O geopolitica o biosfera

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Il titolo dell’articolo non è farina del mio sacco, l’ho preso in prestito da un contributo di Mario Agostinelli su democrazia km zero. Mi scuso per il plagio, ma non riesco a trovarne uno più adatto per riassumere tutti i dubbi legati alla fascinazione che la Russia – e in particolare il suo presidente  Vladimir Putin – esercitano su molti settori del mondo intellettuale non-mainstream, comprese alcune persone, come Giulietto Chiesa o Diego Fusaro, che si sono pubblicamente espresse a favore della decrescita.

Già mi sembra di sentire l’accusa di essere vittima della propaganda ‘filoamericana e russofoba’, fatto molto curioso visto che da sempre vengo tacciato di antiamericanismo. Tuttavia, sono consapevole della mitologia negativa che aleggia intorno al leader russo, per cui una piccola premessa si rende necessaria.

Chi scrive ritiene che Putin abbia rappresentato un notevole salto di qualità rispetto al predecessore Boris Eltsin, un corrotto che aveva svenduto il proprio paese all’Occidente. Malgrado un’indubbia gestione personalistica del potere, sotto la sua guida la Russia ha ritrovato una dignità perduta, in una lotta aspra ma vittoriosa contro gli oligarchi privati (e mafiosi) che si erano impadroniti delle risorse nazionali per ottenere lucrosissime rendite senza alcun ritorno per il benessere generale; oggi plutocrati e boiardi di stato sono sempre attuali, ma non possono più dettar legge incontrastati. Quando la Russia si è trovata coinvolta in gravi tensioni con stati ex sovietici entrati nell’orbita atlantica (vedi Georgia e Ucraina), la stampa occidentale ha mantenuto un atteggiamento che chiamare parziale è riduttivo e le attuali sanzioni economiche a Mosca sono un insulto all’intelligenza. Tenendo conto anche dei precedenti storici all’insegna dell’autocrazia, la parvenza di democrazia russa ha ben poco da invidiare ai regimi politici di altri paesi che godono di alta stima e considerazione in Occidente. Sicuramente Putin, che ha risvegliato un forte sentimento nazionale (consolidandolo attraverso una fruttuosa alleanza con la Chiesa Ortodossa), è sostenuto dalla maggioranza dei suoi concittadini, così come esistono minoranze che non apprezzano il suo potere paternalista, senza per questo essere state create ad hoc dalla Casa Bianca (ricordiamoci che Hitler, Stalin e Mao a loro tempo godettero di un grande supporto popolare, mentre liberali e democratici nei primi anni della Restaurazione erano solo piccoli gruppi le cui fila si sono poi ampliate senza per questo essere foraggiate dall’estero).

Sono altresì convinto che un mondo multipolare sia sempre preferibile ad uno unipolare, a prescindere dai ‘poli’ che lo formano. E’ da escludere che Putin pensi a un nuovo ordine mondiale a guida russa perché, per quanto ambizioso e machiavellico, non è certo stupido e irrealista. Credo sia necessario lavorare per un riavvicinamento dell’Europa alla Russia, anche perché la formazione di un asse USA-UE opposto a uno Russia-Cina può essere solo foriero di guai.

Questo atteggiamento prudente è ben diverso dall’entusiasmo di chi arriva a definire Putin il ‘leader del mondo libero’ (Pino Cabras) o di chi si spinge a dichiarare – dopo il sostegno militare accordato dal leader russo al presidente siriano Assad contro l’ISIS – che “un tempo difendeva solo la Russia. Adesso difende la pace, cioè difende tutti noi” (dalla pagina Facebook di Giulietto Chiesa). Tra l’altro, l’appello all’ONU del presidente russo per una “coalizione internazionale contro il terrorismo come facemmo contro il nazismo” pare riciclato da vecchi slogan di George W.Bush (“dobbiamo fermarli prima che giungano da noi” sembra invece ispirato da Daniela Santanché), che se non ricordo male non hanno mai scaldato il cuore degli attuali esponenti filorussi

C’è chi pensa che l’infatuazione per la Russia e per il suo esecutivo ‘forte’, a destra come a sinistra, faccia breccia specialmente tra coloro che ancora vedono nello stato un mezzo di progresso ed emancipazione, da opporre alla ‘debolezza’ dei governi occidentali accucciati sui dettami neoliberisti e ingabbiati dalla tirannia del mercato e delle organizzazioni sovranazionali quali UE o FMI. Sospetto però che tale ostentazione di forza serva soprattutto per sostenere un’economia che, per quanto aperta agli scambi globali e dinamica sul piano della crescita, presenta molte inefficienze e ritardi di sviluppo, è massicciamente sostenuta dallo stato e si regge principalmente sull’esportazione di materie prime (e armi). Come se non bastasse, Transparency International colloca il gigante euro-asiatico tra le nazioni più corrotte del pianeta.

Malgrado il ragguardevole successo di aver impedito la trasformazione della Russia in uno stato-mafia, Putin non può vantare molti altri meriti nel campo del progresso sociale: siamo di fronte a una nazione sostanzialmente ‘turbocapitalista’, dilaniata da profonde disuguaglianze (l’indice di Gini russo è peggiore di quello statunitense), dove l’assistenza sociale è modesta, l’Indice di sviluppo umano talmente basso da non apparire tra le prime cinquanta nazioni del mondo (persino Estonia, Lettonia e Bielorussia sono state capaci di meglio) e i mantra dell’austerità sembrano aver trovato orecchie interessate anche a Mosca. In compenso, si trova nella triste top ten dei paesi a maggior mortalità, davanti a molti paesi africani – come Repubblica centrafricana, Lesotho, Ciad, Mozambico, Angola e Nigeria) che nell’immaginario colletivo rappresentano la povertà e la miseria per antonomasia.

Tuttavia, la Russia manifesta un lato persino peggiore sul piano ambientale, cosa che dovrebbe far seriamente riflettere tutti i sostenitori della decrescita apertamente filoputiniani. Se si può forse perdonare alla nazione più vasta del pianeta di essere il quarto emettitore di gas serra al mondo, è già più riprovevole che le sue emissioni pro capite superino quelle tedesche. Con il business del gas principale asset nazionale, Gazprom non si fa particolari scrupoli riguardo alla possibilità di compiere trivellazioni nel circolo polare artico; circa l’1% delle emissioni globali di diossido di zolfo provengono dal distretto industriale di Noril’sk, e più in generale il trattamento dei rifiuti tossici è condotto con molta superficialità. Secondo i dati più aggiornati della IEA, eolico e fotovoltaico sono praticamente sconosciuti, mentre carbone e scarti di produzione del petrolio sostengono massicciamente il gas nella produzione di elettricità. Nel ranking dell’Enviromental Performance Index (EPI), la Russia occupa il 73° posto – peggio di Albania, Azerbaijan e Montenegro, per intenderci – e molti stimati studiosi  (tra cui Ugo Bardi) hanno constatato il sostanziale disinteresse della comunità scientifica russa per le problematiche relative ai limiti dello sviluppo.

Insomma, se è doveroso battersi sempre e comunque per la ricerca della verità contro ogni sorta di manipolazione, non bisogna pensare che Vladimir Putin e la sua Russia siano la soluzione: essi sono parte integrante di un problema più grande. Per quanto sia impossibile ignorare le tensioni internazionali ed è anzi opportuno interessarsi affinché non degenerino fatalmente e battersi per un equilibrio più equo possibile, non si può sacrificare la biosfera sull’altare della geopolitica, per di più in nome del ‘realismo’, in realtà atteggiamento incosciente da giocatore di Risiko. ‘Realismo’ non può essere la scelta del male minore destinato a provocare la catastrofe peggiore.

Immagine in evidenza: Vladimir Putin (fonte: Wikipedia)

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

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