“Acqua, spartizione di una risorsa”

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(Fredéric Lasserre, 2004, edizioni Ponte Alle Grazie)

Siamo la civiltà dei rubinetti aperti: ogni giorno li apriamo tranquillamente per gli usi più disparati, facendo defluire ettolitri di prezioso liquido che viene utilizzato solo in piccola parte e per il resto finisce col defluire direttamente negli scarichi. Senza nemmeno farci caso, abbiamo dimenticato la nostra immensa fortuna ed anzi la sperperiamo, con la scusa che “la pago, quindi posso farci quello che voglio”, se per semplice sbadataggine o peggio ancora menefreghismo, ignorando tutto l’immenso lavoro che porta l’acqua potabile dalla fonte fino nelle nostre condutture.

L’acqua abbonda sulla Terra, ma il 98% di essa è salata, il 2% è acqua dolce e appena un magro 0,02% del totale è utilizzabile dall’uomo. Dunque la quantità d’acqua dolce disponibile è di circa 6.900 metri cubi per abitante all’anno; una quantità apprezzabile.(…) Dietro questa apparente abbondanza si nascondono diseguaglianze territoriali. L’acqua sulla Terra è drammaticamente mal distribuita: mentre alcuni paesi dispongono di grandi quantità d’acqua, altri invece devono cavarsela con risorse idriche rinnovabili molto limitate. L’Asia, che conta il 61% della popolazione mondiale, possiede solo il 36% delle risorse idriche utilizzabili; l’Europa ospita il 12% della popolazione ma l’8% delle risorse idriche; al contrario, in America del sud vive il 6% dell’umanità, ma vi troviamo il 26% delle risorse.

(Pagine 5 e 6)

E’ più o meno lo stesso problema del cibo: varie fonti confermano che nel mondo verrebbe prodotta una quantità di cibo tale da soddisfare il fabbisogno di oltre 10 miliardi di persone, ma nonostante ciò intere popolazioni rischiano letteralmente di morire di fame, mentre noi buttiamo nella pattumiera il 30% del cibo che acquistiamo. Risulta chiaro quindi che si tratta solo di un problema di cattiva distribuzione, legata in parte ad una sfortunata distribuzione naturale, ma anche – e questo è grave – ad egoistici fattori politici e economici, di cui noi siamo parte attiva ed integrante.
Le stesse abitudini alimentari di tipo occidentale, che prevedono un esagerato consumo di carne, stanno prendendo sempre più piede nei paesi dell’estremo oriente o in quelli che definiamo “in via di sviluppo”, portando purtroppo ad un aumento enorme del consumo di acqua e ad uno sfruttamento sempre più intensivo di appezzamenti di terreno, necessari per allevare un numero di capi in costante aumento. Tutto ciò porta ad un rapido esaurimento delle risorse naturali, senza dar modo alla natura di rimpiazzarle in maniera adeguata nel tempo. Illuminante è a tal proposito la seguente tabella presa da pagina 42, che indica le

Quantità d’acqua approssimativamente necessarie per la produzione di un chilo di derrate alimentari:

Patate: da 500 a 1.500 litri

Grano: da 900 a 2.000 litri

Erba medica: da 900 a 1.200 litri

Mais: da 1.000 a 2.000 litri

Agrumi: circa 1.000 litri

Soia: da 1.100 a 2.000 litri

Riso: da 1.900 a 5.000 litri

Pollo: da 3.000 a 5.700 litri

Pecora: circa 10.000 litri

Manzo: da 15.000 a 70.000 litri

Quella dell’acqua potabile è una questione di FONDAMENTALE importanza. L’acqua è l’origine di ogni forma di vita, la fonte attorno alla quale innumerevoli popolazioni e civiltà sono nate e progredite, e per accedere alla quale scoppiano sempre più spesso furibonde dispute che non di rado sfociano in vere e proprie guerre dell’acqua.

Il compito dei gestori delle risorse idriche non è per niente facile: la loro missione è quella di assicurare il soddisfacimento dei bisogni fondamentali e di quelli voluttuari. Questa non è una risorsa come le altre: necessaria per alcune attività come l’agricoltura o numerosi processi industriali essa viene anche percepita come un diritto fondamentale. Senza di essa non si può vivere. L’acqua è un elemento fondamentale per la vita perché la dobbiamo bere per vivere, ma anche perché ne abbiamo bisogno per produrre il nostro cibo. A tutto ciò si aggiunge la dimensione geopolitica dell’agricoltura, simbolo tangibile dell’appropriazione dello spazio. Si capisce allora che gestire la domanda idrica non è un compito paragonabile a quello della gestione dell’approvvigionamento di gas, elettricità o benzina

(Pagina 155)

Una volta appurata la situazione, sorge spontaneamente la questione su cosa possiamo fare pure noi singoli cittadini per affrontare la situazione. E’ vero che buona parte dell’acqua potabile mondiale viene utilizzata appunto nell’agricoltura e in vari processi industriali, e quindi dovrebbe essere compito di governi ed istituzioni cominciare subito a rimodulare usi e consuetudini ormai radicate al fine di permettere una migliore redistribuzione di questo prezioso liquido. Ma anche noi singoli cittadini dovremmo cominciare a fare la nostra parte perlomeno nella vita di tutti i giorni.

Qualcuno allora dirà un po’ stizzito: “Ecco un altro ambientalista politicamente corretto che pensa che chiudendo l’acqua corrente quando ci si lava i denti si possano risolvere i problemi della carenza d’acqua nel mondo!” Certo che no, il comportamento virtuoso di una sola persona non può risolvere molto, ma può essere contagioso e moltiplicare i suoi effetti. E comunque non può essere una scusa, specialmente se si tiene conto che il problema principale è che di acqua potabile in termini assoluti ce ne sarebbe abbastanza per tutti, ma è terribilmente mal distribuita in sul globo.

Un libro che ha ormai vent’anni ma, ahimè, rimane terribilmente attuale.

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Nato nel 1969 a Pesaro, nel 1988 mi sono diplomato come Perito Turistico e nel ’93 ho completato un corso di Operatore di Marketing per PMI. Dopo quarant’anni vissuti sulla riviera romagnola, mi sono sposato e trasferito nelle Marche. Entrato molto presto nel mondo del lavoro (più per necessità che per scelta), ho avuto modo di notare con dispiacere che alla medesima domanda, ovvero: “Cosa serve per vivere?” una volta avremmo risposto “Un tetto, cibo ,acqua e la salute”, mentre ora semplicemente “Servono i soldi”. Questa triste constatazione mi ha fatto capire di essere sostenitore della decrescita già molto tempo prima di aver conosciuto il termine.

2 Commenti

  1. Bentornato Mirko
    In riferimento al tema del tuo articolo devo dire che è tutta colpa del petrolio, abbondante, facilmente estraibile e a basso presso che, come diceva un certo Aurelio Peccei una quarantina di anni fa, ci ha fatto vedere la vita in rosa e trasformabile a nostro piacimento.
    Purtroppo cambieremo comportamento non in seguito alla presa di coscienza di quanto ci aspetta dietro l’angolo ma solamente quando “avremo l’acqua addosso “(è un detto del mio paese) cioè solamente quando saremmo investiti sempre più intensamente dai disastri dovuti ai cambiamenti climatico/ambientali e/o non potremmo disporre di combustibili fossili in abbondanza.
    In passato mi sono interessato più volte del problema dell’approvvigionamento di acqua facendo sia ricerche sul campo che bibliografiche e pubblicando diversi articoli su questo blog.
    A presto

    • Grazie del saluto Armando!
      E’ sicuramente un problema trasversale, che potrà essere risolto o almeno attenuato solo quando la risorsa acqua non verrà più trattata come una qualunque altra merce, e quindi la sua distribuzione sarà regolata da principi universalmente accettati, che esulino da qualsiasi regola mercantilistica. Ma la vedo dura al momento.

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