Riflessione sul Kazakistan (e sul mondo)

0
981

La violenta repressione delle recenti manifestazioni in Kazakistan contro il rincaro dei prezzi del gas, benché descritta dai media in quasi tutta la sua crudezza (in particolare per quanto concerne l’ordine impartito dal presidente Kassym-Jomart Tokayev di sparare sulla folla, a suo dire formata da “terroristi” e “militanti manovrati da agenti stranieri”), non ha suscitato particolare indignazione a livello internazionale: Russia e Cina hanno addirittura sostenuto pubblicamente l’operato del governo (Putin ha inviato addirittura delle truppe), mentre gli altri, a parte qualche dichiarazione di circostanza, hanno per lo più fatto spallucce.

In un post pubblicato su Facebook, Luca Pardi (ricercatore del CNR esperto in questioni energetiche) ha sintetizzato efficacemente la posizione di questo oscuro paese asiatico nello scacchiere geopolitico globale:

“Il Kazakistan è luogo molto interessante. Petrolio e gas vengono estratti nell’area occidentale dove sono consorziate molte compagnie petrolifere multinazionali occidentali (incluso ENI), cinesi e russe. Da venti anni sentiamo parlare del campo petrolifero gigante off-shore del Caspio denominato Kashagan. Il petroliere iraniano Samsam Al Baktiari ce ne parlò quindici anni fa a Firenze in un convegno di ASPO. 38 miliardi di barili (OOIP) con un mediocre fattore di recupero previsto (15%), concentrazione di acido solfidrico elevatissima (15-20%), pressioni inusitate (800 Bars), profondità di 4000-5000 metri, rocce antiche a bassa porosità e permeabilità (il che penso contribuisca al basso fattore di recupero), condizioni climatiche estreme (escursione termica inverno estate -40 -40 °C). Ha causato diversi problemi ambientali seri. Unico vantaggio è off-shore, ma in acque basse (5- 10 metri) tanto che almeno parte delle infrastrutture sono su isole artificiali. Questo il campo petrolifero del nord Caspio di cui sentiamo parlare da venti anni. È entrato in produzione nel 2016 e produce intorno a 450mila barili al giorno. Nell’ambiente delle compagnie petrolifere il Kashagan era stato rinominato Cash All Gone. Forse ora sta iniziando a restituire qualcosa. Direi che il Kashagan rimane il paradigma degli effetti della depletion, cioè della fine del petrolio facile. Il Kazakistan è anche il primo produttore mondiale di uranio e il secondo per riserve. Tutti sono interessati a questo paese nel centro dell’Asia.”

In sostanza, il disinteresse generale per le crudeltà di Tokayev sembra basarsi sullo stesso tipo di ragionamento machiavellico che, ad esempio, ha spinto a suo tempo Mario Draghi a definire Recep  Erdogan un “dittatore utile”: si parla cioé di persone molto ‘antiestetiche’ ma che rendono un servizio fondamentale per il buon funzionamento del sistema-mondo, ossia contrastare le ondate migratorie nel caso turco e rifornire di risorse preziose Cina, Russia e Occidente in quello kazako.

Essere periferici nell’economia globale, ossia limitarsi a esportare materie prime grezze, è sempre stata una posizione scomoda, soprattutto perché significa vincolare benessere e stabilità politica alle fluttuazioni delle quotazioni di tali beni, con tutto ciò che questo può comportare.

Tuttavia, così come il riscaldamento globale sembra accanirsi principalmente su alcune delle nazioni che meno hanno contribuito a causarlo, alla stessa maniera chi ha goduto in misura limitata dei benefici di crescita & sviluppo sembra subire sulla sua pelle gli effetti più deleteri dei prodromi della ‘stagnazione secolare’ (o di qualcosa di peggiore).

Tuttavia, proprio come il global warming, Kazakistane affini rappresentano tumori localizzati destinati a degenerare in un cancro dell’intero organismo. Possiamo disinteressarci della sorte delle vittime sacrificali di turno e sdoganare esplicitamente ogni sorta di mors tua vita mea, ma così facendo siamo destinati a ricevere indietro con gli interessi i frutti della nostra ignavia e del nostro opportunismo.

Fonte immagine in evidenza: Fatto Quotidiano

CONDIVIDI
Articolo precedenteIstantanee dal 2021: Covid, Kabul e COP26
Articolo successivoElezioni presidenziali in Draghistan
Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.