Perché il sovranismo non è una soluzione

10
4682

‘Sovranismo’, parola diventata di moda dopo l’esito vittorioso del referendum sulla Brexit e il successo di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi, indica l’atteggiamento di chi, rifiutando la subordinazione ad organizzazioni internazionali, rivendica il pieno diritto degli stati-nazione di elaborare autonomamente la propria politica interna senza subire alcun condizionamento esterno.

Questa corrente di pensiero, originariamente di destra ma oggi influente anche a sinistra e tra i movimenti ‘trasversali’, presenta per dati di fatto quelle che in realtà sono costruzioni più o meno ideologiche, in particolare il presunto carattere ‘naturale’ (e non storicamente determinato) dei popoli e delle nazioni di cui dovrebbero essere espressione; si tratta di intuizioni romantiche e, non a caso, il sovranismo sembra rimpiangere l’assetto mondiale otto-novecentesco, prima cioé che la guerra fredda e il successivo avvento della globalizzazione neoliberale segnassero il declino delle autonomie statali (sarebbe meglio dire: di alcune di esse) in favore del transnazionalismo.

Vivendo oramai nella fase marcescente della globalizzazione (esplicitamente rigettata persino da settori importanti delle super-élite) non sorprende che il sovranismo abbia riacquistato grande vitalità anche perché, al netto degli ideologismi, pare ineccepibile l’idea secondo cui i popoli – oppure le ‘moltitudini’, dipende dalle inclinazioni culturali – abbiano diritto di autodeterminarsi senza subire ingerenze; per quanto la maggioranza dei sovranisti si professi anti-liberale, si sente chiaramente riecheggiare un assioma cardine del liberalismo, ossia che la libertà finisce dove inizia quella degli altri. Tuttavia, rispetto al XVIII secolo, nel XXI non è più tanto facile comprendere inizio e fine  delle libertà. Facciamo un esempio pratico.

Il programma politico dell’UKIP, partito britannico pro-Brexit reso celebre dal suo ex leader Nigel Farage, prevede una politica energetica incentrata sullo sfruttamento del nucleare e del carbone per generare elettricità. In caso di regolare vittoria elettorale, chi potrebbe opporsi all’attuazione di tale strategia? Ognuno non è padrone nei limiti dei propri confini?

Il discorso non farebbe una grinza se agenti inquinanti, gas serra e radiazioni fossero rispettosi delle sovranità altrui, invece mostrano una spiccata tendenza al cosmopolitismo (persino le fasce polari sono intossicate da sostanze prodotte a migliaia di chilometri di distanza). E cosa dire del cittadino medio britannico, che magari ha votato per l’uscita dalla UE e vorrebbe il maggior isolamento possibile per il proprie paese, il quale adotta uno stile di vita che, se universalmente adottato, richiederebbe risorse equivalenti a due pianeti Terra e mezzo? Costui ta ledendo o meno il diritto all’esistenza di milioni di persone?

Ho fatto riferimento alla ‘perfida Albione’ ma, ovviamente, il ragionamento si applica in misura maggiore o minore a quasi tutti i popoli della Terra, ad esempio: sudamericani e centrafricani non sono forse ‘sovrani’ di distruggere le ‘loro’ foreste per intraprendere un fiorente mercato del legname, infischiandosene del fatto che sono gli ultimi polmoni verdi del pianeta? A ‘casa loro’ cinesi e indiani (da soli quasi un terzo dell’umanità) non possono sfruttare il ‘loro carbone’ per avvicinarsi agli standard di vita occidentali, con buona pace dell’enorme quantità di gas serra sprigionati? Margarita Mediavilla e altri ricercatori hanno realizzanto uno studio basato sulla dinamica dei sistemi abbozzando alcune ipotesi sull’andamento della futura politica mondiale, elaborando quattro possibili scenari: nel primo si perpetua il modello della globalizzazione neoliberista, nel secondo viene implementato il cosiddetto ‘capitalismo verde’ (rispetto all’ipotesi precedente si dà priorità alla difesa dell’ambiente), il terzo descrive un futuro di competizione regionale e ritorno alla sovranità nazionale, il quarto delinea una società molto simile a quella prospettata dalla decrescita; gli unici scenari ritenuti realistici (in quanto compatibili con i limiti delle risorse) sono il il 3 e il 4, con il primo di questi risultante il più dannoso in assoluto sul piano ambientale. Il sovranismo viene quindi sonoramente bocciato anche ignorando problematiche che esulano dall’ecologia, vedi ad esempio le possibilità concrete di bloccare la rete Internet e i mezzi di comunicazione di massa in genere; il cyberspazio è la perfetta antiteti  del concetto tradizionale di sovranità territoriale.

In un’epoca di crisi della modernità, è normale che un fondamento del pensiero moderno (paradossalmente osannato da molti antimoderni) come la sovranità nazionale non risponda alle esigenze attuali, ragion per cui spesso diventa il feticcio di persone convinte che il global warming sia solo una bufala, che si possa ‘chiudere Internet’ e che dietro le migrazioni di massa e altri problemi epocali si celino complotti finanziario-massonici. Occorre invece ripartire dal principio di non ingerenza nella libertà altrui ridefinendo però i paletti in base alle indicazioni fornite dalla conoscenza scientifica nell’ultimo secolo. L’interdipendenza tra tutte le creature viventi è una delle principali conquiste della scienza contemporanea, quindi ci occorrono sistemi politici ispirati alla visione della Terra come bene comune universale, superando sia la pretesa egemonica della globalizzazione neoliberale sia le velleità isolazioniste del sovranismo.

Immagine in evidenza: copertina de Il leviatano di Hobbes (fonte: Wikipedia)

CONDIVIDI
Articolo precedenteLa sigaretta di Zeno dell’ambientalista
Articolo successivoSANTU SITRU
Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

10 Commenti

  1. Dietro le migrazioni di massa si celano di sicuro progetti finanziario-massonici: quelli statali legati al controllo delle risorse su determinati territori (spesso mediorientali e africani).
    Per il resto sono d’accordo.

  2. Prof. Giussani , molte osservazioni sono di buon senso e capisco la sua preoccupazione per la recente tendenza nazionalista e populista, che tuttavia scelgo di sostenere. Noi populisti ci stiamo rifugiando nella ‘Nazione’ perche la scuola di pensiero economico che accomuna le organizzazioni sovranazionali, massoneria o meno, e’ il neoliberismo, cioe’ l’economia vista dal lato del capitale, dove la logica e’ sottopagare il lavoro per attrarre i capitali.
    Che Trump sia realmente un sovranista e’ tutto da dimostrare, che nazionalismo = chiusura della rete, sara’ al massimo una delle sue sparate elettorali. Che poi l’Europa stia gestendo il problema dell’inquinamento e delle migrazioni, non mi sembra.
    Per altro non e ‘ detto che leader nazionalisti non possano aderire a trattati internazionali per riduzione delle emissioni.
    Questo non vuol dire che mi piacciano i nuovi populisti sulla piazza, ma bisogna scegliere. Grazie.

    • Caro Giuliano, personalmente se nella vita rimangono solo neoliberismo globalizzatore e populismo nazionalista… vorrà dire che morirò presto! Fin da adolescente sono stato simpatizzante (e anche qualcosa di più) del movimento no global e se cerchi tra i miei articoli puoi trovare scritti contro il FMI, la UE, ecc… non ho una posizione per partito preso e, se sto subendo un avvelenamento da cianuro (=globalizzazione) non mi fido granché di chi propone di curarmi con la stricnina (=populismo nazionalista). Anche perché secondo me il rigurgito nazionalista non è altro che un nuovo volto (che in realtà è la riproposizione di quello di fine 800-inizio 900) che sta assumendo un capitalismo che si sta rendendo conto che la torta si è fatta più piccola e che neppure la propaganda ‘una fetta per tutti’ è più sostenibile. Non siamo di fronte a ‘capitalismo vs anticapitalismo’, sono anime diverse all’interno del capitale che si stanno confrontando.

      • L’ultima parte della risposta descrive bene le elezioni americane.
        Le letture sull’infame FMI andrebbero fatte a scuola. Parlo come un ex di sinistra, ora partecipo in vari modi al M5S, sul quale ho perplessità: il problema è che le opposizioni puntano i piedi contro il globalismo finanziario, ma non hanno elaborato un modello socio-economico alternativo, non c’è questo lavoro di studiare soluzioni, mi sembra (magari con ‘think tank’ di esperti? Non lo so) Per esempio le idee della Decrescita furono bocciate sui media come una recessione che abbatte solo i consumi ed il PIL. Non ci sarebbe bisogno di sviluppare una visione economica, che possa supportare queste idee? Che possa essere proposta alla politica?
        Spero di spiegarmi. Comunque il blog è molto interessante e grazie per aver risposto.

        • Il problema più grave riguardo alla critica della globalizzazione neoliberista è il rischio di ripescare ricette precedenti che oggi non possono più funzionare perché il mondo è cambiato, vedi le politiche keynesiane. Attenzione però: non dico che le idee della decrescita stanno prendendo piede, però qualcosa è cambiato anche solo a confronto con dieci anni fa. Ti propongo questa recensione del libro Acrescita di Mauro Gallegati (uno che ha fatto ricerche con gente come Stiglitz) dove l’autore è anche gentilmente intervenuto commentando http://www.decrescita.com/news/acrescita-la-decrescita-morta-lunga-vita-alla-decrescita/; in liberia c’è un libro scritto da Stephen King omonimo del più noto romanziere e consulente di alcune importanti banche d’affari internazionali intitolato significativamente La fine della prosperità occidentale. A livello mainstream qualcosa si è mossa, insomma.
          Quanto allo sviluppo di una visione economica, molte proposte interessanti provengono da aree culturali ‘cugine’ della decrescita, anche se magari non ricorrono mai a questa parola. ‘L’economia del bene comune’ di Christian Felber ne è un esempio molto interessante, così come tutte le concezioni legate alla teoria dei beni comuni. C’è moltissimo da fare, per la decrescita sarà importante non chiudersi a riccio in se stessa in una realtà che sia solo diffusione dell’autoproduzione e autoconsapevolezza ma sappia realmente proporsi all’esterno.

        • credo che commettiamo un errore nel voler proporre alla politica…anche rappresentanti del MDF dovrebbero essere in Parlamento!
          solo li si cambiano le regole del gioco! La politica non va lasciata agli altri, dobbiamo occupare noi gli spazi. In questi tempi si deve essere un pò prepotenti! Ne sono sempre più convinta ma mi sento molto sola …
          🙂

  3. che coincidenza! ho passato due giorni su un sito: http://www.riconquistarelasovranita.it/ che mi ha praticamente convinto delle sue tesi…poi mi sono detta “andiamo a vedere se sul sito della descrescita trovo qualcosa sull’argomento” e trovo questo tuo articolo pubblicato proprio ieri.
    Ho letto anche l’articolo di Margarita Mediavilla ma lo trovo un po’ semplicistico.
    Ho anche letto e sottoscrivo il vostro manifesto per un’Europa decrescente, ma lo ritengo veramente utopico. Non mi pare affatto che l’Europa vada in quella direzione e non vedo come invertire la rotta. Forse ci riesco solo a casa mia…
    Personalmente non ho certezze. Ma da qualche parte devo tendere.
    Se vai alla pagina http://www.riconquistarelasovranita.it/teoria/documento-su-lavoro-e-previdenza-sociale-approvato-dallassemblea-nazionale-dellars-16-giugno-2013 in cui questo gruppo analizza anche la questione lavoro trovi anche un pezzo che mi pare vada in ottica decrescente:

    “Occorre una rivoluzione culturale che restituisca prestigio, rispetto e soprattutto un adeguato riconoscimento giuridico al lavoro manuale in genere. Occorre rilanciare anche la formazione professionale, indispensabile alla pari dell’apprendistato alle piccole e medie imprese e alla salvaguardia degli antichi mestieri artigiani.”

    Inoltre alla Cop 22 hanno partecipato 196 paesi differenti e ovviamente non sono tutti in Europa.
    Poi è chiaro che la questione ambientale ci riguarda tutti. Ma i tuoi ragionamenti valgono anche se esci dall’Europa. La Russia inquina anche la mia aria..per esempio.
    Infondo Gandhi diceva “Sii il cambiamento che vuoi vedere negli altri”. Ciascuna nazione può fare la sua parte e dare l’esempio. Sta a noi cittadini indicare la strada.

    • Ciao Leda, sono interessanti i commenti che l’articolo ha suscitato su Facebook. Il primo in assoluto è stato un laconico “e con questo ci salutiamo”, roba che se avessi scritto un articolo intere di offese a mamma e sorella di questo utente non se la sarebbe presa così tanto secondo me! Altri hanno dato per scontato implicazioni pseudo-logiche del tipo “critichi il sovranismo QUINDI ti piacciono la globalizzazione, la UE, ecc.”, altri pensano che la sovranità nazionale sia amica del comunitarismo locale quando storicamente è stata il suo nemico più implacabile… più in generale mi ha fatto impressione che molti ritengano che esistano solo due vie estreme e antitetiche e che non esistano ibridazioni di idee e diverse possibili declinazioni. Se critico i limiti del sovranismo non significa che penso che l’idea di sovranità nazionale sia una sozzura da rigettare totalmente, così come quando critico la UE (l’ho fatto tantissime volte) non significa che voglia tornare a un assetto pre-grande guerra, e neppure che una confederazione europea debba per forza essere sinonimo di questa UE (e da qui il manifesto per un’Europa decrescente). Quanto all’articolo della Mediavilla, un conto è il riassunto sul blog di Bardi, un altro è la ricerca vera e propria linkata sul sito di effetto risorse, quella è davvero complessa e per nulla semplicistica, guardaci.

      • ovviamente la strada non è una sola e non può essere già predefinita.
        non amo particolarmente facebook…a mio avviso fa più danni che altro. lo uso solo per questioni politiche ma sono convinta che non mi aiuta nel raggiungere i miei obiettivi!

        cerco su internet la versione integrale della Mediavilla!

  4. La storia ci insegna che le elitè al potere riescono a perseguire i propri interessi a scapito di quelli della collettività (e dell’intero pianeta) qualunque sia il sistema o l’organizzazione politica perchè riescono, da sempre, a inserire nelle organizzazioni governative, nazionali o transnazionali, rappresentanti del loro ceto e dei loro privilegi. Sappiamo benissimo che le politiche dei governi degli stati assecondano i desideri delle multinazionali che sono le vere padrone del mondo.
    La complessità della società contemporanea rende impossibile qualsiasi forma di democrazia diretta quindi pare che le moltitudini debbano rassegnarsi a subire le prepotenze delle elite al potere.
    Rimango dell’opinione che l’arma principale a disposizione delle persone per agire sulla società non sia tanto l’esercizio del diritto di voto ma l’adozone di stili di vita e comportamenti che vadano a colpire l’interesse fondamentale delle multinazionali ossia IL PROFITTO.

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.