Aboliamo l’umanità

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“…esiste oggi tutta una letteratura, che attira l’attenzione di milioni di lettori, centrata su questo pessimismo nei confronti della civiltà sé per sé. Tale letteratura presenta la tecnologia come contrapposta a una presunta natura organica ‘vergine’, la città come contrapposta alla campagna e la campagna contrapposta alla natura ‘selvaggia’, la scienza come contrapposta al ‘rispetto’ per la vita, la ragione come contrapposta all”innocenza’ dell’intuizione, insomma l’umanità come contrapposta a tutta la biosfera… Questo pessimismo è alimentato, un giorno dopo l’altro, da sociologi che attribuiscono i
nostri difetti ai cromosomi, da antiumanisti che deplorano la nostra sensibilità «antinaturale», e da «biocentristi» che disprezzano le nostre qualità razionali pretendendoci non diversi nella nostra unicità dalle formiche… E di vitale importanza, per queste misture di sensazioni e idee precise, che le varie forme, istituzioni, relazioni che costituiscono ciò che chiamiamo «società» siano in larga misura ignorate. Proprio come vengono usati termini tipo «umanità» o vocaboli zoologici come homo sapiens, che celano le grandi differenze, e spesso gli aspri conflitti, che esistono tra i bianchi privilegiati e la gente di colore, tra gli oppressori e gli oppressi, allo stesso modo parole vaghe come «società» o «civiltà» nascondono l’esistenza di grandi differenze tra le società libere, non gerarchiche, senza classi e senza Stato, e quelle più o meno gerarchiche, classiste, statalizzate e autoritarie. La zoologia rimpiazza un’ecologia ad orientamento sociale e le cosiddette «leggi naturali», basate sulle oscillazioni di popolazione tra gli animali, rimpiazzano i conflitti di interesse economici e sociali. Non dimenticherò tanto facilmente la mostra «ambientalista» organizzata negli anni ’70 dal Museo di Storia Naturale di quella città [New York, ndr], con una lunga serie di scenografie che mostravano al pubblico esempi di inquinamento e distruzione ecologica. L’ultima di esse, quella che concludeva la mostra, portava l’incredibile titolo «L’animale più pericoloso della Terra», e consisteva unicamente di un grande specchio che rifletteva l’immagine del visitatore che si fosse trovato a sostare di fronte ad esso. Ho ancora in mente l’immagine di un bambinetto nero che guardava lo specchio, mentre il suo maestro bianco cercava di spiegargli il messaggio che l’arrogante scenografia tentava di comunicare.
Non c’erano scenografie rappresentanti gli staff dirigenziali delle industrie che decidono di disboscare montagne intere o funzionari governativi che agiscono in collusione con essi. Il messaggio della rappresentazione era uno solo, fondamentalmente antiumano: sono gli individui come tali, non la società rapace e coloro che ne beneficiano, ad essere responsabili degli squilibri ecologici, i ceti poveri tanto quanto quelli ricchi, la gente di colore non meno dei bianchi privilegiati, le donne non meno degli uomini, gli oppressi
non meno degli oppressori. Una mitica «specie umana» rimpiazza così le classi, gli individui rimpiazzano le gerarchie, i gusti personali (molti dei quali sono modellati dai media) rimpiazzano i rapporti sociali, e i diseredati che vivono magre ed isolate esistenze rimpiazzano le multinazionali, le burocrazie aggressive e le manifestazioni violente dello Stato”.

Non ho potuto astenermi dal riportare queste lunghe citazioni tratte dal libro Per una società ecologica di Murray Bookchin per il semplice motivo che, a parole mie non avrei mai saputo rendere così bene il messaggio. L’attuale mondo ecologista (e non solo), in tutte le sue sfacettature, mi sembra decisamente indulgere su di un concetto totalizzante di umanità che non solo cancella politica e società, ma getta un velo su privilegi, ingiustizie e discriminazioni di ogni genere. Se l’essere umano è ‘intrinsecamente distruttivo dell’ambiente’, allora siamo tutti colpevoli ma, come è noto, tutti colpevoli = nessuno colpevole, e qualsiasi comportamento in definitiva è legittimato – se la distruzione ambientale è la mia vera natura come posso contrastarla?* Non è forse che questo generico parlare di ‘umanità’, ben lungi dal favorire un progresso morale o dal proporre una ricostruzione verosimile della realtà, serva soltanto a coprire interessi di parte e diversi gradi di responsabilità? E se sì perché dobbiamo renderci complici di ciò? Come mai siamo capaci di ‘pensare sistemicamente’ rintracciando la complessità persino in una pozzanghera ma ci scopriamo irrimediabilmente riduzionisti e semplicisti quando analizziamo quel fenomeno estremamente variegato chiamato società umana? Perché e per quale ragione l’intelligenza si trasforma improvvisamente in rozza stupidità?

*Non è un caso che tale argomentazione (l’umanità da sempre distruttiva nei confronti della natura) sia utilizzata da persone quali Chicco Testa per giustificare l’attuale modello di sviluppo.

 

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