Qualche giorno fa, Luca Pardi ha pubblicato sul sito di ASPO Italia una considerazione su di un’analisi presente nel rapporto World Energy Outlook 2018 rilasciato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). La sua attenzione si è concentrata sulla seguente previsione relativa alla produzione di petrolio:
LA IEA, un ente per nulla accusabile di essere una Cassandra e anzi solitamente tendente all’ottimismo esagerato (a causa anche dell’influenza esercitata dalle grandi compagnie del settore idrocarburi) ammette candidamente che, “senza nuovi investimenti”, il declino dell’estrazione di greggio assumerà contorni molto più funesti di quelli descritti da Marion King Hubbert (il ‘padre’ del picco del petrolio), simili al ‘dirupo di Seneca’ preconizzato da Ugo Bardi. Inutile aggiungere che “nuovi investimenti” significherebbero un significativo aumento del prezzo al barile (già oggi tendente ad assestarsi sui 60-80 dollari, dopo i consistenti ribassi degli ultimi anni) che con ogni probabilità non solo tarperebbe qualsiasi illusione di ripresa ma potrebbe provocare una nuova crisi, potenzialmente ancora più rovinosa di quella del 2008. Non è affatto casuale che un entità poco tacciabile di simpatie ambientaliste, come Bloomberg, stia investendo massicciamente nelle energie rinnovabili e sostenendo piani molto ambiziosi di decarbonizzazione dell’energia.
Sono sempre molto incuriosito quando soggetti distanti anni luce dal mondo della decrescita (e dell’ecologismo radicale in genere) se ne escono con valutazioni non molto dissimili da quelle delle loro controparti. La stessa IEA, già nel 2017, aveva chiaramente lasciato intendere che, salvo evoluzioni tecnologiche sbalorditivamente rapide, era una pia illusione conciliare la crescita economica con gli obiettivi della Conferenza sul clima di Parigi COP 21 (450 Scenario).
Ancora prima, Larry Summers, ex ministro del Tesoro dell’amministrazione Clinton e uno dei massimi artefici del neoliberismo, aveva ammesso il pericolo concreto di una ‘stagnazione secolare’ a livello mondiale; nel medesimo periodo, economisti di scuola keynesiana (come l’Italiano Mauro Gallegati) ragionavano seriamente sulle potenzialità di un’economia stazionaria, attenzione confermata dal crescente interesse dell’Unione Europea per i teorici dell’era post-growth. Tutto ciò condito dalle preoccupazioni di George Soros di un imminente crack finanziario.
Insomma, sembra che qualcosa si stia davvero smuovendo, non a livello della politica politicante (governatori, parlamentari, ministri, ecc) ma tra l’alto funzionariato e i membri dell’élite che gravitano attorno alla politica influenzandola pesantemente – se non proprio burattinandola, in determinate situazioni. Forse è arrivato il momento di guardare certe persone nelle palle degli occhi, per quanto assai differenti da noi, affrontando alcuni discorsi scottanti.