Un grande accordo

Prima si fa e meglio è!

3
4887

Presentazione
Le prospettive che l’umanità ha di fronte sono molto brutte. Si prospettano dei tempi come quelli più bui dell’alto medioevo.
Il Rapporto sui limiti dello sviluppo (dal libro The limits to growth, I limiti dello sviluppo) di Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e Williams Behrens III, che fu commissionato al Massachusetts Institute of Technology dal Club di Roma e pubblicato nel 1972, predisse, nel caso le tendenze allora esistenti fossero rimaste inalterate, le conseguenze della continua crescita della popolazione, della produzione agricola e industriale e del connesso inquinamento sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana: entro i successivi cento anni si sarebbe avuto un crollo improvviso della popolazione umana, della produzione industriale e agricola e un degrado delle condizioni di vita dell’umanità.
Bisogna inoltre dire che le tendenze allora esistenti, nonostante un leggero rallentamento dovuta alla crisi iniziata nel 2007-08, sono rimaste inalterate.
Studi successivi al Rapporto sui limiti dello sviluppo del 1972 hanno confermato le previsioni allora fatte anche se hanno spostato l’importanza dall’esaurimento delle risorse naturali alla degradazione dell’ambiente, soprattutto in merito ai cambiamenti climatici. (1)

Scioglimento dei ghiacci artici da www.wstoriadellarte.eu Foto 1 Lo scioglimento dei ghiacciai artici

A quanto sopra detto bisogna aggiungere che alcune aree del mondo, come il Medio Oriente, sono interessate da uno stato permanente di guerra. In molti casi il collegamento con il problema dello sfruttamento delle risorse naturali (ed energetiche in particolare) è molto evidente mentre altre volte il collegamento è intermediato.
Per invertire la rotta al tremendo quadro che sopra è stato sommariamente descritto è necessario fare delle proposte forti. Ma una proposta forte non può che basarsi su considerazioni forti.
In questo articolo si esporrà una considerazione forte e si esporrà una proposta forte (che poi siano effettivamente forti non dipenderà da me ma dal giudizio che daranno altri!).

1) Una considerazione forte
Siamo tutti nella stessa barca: questa è la considerazione forte! Sembra l’uovo di Colombo (2) ma la situazione è questa!
Tutto quello che succede in un qualsiasi punto nel mondo riguarda tutti gli abitanti del mondo, anche se c’ è molta distanza fra il luogo dove avvengono determinati fenomeni e le varie parti del mondo. Si pensi ai cambiamenti climatici dovuti soprattutto all’incremento del biossido di carbonio nell’aria (a sua volta dovuto soprattutto alla combustione di petrolio, gas e carbone): riguarda tutti anche se non tutti vi contribuiscono nello stesso modo; si pensi al probabile innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacci artici: a subire i maggiori danni saranno certe zone come il Bangla Desh, l’Olanda, alcuni atolli del pacifico, ecc. ma potrebbe come non potrebbe esserci corrispondenza fra chi contribuisce di più all’innalzamento del livello del mare e chi subirà i maggiori danni; ecc.
Da questo punto di vista bisogna dedurre che nel mondo non c’è giustizia, nel senso che non è detto che chi ha avuto il maggiore beneficio dallo sviluppo economico poi sopporterà il maggiore danno.

Africa da www.fondazionepopoli.org Foto 2 Africa

Questa foto esprime tanti significati contemporaneamente: il passato coloniale, la fame e la sete, le guerre, i cambiamenti climatici, il disboscamento per ottenere legna da ardere, l’alto tasso di natalità, il land grabbing (acquisto dei migliori terreni da parte di soggetti stranieri), ecc.

Siamo tutti nella stessa barca oppure “il mondo è il nostro polder”, come dice Jared Diamond nel suo saggio “Collasso – Come le società scelgono di morire o vivere”,
Jared Diamond fa l’esempio dell’Olanda. Riporto un’ampia citazione dal testo menzionato per fare capire ciò che questo scienziato vuole dire con l’espressione citata.
“Un buon esempio di società che ha iniziato ad affrontare i problemi globali è L’Olanda (….), i cui cittadini sono forse il popolo più sensibile alle questioni ambientali e si contraddistinguono per un altissimo livello di partecipazione attiva a organizzazioni ambientaliste. Non ero mai riuscito a capirne il perché, e nel corso di una recente visita l’ho chiesto a tre miei amici olandesi mentre attraversavamo in macchina le campagne del paese. Non dimenticherò mai la loro risposta:
Basta che ti guardi intorno. Tutti questi terreni agricoli giacciono al di sotto del livello del mare. Un quinto della superficie totale dell’Olanda si trova fino a 7 metri al di sotto del livello del mare; un tempo, infatti, questo territorio era coperto da baie poco profonde, che abbiamo bonificato: abbiamo prima circondato l’area con delle dighe e poi, a poco a poco, ne abbiamo estratto l’acqua con delle pompe. Abbiamo un detto che dice: “Dio ha creato la terra, ma noi olandesi abbiamo creato l’Olanda”. Queste terre bonificate si chiamano polder. Abbiamo cominciato a prosciugarle quasi mille anni fa. Oggi dobbiamo ancora continuare a pompare via l’acqua che si infiltra gradualmente. E’ per questo che in passato avevamo i mulini: per creare l’energia necessaria al funzionamento delle pompe. Oggi invece usiamo quelle a vapore, diesel o elettriche. In Olanda, abbiamo un altro detto: “Devi riuscire ad andare d’accordo col tuo nemico, perché potrebbe essere proprio lui a operare la pompa vicino alla tua”. E siamo tutti qui, insieme, sul fondo di questi polder. I ricchi non vivono separati dai poveri: se le dighe e le pompe si guastano, affoghiamo tutti. Quando una tempesta combinata con l’alta marea ha allagato la provincia dello Zeeland, il 1° febbraio del 1953, sono morti quasi duemila olandesi, ricchi e poveri. Abbiamo giurato che una tale tragedia non si sarebbe mai ripetuta e finanziato la costruzione di costose barriere di protezione contro le maree. Se il riscaldamento globale fa sciogliere i ghiacci polari determinando l’innalzarsi del livello delle acque, le conseguenze in Olanda saranno più gravi che in ogni altro paese del mondo, perché gran parte del nostro territorio già si trova al di sotto il livello del mare. E’ per questo che noi olandesi siamo così sensibili all’ambiente. La storia ci ha insegnato che viviamo tutti nello stesso polder e che la nostra sopravvivenza dipende da quella degli altri. “ (3)

18826_1_2[1] Foto 3 Olanda 1° febbraio 1953 – L’isola di Goeree-Overflakkee invasa dalle acque del mare (fonte http://commons.wikimedia.org).

“Nella notte tra il 31 gennaio e il 1° febbraio 1953 una tempesta sul Mare del Nord causò il maggior disastro naturale a memoria d’uomo sulle coste inglesi e olandesi”…all’indirizzo http://www.meteogiornale.it/notizia/18826-1-1-febbraio-1953-il-watersnoodramp-devasta-lolanda-e-uccide-oltre-1800-persone

“Il mondo è il nostro polder” è una bella espressione ma a differenza dell’Olanda, dove i poveri dell’espressione “I ricchi non vivono separati dai poveri” soddisfano più che adeguatamente i bisogni fondamentali e non solo, in molte parti del mondo essere poveri significa trovare difficolta ad approvvigionarsi di un po’ di acqua potabile e di una ciotola di riso, di non usufruire delle necessarie cure mediche e di vedere morire i propri figli, di non disporre di scuole per i bambini…e poi correre il rischio di morire annegati mentre si cerca di raggiungere l’Europa a bordo di barconi!

Andare d’accordo in queste condizioni non è facile.
“Toglietemi tutto tranne che il superfluo!” sembra che sia un pensiero di Oscar Wilde. Questo la dice lunga sul significato e sull’importanza di certi consumi nel mondo sviluppato dove sembra che l’acquisto compulsivo sia una ragione di vita.
Si diceva che andare d’accordo in queste condizioni non è facile, ma penso che non sia impossibile a patto che contemporaneamente sia fatta una proposta forte!

1) Una proposta forte
Una proposta forte non può che andare contro le regole che finora ha seguito la storia.
Il processo storico finora non è avvenuto in modo lineare e uniforme ma con molte contraddizioni e battute d’arresto: in ogni caso la situazione a cui siamo arrivati è il risultato di millenni di storia fatta di sviluppo delle forze produttive ma insieme e “tramite” incremento demografico, sviluppo tecnologico-scientifico, sviluppo politico-amministrativo-organizzativo, ecc., ma anche insieme e “tramite” guerre, epidemie, carestie, deportazioni, genocidi, condizioni di vita e di lavoro al limite della sopportazione, sfruttamento di popolazioni su altre popolazioni e di classi su altre classi, sviluppo per alcune parti del mondo e “logico” sottosviluppo per altre parti del mondo, profonde ferite inferte alla natura, ecc. (in un precedente lavoro, pubblicato sul blog di decrescita felice social network il 19 gennaio 2015, ho fatto delle ipotesi sulle origini del sottosviluppo sia in generale che in particolare modo nel Magreb e Medio Oriente [all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/ipotesi-sulle-cause-e-gli-obiettivi-del-terrorismo-cosiddetto-islamico/ ])

Siamo così arrivati all’attuale situazione duale, in cui cioè una parte dell’umanità vive in buone condizioni di vita (anche se con molte differenziazioni al suo interno) e un’altra parte che vive in brutte condizioni di vita (anche in questo caso con molte differenziazioni al suo interno).
E’ necessario quindi che la proposta forte che si intende elaborare si basi su criteri diversi da quelli appena sopra ricordati.

– Una vecchia proposta
Circa 10 anni fa ho redatto un lavoro a cui ho dato il titolo “Maghreb e Medio Oriente, situazione e prospettive”, pubblicato inizialmente sul sito di Aspoitalia e riproposto il 10 dicembre 2014 sul blog di Decrescita felice social network (all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/maghreb-e-medio-oriente-situazione-e-prospettive/ )
Il lavoro inizia esponendo prima i caratteri della situazione in cui versano il Magreb e il Medio Oriente per poi fare delle ipotesi sulle cause che l’hanno determinata. Il lavoro termina infine esponendo i punti fondamentali di un accordo, volto all’eliminazione delle forti tensioni esistenti fra questa area e il mondo occidentale e altre aree geopolitiche al fine del conseguimento, da una parte, di un vero sviluppo nell’area del Magreb e Medio Oriente e, dall’altra parte, di un sicuro approvvigionamento di risorse energetiche per il mondo occidentale e le altre are geopolitiche.

Riporto un ampio stralcio del lavoro in questione:
“Dopo avere trattato diversi argomenti affinché si avesse un quadro chiaro e completo della situazione che si è venuta a creare è arrivato il momento di indicare le possibili cose che concretamente si potranno fare per creare condizioni di vero sviluppo nei Paesi del Magreb e del Medio Oriente. Bisogna che questi Paesi condizionino il sicuro approvvigionamento di petrolio e di gas naturale da parte del mondo occidentale al raggiungimento delle seguenti politiche:

1. la creazione (nell’area del Magreb e Medio Oriente, n.d.r.) di un mercato in buona parte autosufficiente; questo significa che:
a) una discreta parte dei prodotti tecnologicamente avanzati e strategici che viene consumato in un dato Paese (o, per meglio dire, in un’area geopolitica culturalmente omogenea e unita) sia progettato e prodotto nello stesso posto e soprattutto che una discreta parte della produzione dei componenti necessari per i prodotti suddetti sia progettata e realizzata nel posto in cui questi vengono consumati: per raggiungere questo obiettivo è necessario che ci sia trasferimento di tecnologia e know-how (4) dall’Occidente sviluppato verso i Paesi in oggetto;
b) in ogni accordo economico è bene che il pagamento avvenga in parte in natura, nel senso di avere in cambio non denaro ma frequenze a corsi professionali e a corsi di studi universitari nei Paesi dell’Occidente sviluppato e/o alla creazione di strutture scolastiche, centri di ricerca, ecc. nei Paesi del Magreb e del Medio Oriente, ecc.;
c) l’affidamento della creazione di impianti affidata a imprese estere deve comportare anche il trasferimento del know-how necessario affinché in seguito il Paese sia in grado di costruirli da solo;
d) finanziare l’istruzione con particolare riguardo alla formazione tecnica e professionale in modo da eliminare le condizioni che hanno portato all’inaridimento dell’artigianato;
e) fare in modo che i Paesi Sviluppati eliminino le barriere protettive dei loro prodotti nei confronti di quelli provenienti da altri Paesi o che quanto meno ci sia una certa reciprocità;

2) creazione di imprese miste occidentali – arabe che sfruttino le enormi risorse energetiche derivanti da fonti rinnovabili esistenti nel Magreb e Medio Oriente come la fonte solare;

3) notevole autonomia della propria vita e produzione culturale;

4) creazione di una comunità economica e politica fra i Paesi del Magreb e del Medio Oriente, per certi versi somigliante a quanto avvenuto in Europa, in modo da creare una realtà economico-politica con una massa critica sufficiente per mettere in campo le forze necessarie per arrivare alla fine a creare uno sviluppo in buona parte autosufficiente.”

Nel lavoro in questione non venivano sottaciute le difficoltà che tale proposta di accordo avrebbe comportato. Veniva detto infatti:
“Le soluzioni sinteticamente indicate sono molto semplici ma sono difficili da raggiungere per il semplice motivo che ciò avrà delle ripercussioni sul Mondo Occidentale e sul suo modo di vita. Quelle soluzioni comporteranno delle modifiche nel tenore di vita della popolazione del Mondo Occidentale nel senso di un abbassamento dei consumi o quanto meno di un rallentamento del loro tasso di crescita; ma la conseguenza più importante non sarà quanto ora detto ma il fatto che le scelte non saranno fatte solamente dal Mondo Occidentale ma che anche altre realtà avranno voce in capitolo. Il Mondo Occidentale comprende chiaramente la posta in gioco, conosce il motivo del contendere, sa che trasferendo tecnologie e know-how in seguito dovrà confrontarsi su un piede di parità con i Paesi del Maghreb e del Medio Oriente. Uno dei motivi più importanti dello scontro fra le colonie portoghesi, spagnole e inglesi, ecc. del continente americano con le rispettive madri patrie avvenne su questo punto.” (5)
Come si vede tale proposta di accordo non teneva conto del problema dei cambiamenti climatico-ambientali con cui si è iniziato questo articolo (faceva solamente riferimento all’esaurimento dei combustibili fossili, alla possibilità per l’area del Magreb e Medio oriente di utilizzare il possesso di queste risorse per ottenere un sano sviluppo economico, e alla sicurezza del futuro approvvigionamento di quelle risorse per l’Occidente e le altre aree geopolitiche). La proposta in questione inoltre faceva riferimento ad aree geopolitiche limitate (sebbene molto vaste) e non a tutto il mondo: non teneva conto infatti degli sconvolgimenti climatico-ambientali e delle sue cause come l’aumento della popolazione (ma il problema esisterebbe anche se la popolazione si stabilizzasse), l’enorme consumo di combustibili fossili, la deforestazione, l’aumento della concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera, l’esaurimento di molte risorse naturali come il legno delle foreste e il pesce del mare, l’aumento delle temperature, ecc.
La conseguenza del non aver tenuto conto dei problemi suddetti comporta che a quell’accordo che prospettavo bisogna aggiungere qualcosa e poi estenderlo a tutto il mondo.
E’ necessario quindi integrare quella proposta di accordo con altri punti.

Dato che molto dipende dalla quantità di popolazione che insiste sul pianeta Terra allora sarà necessario che le integrazioni da aggiungere a quella proposta di accordo riguardi appunto la popolazione.
La proposta potrebbe articolarsi nei seguenti punti:
1) I Paesi sviluppati dovrebbero continuare e anzi favorire la loro tendenza alla riduzione della natalità;
2) I Paesi sviluppati dovrebbero traferire attività produttive e il know how per la loro realizzazione e conduzione nelle parti del mondo che non le possiedono in modo che questi ultimi siano artefici della propria situazione, padroni del proprio destino;
3) I Paesi sviluppati dovrebbero ridurre fortemente i “consumi superflui” e i consumi inutili;
4) I Paesi non sviluppati dovrebbero adottare una forte politica di denatalità;
5) I Paesi non sviluppati (coloro che le posseggono) dovrebbero garantire un sicuro approvvigionamento di risorse naturali a fronte dell’ottenimento di attività produttive e del know how necessario alla loro installazione e conduzione.
Il problema demografico è sicuramente un problema molto complesso, con varie motivazioni che si intrecciano quasi inestricabilmente, ma ho trovato interessante quanto diceva Maurizio Pallante a proposito dell’alta natalità dei Paesi sottosviluppati:
“La domanda che ci si deve porre allora è per quale ragione ciò avvenga. A questo proposito occorre sgombrare il campo dalle interpretazioni culturali, che mettono l’accento sul maggior peso delle religioni nei paesi più poveri e arretrati, o meglio dell’oscurantismo religioso che ostacola le pratiche contraccettive, e sul basso livello d’istruzione che determina una ignoranza diffusa sia della fisiologia riproduttiva che delle pratiche contraccettive. Non che questi elementi non ci siano e non esercitino il loro peso, ma sicuramente una causa ben più importante è la consapevolezza dell’alta incidenza della mortalità infantile, che dipende dalla povertà reale, cioè dalla mancanza del necessario per vivere, per prevenire le malattie e per curarsi. La specie umana appartiene alla classe dei mammiferi e tutti i mammiferi generano un numero tanto maggiore di piccoli quanto più bassa è l’aspettativa che possano diventare adulti e procreare a loro volta per dare continuità alla specie.”
in http://mauriziopallante.it/2016/01/10/55/
Trasferendo a queste popolazioni capacità produttive e il relativo know how per la loro installazione e conduzione queste stesse popolazioni diventerebbero artefici delle loro condizioni di vita, padroni del loro destino, si garantirebbero un futuro biologico e culturale, senza la necessità quindi di avere una elevata natalità ma anzi incamminandosi verso una bassa natalità.
A ciò si aggiunge che mentre in passato lo sviluppo demografico è stato una leva per lo sviluppo, insieme ovviamente ad altri fattori come per esempio lo sviluppo tecnologico, adesso invece non è necessario, visto la disoccupazione esistente soprattutto nel mondo sviluppato fra le masse giovanili e non solo e visto che intere zone del mondo con contribuiscono al miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità: anzi, come si è cercato di mettere in evidenza, lo sviluppo demografico sta portando l’umanità intera verso la catastrofe!
A ben vedere anche questa proposta d’accordo sembra come l’uovo di Colombo ma le difficoltà che si incontreranno saranno notevoli perché investono valori culturali fondamentali che ci ‘agitano’ da molti millenni: accettare questo punto della proposta di accordo sarà come sottoporsi a una operazione chirurgica “a crudo”, cioè senza l’ausilio dell’anestesia. Sarà necessaria una rivoluzione copernicana: si dovrà passare dal primato dello spazio (inteso come sempre maggiore popolazione, produzione, consumo di risorse, ecc.) al primato del tempo (più lunghe e buone prospettive di vita per l’umanità). (5) Sarà necessario quindi che lo spazio si contragga (minore produzione, minore popolazione, minore consumo di risorse, cioè decrescita) affinché il tempo si possa dilatare (più lunghe e buone prospettive di vita per l’umanità): il tempo diventa quindi una questione di spazio. Diceva Einstein “dove lo spazio si contrae, il tempo si dilata; e, viceversa, dove il tempo si contrae, lo spazio si dilata”. (6)
In concreto, per esempio, questo dovrà significare che le popolazioni che finora si sono combattute perché nemiche d’ora in poi vadano d’accordo (per richiamare quel detto olandese riportato nella citazione del testo di Jared Diamond). Sarà necessario che la storia ci insegni che viviamo tutti sulla stessa terra e che la sopravvivenza di una popolazione dipende da quella delle altre (per parafrasare l’ultimo pensiero di quella citazione).

80ab219e8d537297c21d392490c55229[1] Foto 4 Il disboscamento della foresta amazzonica per farne pascoli

– Il grosso problema della gestione del know how
Il punto più delicato e importante della proposta d’accordo riguarda il trasferimento di know how. Questo è un punto cardine nello sviluppo della storia che iniziò nel VI millennio before present nella Bassa Mesopotamia: lo sviluppo storico che si è avuto in seguito è consistito soprattutto nella risoluzione dei problemi posti dalla gestione del know how in una situazione di scarsità, storicamente determinata, delle risorse. Ho usato il termine know how e non conoscenza perché adesso la conoscenza c’è sui libri e su internet (a cui praticamente tutti possono accedere) mentre il know how è proprietà privata delle aziende e di altre organizzazioni (e anche degli Stati, visto che possono considerare strategiche certe produzioni, impedire che siano fatte in altre nazioni e, addirittura, che non si esportino certi prodotti).
Ma se considerassimo know how e conoscenza come sinonimi ci renderemmo conto della sua importanza considerando che Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso terrestre per aver mangiato i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. La Bibbia in questo modo ha messo per iscritto (istituzionalizzandoli) ed esemplificato i valori culturali allora esistenti.

2) Una breve conclusione
L’analisi fatta finora è molto grezza, sarebbe stato necessario fare una analisi più complessiva e quindi approfondire e collegare altri punti: forse però è bene spostare il discorso su un altro livello e chiederci cosa porterà all’accettazione di questa proposta di accordo e alla creazione di nuovi valori che riempiano la vita degli uomini!

Luglio 2015 a Bologna Foto 5 Luglio 2015 a Bologna – Fila alla fontanella di Piazza del Nettuno (non ne avevo mai viste!)

Secondo il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), agenzia federale statunitense che si interessa di meteorologia, il mese di luglio 2015 è stato, a livello globale, il più caldo dal 1880 (anno in cui sono iniziate le misurazioni); all’indirizzo http://www.3bmeteo.com/giornale-meteo/luglio-2015-da-record–il-pi–caldo-degli-ultimi-136-anni-71362

E’ bene chiederci quindi quali saranno i punti-leva che porteranno a smuovere la situazione!
“Quando avremo l’acqua addosso!” è un detto del mio paese e significa che ci si muove, si cerca una soluzione, solo quando il pericolo è incombente.
Il sottotitolo dato a questo lavoro è un augurio perché maturo sempre più la convinzione che dovranno succedere alcune catastrofi prima di “darci una mossa”. Le catastrofi a cui andremo incontro saranno di diverso tipo, da quelle climatico-ambientali a quelle più prettamente umane (come atti terroristici di nuovo tipo, rivolgimenti sociali in varie parti del mondo, migrazioni di massa non più controllabili, ecc.).
Nel frattempo si può fare qualcosa: sarà poco ma è da quel poco che si inizierà a creare una nuova realtà! Questo articolo vuole essere un piccolo contributo in tal senso!

Fonte foto
Foto 1 da www.wstoriadellarte.eu.jpg
Foto 2 da www.fondazionepopoli.org.jpg
Foto 3 da http://.wikimedia.org
Foto 4 da www.gaianew.it.jpg
Foto 5 fatta da me

1) Nel 1992 è stato pubblicato un primo aggiornamento del Rapporto, col titolo Beyond the Limits (oltre i limiti), nel quale si sosteneva che erano già stati superati i limiti della “capacità di carico” del pianeta.
Un secondo aggiornamento, dal titolo Limits to Growth: The 30-Year Update è stato pubblicato il 1º giugno 2004 dalla Chelsea Green Publishing Company. In questa versione, Donella Meadows, Jørgen Randers e Dennis Meadows hanno aggiornato e integrato la versione originale, spostando l’accento dall’esaurimento delle risorse alla degradazione dell’ambiente. Nel 2008 Graham Turner, del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) Australiano, ha pubblicato una ricerca intitolata «Un paragone tra I limiti dello sviluppo e 30 anni di dati reali»[4] in cui ha confrontato i dati degli ultimi 30 anni con le previsioni effettuate nel 1972, concludendo che i mutamenti nella produzione industriale e agricola, nella popolazione e nell’inquinamento effettivamente avvenuti sono coerenti con le previsioni del 1972 di un collasso economico nel XXI secolo.[5]
2) “…aneddoto popolare, probabilmente falso, che ha per protagonista il navigatore genovese Cristoforo Colombo.
Dopo il suo ritorno dall’America nel 1493, Colombo fu invitato a una cena in suo onore dal cardinale Mendoza. Qui alcuni gentiluomini spagnoli cercarono di sminuire la sua impresa dicendo che la scoperta del Nuovo Mondo non sarebbe stata poi così difficile e che chiunque avrebbe potuto riuscirci se avesse avuto i suoi mezzi. Udito questo, Colombo si indignò, e sfidò i nobili spagnoli in un’impresa altrettanto facile: far stare un uovo dritto sul tavolo. Ognuno di loro fece numerosi tentativi, ma nessuno ci riuscì e rinunciarono all’impresa. Si convinsero che si trattava di un problema insolubile e pregarono Colombo di dimostrare come risolverlo, cosa che lui fece immediatamente: si limitò a praticare una lieve ammaccatura all’estremità dell’uovo, picchiandolo leggermente contro lo spigolo del tavolo. L’uovo rimase dritto. Quando gli astanti protestarono dicendo che lo stesso avrebbero potuto fare anche loro, Colombo rispose: «La differenza, signori miei, è che voi avreste potuto farlo, io invece l’ho fatto!».” da https://it.wikipedia.org/wiki/Uovo_di_Colombo
3) Jared Diamond “Collasso – Come le società scelgono di morire o vivere”, Einaudi, 2005; nel cap. XVI intitolato “Il mondo è il nostro polder”, nelle pagg. 524-525
4) La locuzione know-how (derivata dalla lingua inglese, letteralmente “sapere come” o “competenza”), talvolta knowhow o know how, identifica le conoscenze e le abilità operative necessarie per svolgere una determinata attività lavorativa.

(la descrizione completa di questa locuzione è all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Know-how )

5) In un altro lavoro (di cui sotto è riportato l’indirizzo web) sono state fatte ulteriori considerazioni sulle cause delle condizioni che hanno portato al mondo duale in cui viviamo, fatto di buone condizioni di vita per una parte dell’umanità e pessime condizioni per l’altra parte (con particolare riferimento al Magreb e Medio Oriente);
http://www.decrescita.com/news/ipotesi-sulle-cause-e-gli-obiettivi-del-terrorismo-cosiddetto-islamico/
6) Nel lavoro “Il Futuro straordinario” ho cercato di affrontare il tema del nuovo sistema di valori che dovrà “agitarci” in futuro per rispondere alle sfide che ci pone la nuova realtà creatasi dagli anni settanta del XX secolo; all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/il-futuro-straordinario/
7) alla voce “Relatività ristretta” di Wikipedia (all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_ristretta )

CONDIVIDI
Articolo precedenteDecrescendo & decostruendo/Aldo Giannuli e la crescita dei limiti
Articolo successivoGlifosato, OGM e TTIP
Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

3 Commenti

  1. Alcune domande al ministro Lorenzin su natalità, disoccupazione e pensioni
    Ieri sera il ministro Beatrice Lorenzin è intervenuto in un programma radiofonico.
    Ha detto cose che si vanno dicendo da parecchio tempo e cioè: nascono sempre meno bambini!
    Il ministro ha detto che fra dieci anni è prevista la nascita in Italia di solamente circa 350.000 bambini all’anno facendo quindi registrare un notevole calo rispetto ai poco più di 500 mila degli ultimi anni. Ciò porrà, continua il ministro, il problema del pagamento delle pensioni ai vecchi, visto che i giovani, essendo pochi, verseranno pochi contributi.
    Alcune domande a questo punto sorgono spontanee: ma se circa il 40% dei giovani in Italia sono disoccupati in che senso avere più giovani risolverebbe il problema del pagamento delle pensioni future? Non sarebbe meglio creare lavoro (o, meglio, ripartire quello che c’è) per questi giovani disoccupati? Inoltre prima che un giovane raggiunga l’età di lavoro (20-30 anni) non avrà assorbito una enormità di risorse?
    Sarebbe bene che queste domande fossero fatte pervenire al ministro Lorenzin e a quanti (e sono tanti!) che la pensano come lei.
    Ciao
    Armando

  2. …caro Armando non so te ma a volte mi sembra di vivere in un sogno; da una parte del mondo milioni, miliardi di persone che muoiono di fame e miseria (i più fortunati), altri muoino a causa delle guerre di natura economica portate dagli stranieri; dalla parte opposta una società, quella occidentale ossessionata dalla crescita economica che tutto divora…nel frattempo il mondo va a fuoco ed è sommmerso da rifiuti e gas irrespirabili….e tutto ciò e sotto gli occhi di tutti e tu provi a dirlo a gridarlo ma nessuno ti ascolta…ciao

  3. Diego,
    purtroppo tutti viviamo in un sogno.
    Purtroppo ci sarà un brusco risveglio…e sarà provocato da quelle catastrofi a cui accennavo nelle ultime righe.
    Ciao
    Armando

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.