La sigaretta di Zeno dell’ambientalista

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Da insegnante di italiano nella scuola superiore, aspetto sempre con una certa trepidazione di leggere in classe uno dei miei pezzi preferiti de La coscienza di Zeno, ossia il capitolo terzo in cui il protagonista – Zeno Cosini – desideroso di smettere di fumare, mette in pratica il consiglio dello psicanalista da cui è in cura, cioé ripercorrere i ricordi dell’infanzia e della giovinezza alla ricerca dei momenti chiave che lo avrebbero condotto a dipendere dalla sigaretta. Zeno, ripensando all’origine del vizio e ai tanti vani propositi di smettere, capisce in realtà che fumare ha sempre rappresentato una giustificazione per i tanti fallimenti patiti nella vita:

Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.

E’ spesso difficile far comprendere agli studenti, cioé ragazzi di meno di vent’anni ancora lontani dal momento dei bilanci esistenziali, la grandezza di questa riflessione. Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo una nostra personale sigaretta di Zeno, ossia un problema di cui ci lamentiamo soventemente (e che può anche essere almeno parzialmente sensato) ma senza la reale intenzione di risolverlo, in quanto ci esporrebbe nudi alle nostre responsabilità (ecco alcune classiche sigarette di Zeno legate alla mia professione: “se avessi di fronte gli studenti motivati di una volta”, “se ci fosse qualcuno competente come ministro e/o come dirigente”, “se avessi gli strumenti adatti per lavorare!”, ecc.).  Si tratta di un meccanismo del nostro inconscio che, se riusciamo a tenere consapevolmente sotto controllo prima che assuma proporzioni patologiche, non presenta particolari pericoli e può anzi risollevarci un’autostima fortemente provata; in caso contrario, specialmente se assume una dimensione collettiva, può davvero causare disastri.

Ho paura che vasti segmenti della variegata galassia ambientalista patiscano di una grave forma di ‘sigaretta di Zeno’ che rischia seriamente di inficiarne qualsiasi capacità di azione e persuasione. L’ambientalismo e il personaggio di Zeno Cosini, tra l’altro, presentano diverse analogie, in particolare per quanto concerne i buoni propositi e le aspettative elevate a cui hanno fatto da contraltare una caterva di cocenti fallimenti e speranze deluse, quindi non sorprende la comune ricerca di giustificazioni rassicuranti.

E’ da tempo che si discute sulle ragione per cui l’ecologismo, malgrado il degrado ecologico del pianeta proceda in modo rapido ed evidente, sia oramai ridotto a livello di nicchia, politicamente e socialmente. C’è chi ha elaborato spiegazioni articolate; molti altri, invece, sono giunti a una conclusione più drastica e coincisa, ben espressa dalle parole scritte qualche giorno fa su Facebook da una persona che – ahimé – non è affatto stupida e anzi ha letteralmente speso gran parte della sua vita per la causa con impegno e dedizione incomparabili, specialmente se confrontato con il sottoscritto (e potrei citare tanti altri esempi analoghi):

Ho provato, ma pare che la visione sistemica sia proprio fuori dalla portata del homo sapiens, che è destinato a subire gli effetti della sua stessa stupidità, compresi i pochi che hanno intravisto le dinamiche complesse che ci governano.

Anche in altre occasioni l”homo sapiens’ o il ‘genere umano’ sono stati oggetto di ragionamenti simili, ma in contesti differenti: da giovane ho ascoltato soventemente militanti di sinistra lagnarsi della naturale propensione dell’uomo all’asservimento, condizione che avrebbe impedito il sorgere del radioso sol dell’avvenire del socialismo. La condanna ambientalista per cui l’umanità è intrinsecamente avviata all’auto-estinzione sembrerebbe più fondata, in realtà basta un minimo di esame critico per scoprire numerose falle logiche:

  • se parliamo genericamente di ‘umanità’ e ‘genere umano’ (in sostanza: se facciamo di tutta l’erba in fascio), dobbiamo immaginare che, ugualmente a quanto accade nelle specie animali, non esistano grandi differenze tra i vari esseri umani per quanto riguarda la capacità di influenzare l’ambiente: il CEO di una multinazionale petrolifera, Donald Trump, un cassintegrato, un boscimane delle foreste, ecc. dovrebbero quindi trovarsi più o meno sullo stesso piano. L’assurdità del ragionamento è palese, specialmente se proviene da un sostenitore del pensiero sistemico, contrario a qualsiasi forma di riduzionismo e semplificazione indebita;
  • le teorie della stupidità suicida di fatto presuppongono che l’homo oeconomicus liberale sia una descrizione perfetta della natura umana e, per dimostrare la loro validità, fanno riferimento ai comportamenti distruttivi delle masse nell’attuale società avanzata. Tuttavia, dal 200.000 a.C fino alla rivoluzione industriale, come hanno fatto i sapiens a sopravvivere e a prosperare malgrado una presunta indole che – senza il contributo dei combustibili fossili e il conseguente iper-sfruttamento di materie prime – avrebbe dovuto portarli all’estinzione del giro di pochi anni? In realtà, molte delle tecniche attuali sul risparmio energetico e la preservazione ambientale spesso non sono altro che rivisitazioni evolute di pratiche premoderne, che quella stessa umanità oggi tanto sprecona aveva perfezionato nel corso dei secoli senza la minima conoscenza dei fondamenti delle scienze naturali; ovviamente, si veniva educati fin dalla prima infanzia a quelli che oggi ci appaiono comportamenti ecologicamente virtuosi. La butto lì: forse quella che chiamiamo ‘natura umana’ non è insita nel DNA ma si radica nell’educazione e nella percezione dei messaggi provenienti dall’esterno?
  • se un certo comportamento è ‘intrinseco alla nostra specie’ e quindi immodificabile, per tutti gli appartenenti dovrebbe essere impossibile elaborare una meta-critica al riguardo, parimenti a quanto accade nel mondo animale. A meno che, ovviamente, chi giudica non appartenga ai sapiens ma sia un neanderthal superstite, un rettiliano o un essere straordinario… forse a un ego tanto critico si oppone un inconscio particolarmente narcisista che ci porta a disprezzare gli altri per aumentare la considerazione di noi stessi?
  • ma veniamo ora al punto che più di tutti si ricollega al tema della sigaretta di Zeno. Se ho dedicato gran parte della mia vita alla diffusione del pensiero ambientalista e, per gli scarsi risultati raggiunti, incolpo di ciò ‘la natura umana’, implicitamente mi assolvo da qualsivoglia responsabilità, dò per scontato di aver attuato tutte le strategie corrette e di non aver commesso errori, salvo quello di aver sopravvalutato l’intelligenza e la sensibilità dei miei simili.

Ecco quindi la consolazione di “credersi grande di una grandezza latente”: l’ecologismo fallisce non per i suoi limiti ma per uno sforzo tanto  titanico quanto frustrato in partenza dall’ignava idiozia delle persone a cui si rivolge. Altro che Svevo e l’inettitudine, qui abbiamo rispolverato niente meno che l’eroe romantico o il super-uomo di Nietzsche!

Posso sembrare sarcastico, in realtà sono molto preoccupato per molti amici sempre più tentati da un demone da cui sono stato spesso sedotto anche io, dal quale in molti casi mi hanno salvato persone esterne alla causa ambientalista che mi hanno messo in guardia dall’arroganza altezzosa celata in certi miei ragionamenti (facendomi capire chi era il vero stupido). Disillussione, amarezza e frustrazione sono pessime consigliere, possono stringere nelle loro possenti spire anche le menti più sensibili e acute. Alex Langer, uno dei maggiori pensatori ecologisti di ogni epoca, si spinse fino al suicidio, nonostante fosse un cattolico praticante. Significative le parole che il politico sudtirolese scrisse in ricordo di Petra Kelly, leader dei verdi tedeschi morta nel 1992:

Forse è troppo arduo essere individualmente degli ‘Hoffnungsträger’, dei portatori di speranza: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le invidie e le gelosie di cui si diventa oggetto, troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere.

Di fronte a un tale concentrato di impotenza, angoscia e mortificazione, è troppo allettante “accendersi una sigaretta” e farne il capro espiatorio della situazione, specialmente se si coltivano intimamente propositi di gesti estremi. Tuttavia, il genere umano non è una sigaretta e, senza quel “carico di amore per l’umanità” a cui accenna Langer – malgrado tutti i suoi errori e le sue molteplici imperfezioni – non c’è ecologia, non c’è ‘salvezza del pianeta’, ma si facilita soltanto l’avvento del disastro.

Immagine in evidenza: Italo Svevo (fonte: Wikipedia).

 

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

3 Commenti

  1. Bell’articolo da rileggere e meditare. Personalmente, credo che il movimento ambientalista abbia fallito perché non è stato capace di creare una mitologia alternativa altrettanto potente di quella sottostante il BAU (compresa la sua variante socialista) e contemporaneamente capace di reggere l’urto con i LTG con le conseguenze annesse. Serve a poco discutere se sarebbe stato possibile. Il fatto è che lo dobbiamo fare, anche se non potrà più essere la stessa. Ora non ci serve più una narrativa che ci guidi ad evitare il disastro, bensì una che ci aiuti a sopravvivergli ed a lasciare il più possibile a coloro che, prima o poi, costruiranno nuove civiltà a partire dai resti di questa.

    • Grazie del commento Jacopo, forse ripensandoci l’articolo è un po’ intempestivo dal momento che ieri ha vinto alle elezioni presidenziali austriache un candidato verde dopo tanto tempo che le formazioni politiche ecologiste (non sto a discutere nel merito del loro reale ecologismo) prendevano solo pugni nei denti. Quanto al secondo punto, credo che sia stato Bertrand Russell a dire che la politica ideale debba essere ispirata all’amore e guidata dalla conoscenza… il pensiero ecologista è stato per lo più influenzato dall’opera di scienziati, per cui o trovi gente dalla carica umana straordinaria come Donella Meadows oppure loro inevitabilmente ti seppeliscono dietro il freddo dato empirico e l’inesorabile dittatura delle leggi naturali. Una cosa bella nel movimento della decrescita è proprio il fatto che molte persone hanno superato determinati stili a prescindere dalla loro intrinseca insostenibilità.

  2. Dopo qualche giorno di malattia sono di nuovo “operativo”.
    Stamattina sono andato all’Istituto di Filosofia dell’Università di Bologna per prendere il libro “Il medium è il massaggio” di Marshall McLuhan e Quentin Fiore). Dopo alcuni chiarimenti con l’impiegata a cui mi sono rivolto per avere il prestito (voleva darmi “Il medium è il messaggio” di non ricordo quale autore) e dopo un’attesa di una ventina di minuti ho finalmente avuto il libro.
    Di pomeriggio sono andato nelle sale di lettura della Sala Borsa per vedere la posta e per fare un commento al mio articolo “Si” o “No! …e dopo? scritto qualche giorno fa e che faceva riferimento al recente referendum.
    Poi ho letto il tuo ultimo articolo.
    Poi ho aperto il libro di cui ho parlato (“Il medium è il massaggio” appunto).
    Nella prima pagina del libro ho trovato la seguente citazione: “I maggiori progressi della civiltà sono i processi che distruggono le società nelle quali si verificano” (A.N. Whitehead).
    Igor, se può esserti di conforto?!
    Ciao
    Armando

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