilie. Questa lotta contro i mulini a vento ci connota come perdenti annunciati, ma sicuramente ci fa sentire speciali.

Ora, immaginiamo per un attimo che i milioni di ragazzi che hanno aderito allo sciopero per il clima decidessero di intraprendere una seria riconversione ecologica delle loro vite: per il nostro ego sarebbe una catastrofe. Diventeremmo improvvisamente persone ordinarie e, peggio ancora, dovremmo ammettere a noi stessi che una ragazzina di quindici anni, in pochi mesi, è riuscita in un’impresa che la nostra attività pluridecennale non ha mai neanche lontanamente sfiorato; verrebbe minata alle radice la nostra credibilità di militanti, comunicatori e divulgatori, se mai ne abbiamo posseduta realmente una (rimando a un interessante articolo di Ugo Bardi sul perché Greta convinca più degli scienziati).

Come se non bastasse, in Italia, contrariamente alle aspettative, i riscontri di partecipazione sono stati elevati, scatenando in molti rabbiosi riflessi pavloviani spasmodicamente volti a denunciare che Greta doveva per forza essere eterodiretta da poteri occulti e che i manifestanti altro non potevano essere che pecore ignoranti desiderose unicamente di marinare la scuola. Poco importa se, a prescindere dalle opinioni sull’evento, almeno per un giorno il problema dei cambiamenti climatici, da sempre relegato a notizia di infima importanza, avesse fatto capolino sui mass media. L’ecologia è la nostra nicchia e guai a chi ce la tocca, se allarga il suo panorama di interesse a più di quattro gatti è indiscutibilmente sintomo di corruzione e strumentalizzazione, i ragazzini continuino piuttosto a giocare alla Playstation e a pascolare da Burger King che a salvare il mondo – o quantomeno a lamentarci su quanto le cose vadano male, l’umanità sia cieca, ecc. – ci pensiamo già noi.

Passato lo sciopero del clima tra le accuse dei fuffologi e gli anatemi della vecchia guardia ambientalista, il giorno successivo a Ravenna si è tenuta la manifestazione nazionale per le trivel… pardon, ‘Per l’energia italiana-Accendiamo il buon senso’. Amministratori locali, sindacati, Confindustria e associazioni degli imprenditori per la solenne occasione hanno marciato all’unisono, come mai era successo. Facendo il verso al video del Messaggero, subito diventato virale, dove si chiedeva ad alcuni ‘gretini’ di spiegare che cosa fosse il buco nell’ozono, mi sarebbe piaciuto fare qualche domanda ai partecipanti riguardo ai danni della tecnica dell’airgun sulle specie marine, sull’entità delle fughe di gas incombusto o sui trend produttivi del comparto metanifero in Italia; tuttavia, non ce n’è stato bisogno, perché ci hanno pensato politici e leader di categoria a dimostrare tutta la loro dabbenaggine straparlando di ‘transizione sostenibile’ per difendere il paradigma fossile. Qui non ci sono di mezzo adolescenti con i loro slogan magari scientificamente inadeguati ma divertenti, bensì una fetta importante della classe dirigente del paese, ciò nonostante tale sciarada non ha originato altrettante orde di reazioni sdegnate. Ma forse c’è poco da stupirsi: giocare al tiro al bersaglio con i ragazzini è enormemente più facile.

PS: per non fare di tutta l’erba un fascio, voglio segnalare alcuni esponenti storici del nostro ecologismo che hanno sostenuto, in maniera magari critica ma mai prevenuta, il movimento del 15 marzo, tra cui il già citato Ugo Bardi, Luca Pardi, Jacopo Simonetta, Luca Mercalli, Luca Lombroso, Max Strata e altri. Tutta gente, evidentemente, capace ancora di anteporre l’ECO all’EGO.

 

 

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