Vendersi i piedi per comprarsi le scarpe

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E’ da tanto che sono attanagliato da un malessere che,anche se quantificato e di provenienza conosciuta,non riuscivo a descriverlo nero su bianco.Il problema è politico,nel senso che è la vita che abbiamo nel contesto sociale quotidiano che non funziona più.I media continuano insistentemente a parlare di sentimenti nazionali di antipolitica,penso che questo non sia fatto a caso,ma è una vera campagna di attacco alla società “vera” ,formata da individui veri,perchè se si parla di sentimento nazionale,questo deve essere visto come una volontà di fare e vedere le cose in modo diverso da quello che stiamo vivendo.Quindi questa è politica,andare a comprare il pane tutte le mattine o una volta alla settimana è politica,delegittimare sentimenti di libertà con il marchio di qualunquismo o insurrezionalismo è invece antipolitica atta a disgregare una società che sta diventando sempre più consapevole.In tutto questo ,gli apparati che per anni hanno gestito male per propri interessi i nostri beni comuni si trovano con le spalle al muro perchè sentono che il terreno sotto i loro piedi è friabile e il crollo è imminente,e non è un caso che destra,sinistra,centro,termini che non hanno nessun vero valore,si sono uniti,hanno fatto quadrato,sotto l’egidia “illuminata” di banchieri .
Tutto quello che ci viene proposto,e sempre con più forza,anche fisica, sotto una patina edulcorata nasconde interessi economici nefandi.
Dobbiamo assolutamente emanciparci da tutto quello con il quale siamo cresciuti e abbiamo ragionato fino ad ora,oggi le vere scelte politiche devono avere come fulcro l’ambiente e tutte le persone che si candidano ad amministrare il nostro benessere sociale devono avere idee precise in tal senso.Chi pensa che questo sia di secondaria importanza,o comunque venga ragionato nei termini del”si,però” è co-responsabile di crimini contro l’umanità.Se si pensa che la natura e l’ambiente che ci circonda sia un ostacolo al benessere sociale e quindi possa essere violentato o,comunque immolato,al totem della crescita è appunto come quel tizio che si vende i piedi per comprarsi le scarpe.Cosa ce ne facciamo di grandi opere ,del TAV,di grandi industrie che per produrre inquinano sempre di più ,se poi non abbiamo un fazzoletto di terra per coltivare,non sappiamo dove fare una passeggiata,la nostra alimentazione diventa sempre più chimica e ci ammaliamo sempre di più.Come facciamo a restare umani.E’ il momento cruciale per decidere da che parte stare,o con o contro l’umanità,o con o contro noi stessi.E’ il momento di non avere paura a riprendersi termini come ribellione,qualsiasi essere vivente lo farebbe per istinto di conservazione,il nostro dove è finito?

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5 Commenti

  1. ciao emanuele. sono perfettamente d’accordo con te! però (giusto per stimolare la discussione) vorrei fare emergere una criticità da questo tuo ragionamento che per noi è lapalissiano…
    perchè se noi abbiamo una corretta visione delle cose (io ne sono convinto, ma noi figli di cartesio mettiamo tutto in dubbio per fortuna) stentiamo così tanto a raggiungere una massa critica tale da cambiare le cose con le nostre piccole azioni?
    i media sopraffacenti? il lavoro alienante che toglie la capacità di pensare? un’istruzione castrata?

    secondo me, mi spiace pensarlo e anche dirlo, buona parte delle persone non ha più la voglia di impegnarsi per ciò che gli appare giusto. preferisce che altri li costringano tramite i noti meccanismi economici a fare qualcosa in cui non credono..

    cosa fare concretamente per cambiare la situazione?

    • ciao a tutti,purtroppo è vero,siamo in tanti,non la pensiamo tutti allo stesso modo e la strada è lunghissima.quello che posso dire è che sarebbe più sbagliato non provarci e l’arma migliore del male è che il bene si arrenda.ma a parte la filosofia,ho appena spedito un nuovo articolo che ha solo intenzione di spiegare come sto incamminandomi in una certa direzione e che non è decrescita felice,ma decrescita divertente….ciao

  2. ciao a Tutti! Kelios: noi stiamo già facendo qualcosa. è poco, è vero. moltiplichiamo i nostri sforzi. Ma ce la faremo. Facciamo girare articoli come questo di Emanuele, facciamo pesare ai nostri conoscenti le cose che lui afferma, affinchè le facciano pesare ad altri. E agiamo. Piccole azioni con le quali ci riprendiamo i nostri diritti trasmettono entusiasmo e danno l’idea che qualcosa si può fare se si è decisi. Grazie Emanuele! Forza Kelios!

  3. trovo la direzione della tua proposta concettualmente condivisibile, credo però (ma forse è implicito nel tuo ragionamento) che la “rivoluzione” si possa attuare attraverso un nuovo paradigma di mercato e di consumatore: se l’adesione al sistema di valori e atteggiamenti espressivi dello stile di vita cui si partecipa plasma in profondità i comportamenti dell’individuo è anche vero che questo rivendica, con sempre maggiore frequenza, una declinazione personale del modello. ad es. le componenti intangibili, simboliche dei prodotti sovente sovrastano, in termini di importanza, gli aspetti materici, funzionali. ma al tempo stesso riscontriamo una nuova attenzione a caratteristiche funzionali (alle performance, alla qualità) dei prodotti/servizi che in passato erano ritenute secondarie se non irrilevanti

  4. …sarà molto dura perché oggi siamo nelle mani della tecnologia che però non riusciamo a controllare. Abbiamo cercato di costruirci un mondo FINTO in cui vivere secondo le regole da noi inventate. I nostri poveri leader non hanno la più pallida idea di quello che dovrebbero realmente fare.
    Eccone i motivi principali.
    http://www.decrescita.com/news/?p=1640
    Anche Serge Latouche infatti nel suo libro “La megamacchina” non ha ben analizzato le conseguenze fondamentali dei meccanismi che ci hanno portato dove siamo oggi. Spero che qualcuno prima o poi condivida con me queste riflessioni per discuterne assieme. Ciao!

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