Una personale esperienza di Decrescita

0
2397

Sono solo una persona che legge di decrescita e che cerca di applicarne i valori nella vita di tutti i giorni. Come tanti, cerco di lavorare attribuendo al lavoro il giusto peso, nell’attesa di costruirmene uno a mia misura, qualcosa in cui riconoscermi; cerco di produrre in casa quanto posso, grazie alla mia vita in campagna; baratto tra amici ciò che ho e che so fare; cerco di privilegiare la dimensione del dono e l’ambito familiare…

Appunto, ci provo.

Poi qualche giorno fa, ho impacchettato la mia famiglia e sono andata da Amedeo.

Amedeo ha lasciato la sua vita in città, da ricercatore universitario. Lui non prova a fare decrescita, lui alla decrescita ha conferito corpo, gioia e sudore.

Ha fatto di un casale (Il Sughero) nel Parco del Cilento, un faro, dove la vita in ogni aspetto scorre secondo i ritmi eterni della natura e nella natura è immersa, con discrezione, senza pretese, ascoltandone la voce silenziosa e imparando ciò che è stato dimenticato.

Sono andata a trovare Amedeo saltando sul carro di MDF Salerno, che ha organizzato con lui un laboratorio di autoproduzione e auto sostentamento (il ciclo di produzione che solo il pastore-contadino sa chiudere) e lì, ho vissuto un’avventura conoscitiva, non solo della realtà rurale modernamente intesa, ma di me stessa.

Camminare in salita su vie impervie e sassose, al sole di maggio, mi ha infatti portato più vicino a quello che sono davvero.

Cardare la lana grezza con bellissime signore, antiche e moderne al tempo stesso, mi ha fatto dimenticare l’artificiosità della vita che conduco.

Vedere il formaggio che si separa dal siero, mi ha ricordato le mie origini sarde che ho scioccamente messo da parte.

Condividere il cibo con estranei, alla stessa tavola, mi ha fatto sentire parte di un tutto.

Trascorrere minuti preziosi con l’asino Agostino, così saggio e saldo, mi ha fatto conoscere nuove e più ricche declinazioni della povertà.

 

Ma Amedeo non è solo un contadino o un pastore: è un uomo che cerca.

Mi ha insegnato concetti, per me nuovi, come quello del Quarto Paesaggio, dove il territorio non è inteso solo come estensione di valli e pianure o come il dispiegarsi tentacolare di industrie e città, ma come riferimento sano e sacro per il nostro futuro, lo spazio mentale e reale dove intrecciare relazioni ormai perse e recuperare il senso della nostra personale e sociale esistenza.

Mi ha insegnato che l’intellettuale può radicare il proprio pensiero nell’esperienza quotidiana di una vita fatta di intenso lavoro manuale e mi ha fatto scoprire un significato nuovo e costruttivo della post-modernità: come il corpo di Orfeo, l’archetipo del poeta assurto a  simbolo del post-moderno, viene sbranato dalle Menadi e le sue membra di disperdono per ogni dove, rendendo fertile la terra e lasciando agli uomini il compito di cantarla, così il sapere che si è sedimentato nei secoli e che la modernità ha spazzato via, deve irradiarsi in maniera capillare proprio laddove è stato brutalizzato e rimosso. La Certosa è esplosa e i Certosini, come Amedeo, lasciano la sicurezza delle mura per diffondere la loro cultura, per vivificare quella perduta e donarci un futuro arcaico.

 

E io?

Io, come Orfeo, cerco ogni giorno di passare il confine tra la vita e la morte. Perché di questo si tratta, di capire che non sono padrona della Terra su cui vivo, ma ne sono il frutto avvelenato se non sarò in grado di prendermene cura con amore; che non lascerò nulla, nessun ricordo e nessuna prospettiva, a mia figlia, se continuerò a dissipare lo scorrere del tempo in inutili e dannose occupazioni; che non potrò dire di aver vissuto veramente, se non avrò riconosciuto di aver rovinato tutto senza chiedere perdono e senza aver ricominciato, ogni giorno, daccapo.

CONDIVIDI
Articolo precedenteDialogo tra un decrescente consapevole e un comune mortale – Episodio due: l’automobile
Articolo successivoIncomincio da me!
Non è importante "chi" sono, ma "cosa" mi propongo di essere e con quanta tenacia mi ci proietto. Sono dunque madre, sono moglie, sono per metà sarda e per metà napoletana e, in entrambi i casi, straordinariamente fiera di esserlo; sono una contadina, con tanto da imparare. Ambientalista, per necessità, e piena di passione civile, per vocazione. E credo nell'integrazione, nelle persone, nell'impegno, nella mia terra così martoriata, nel valore delle parole, in quello della decrescita e nella felicità come traguardo raggiungibile ogni giorno. La mia finestra sul mondo e sul web è http://www.georgika.it

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.