Il messaggio di World3 / DFSN TV

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Ideato all’inizio degli anni Settanta e poi costantemente perfezionato nel corso degli anni, World3 è un modello previsionale che, per quanto non vada considerato alla stregua di un oracolo, ci fornisce preziosissime indicazioni su come affrontare le difficili sfide legate al raggiungimento dei limiti planetari, smentendo luoghi comuni consolidati.

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

1 commento

  1. Prima di tutto desidero complimentarmi con Igor per l’ottima sintesi, oltre che per avere riproposto il tema evidenziato dal lavoro dei Meadows che, con buona pace dei detrattori, rappresenta ancora un validissimo punto di riferimento per chi vuole tentare di capire l’attuale realtà economico-sociale del pianeta.

    Come Igor ha opportunamente osservato, le quattro obiezioni mosse contro The limits to growth, sono poco piu’ apprezzabili di quelle mosse dal Cittadino Weston a Marx.

    Vediamole, punto per punto:
    1) Il modello dei Meadows aggrega troppe variabili non omogenne tra loro.
    Allora sono troppe o sono poche, come afferma Vaclav Smil?
    Detta così la cosa è alquanto capziosa. Non ha senso parlare di “troppe” o di “poche” nella ricerca di tipo ambientale , economico-sociale o macroeconomico.
    In statistica, nella generalità dei casi, quando si utilizzano i metodi univariati e multivariati, si formula un ipotesi ( chiamata Ipotesi Nulla); se non altro per respingerla, quando si vuole dimostrare che esistano delle “cause efficaci” tali da mutare l’equilibrio tra le variabili considerate.
    E’ il caso della legge Boyle e Mariot sui gas; i quali mantengono una condizione di equilibrio se rimane invariata la temperatura e la pressione.
    In questo tipo di ricerche, al contrario di quanto è stato affermato, non serve la “coerenza” a priori tra variabili apparentemente incorrelate; così come non ha senso limitarne il numero.
    Io posso anche ipotizzare che le persone coi capelli rossi sono piu’ bugiarde di quelle coi capelli neri, oppure che chi ha i capelli biondi è piu’ soggetto al raffreddore di chi li ha castani. Poi, naturalmente, sono tutte ipotesi che vanno dimostrate.
    Però, a priori, senza evidenza empirica ed uno studio di merito, nessuno può escludere che le ipotesi circa i rossi e biondi di capelli siano vere.
    Per fortuna le nuove tecniche statistiche, in auge soprattutto dagli anni 2000, ci consentono di prendere in cosiderazione un gran numero di variabili, senza peraltro formulare ipotesi a priori.

    E’ il caso di un ecosistema: chi può dire, a priori, cosa sia importante nei suoi delicati equilibri?
    In un ecosistema convivono micro, meso macrofauna, animali superiori, vegetali. Contano moltissimo le variazioni climatiche ( piovosità, temperature, umidità, vento) conta la textura del terreno, l’imbibimento del piano di campagna, la chimica del terreno, la conformazione geologica.
    Chi, in coscienza, a priori, può dire cosa sia importante e cosa no nella valutazione dell’abbondanza, ricchezza oppure stress di un ambiente se non si studiano a fondo le molte variabili che compongono il “tutto”?
    Molto opportunamente, Igor ha sottolineato come abbia poco senso espungere una variabile dal contesto. Io posso anche analizzare le serie storiche della ventosità in un dato periodo; così come la direzione dei venti. Ma se non correlo queste due variabili con le altre che agiscono su un certo areale che informazioni posso sperare di ottenere della complessità dei fenomeni congiuntamente considerati?
    Tecniche come quella di “randomForest” o delle “reti neurali” consentono di “setacciare” le variabili per la loro importantza e di gerarchizzarle nel modello teorico rappresentativo del fenomeno indagato.
    In questo modo le obiezioni circa le “poche” o “troppe” variabili considerate viene a cadere.

    2) è ignorato il feed back.
    A me sembra il contrario. Sono i detrattori di “The limits to growth” che non valutano il feed back, che negano l’evidenza, in funzione della sacralità del modello capitalistico, mantra degli ultimi due secoli.
    In realtà il modello dei Meadows è dinamico e le serie storiche delle variabili considerate consentono in qualsiaasi istante Tk del campo di esistenza di fare tutte le verifiche del caso.
    Se c’è un aspetto a cui gli statistici sono molto attenti è ai meccanismi di retroazione e le capacità di reazione ai fenomeni degeneri.
    Per esempio, in linea teorica, è stato osservato che l’emissione in atmosfera di un volume di anidride carbonica di tre ordini di grandezza superiore a quella del periodo precedente alla Rivoluzione Industriale non sia piu’ assorbibile dal patrimonio forestale del pianeta e dagli oceani.
    Questo è vero ; anche se il fenomeno degenere non ha andamento lineare; perchè, in qualche modo il feed back terrestre mette in atto azioni correttive. Il carbonio è la terza molecola disponibile in atmosfera ed è essenziale per la fotosintesi clorofilliana.
    Studi recenti hanno dimostrato che, una maggiore disponibilità di CO2 si accompagna ad un aumento della massa degli alberi, ad una loro maggiore crescita in altezza. Dunque, in qualche modo, Gea tenta di assorbire i volumi di CO2, mille volte superiori a quelli precedenti al XVIII secolo.
    Non di meno questo “rallentamento” non riesce ad arrestare la saturazione e la capacità di metabolizzare il surplus di CO2

    3) non si parla di prezzi.
    Parliamone pure dei prezzi. Qualcuno può affermare che, all’economia capitalistica, soprattutto dei paesi piu’ avanzati, il dimezzamento del prezzo del greggio al barile non stia mettendo in ginocchio le loro economie piu’ di quanto sia successo, quando per un barile di petrolio, ci voleva piu’ del doppio dei dollari attuali? L’uso della leva monetaria non sta facendo piu’ danni dello stesso paventato picco di Hubbert? E, alla lunga, non potrebbe ridisegnare gli equilibri geopolitici del pianeta?
    Naturalmente i Medows, come chiunque altro, non hanno preteso essere degli indovini.
    Il modello World3, essendo dinamico, può benisismo autocorreggersi, in funzione dei recenti eventi macroeconomici. Ma ciò non sposta la questione di fondo: questa civiltà, basata sulle risorse non rinnovabili, entrerà in crisi molto prima che si esaurisca il petrolio. Proprio perchè imploderà, a causa delle sue contraddizioni e insostenibilità.

    4) non contempla lo sviluppo economico e la capacità creativa del “sistema” di reagire agli eventi negativi, con opportune azioni correttive.
    Nessuno nega che, nel breve periodo e su aspetti limitati, vi sia anche una certa correzione di rotta. Per esempio non c’è monopolista che non parli di “green economy”; oppure di utilizzo di fonti alternative ai combustibili fossili.
    Ma, a conti fatti, è il sistema-idrovora basato sul consumismo che condanna se stesso alla capitolazione. Non basta qualche espediente, qualche misura alternativa per bloccare e invertire il processo degenere dell’attuale sistema.
    Se il paradisgma rimane quello della crescita, dell’aumento dei consumi, non saranno certo i biocarburanti a risolvere la crisi sistemica. Anzi, se valutiamo il consumo di sulo, la distrazione di terreni prima destinati all’alimentazione umana, l’incremento delle deforestazioni per trovare nuovo suolo disponibile per le coltivazioni , non fanno altro che aggravare il problema; allo stesso modo di chi, caduto nelle sabbie mobili, si agita in maniera scomposta.
    In definitiva, non c’è alternativa alla decrescita, all’uso razionale e sobrio delle risorse, al profondo ripensamento circa i consumi o, per meglio dire, della logica consumistica.

    Comunque lo si guardi, World3 è un modello appropriato e, come ha osservato Igor, nemmeno improntato ad artificioso pessimismo.
    Tutto è perfettibile. Un esempio ci viene dal Servizio Metereologico. Oggi, per analizzare i miliardi di informazioni al secondo, necessarie per elaborare un modello metereologico globale, vengono impiegati i cosiddetti “super-computer”. Servono infatti molti terabyte al secondo per analizzare i complessi fenomeni su scala globale. Dunque , se si vule potenziare World3 , sicuramente è possibile farlo: impiegando risorse e mezzi. Ma, assai probabilmente, queste ipotetiche innovazioni non metterebbero di sicuro in discussione il lavoro fino a qui svolto che, sino a prova contraria, si è dimostrato alquanto predittivo.

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