Gli anni settanta del XX secolo

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I limiti dello sviluppo

Gli anni settanta del xx secolo
Una nuova età assiale

Riassunto
Per “età assiale” si intende quel periodo a cavallo del 500 a.C. che ha rappresentato una cesura con quanto avvenuto nei tre millenni precedenti. Nell’età assiale sono infatti avvenuti fatti straordinari che hanno segnato i due millenni successivi. Una nuova età assiale si potrebbe considerare quel periodo iniziato col rinascimento e terminato con la rivoluzione francese. Questa seconda età assiale ha posto le basi a quanto avvenuto nei secoli successivi. In questo lavoro si fa l’ipotesi che negli anni settanta del secolo scorso siano avvenuti fatti ugualmente straordinari e che fanno di questo decennio (e degli anni immediatamente a ridosso, sia prima che dopo) una nuova “età assiale”, cioè un’epoca in cui sono venute a maturazione condizioni nuove e in cui si è preso coscienza di queste nuove condizioni. Tutto ciò ha portato in seguito a elaborare nuove prospettive che porteranno, in un modo o nell’altro, a una storia futura molto diversa dalla precedente (e fra queste prospettive c’è il pensiero della decrescita!). In questo lavoro però si tratterà solamente di quanto avvenuto negli anni settanta del XX secolo e non di queste nuove prospettive.
Prima di entrare in argomento è necessaria una avvertenza: questo lavoro, per la quantità e l’importanza degli argomenti che tratta, è da vedersi solamente come spunto per successivi approfondimenti degli stessi temi e per ulteriori analisi.

 I limiti dello sviluppo
I limiti dello sviluppo

L’età assiale
Alcuni anni fa ho studiato il saggio di Mario Liverani “Antico Oriente. Storia, società, economia”. Il testo espone tre mila anni di storia antica in quella zona del Medio Oriente che va dall’Anatolia alla Persia, dall’Egitto all’Afganistan e che ha come epicentro la Mesopotamia. Per la precisione analizza il periodo che va dal 3.500 a.C. al 500 a. C..
Dice Mario Liverani a proposito del periodo in questione:” Nel corso dei tre millenni (3500-500) che vanno dalla “rivoluzione urbana” all’impero universale achemenide, abbiamo assistito alla progressiva crescita degli organismi politici e dei fatti politici. Dalla dimensione del singolo villaggio o del singolo gruppo transumante si è passati alla dimensione cantonale (o della città-Stato) con un centro urbano che unifica ed egemonizza il suo retroterra agro-pastorale; si è passati poi alla dimensione dello Stato regionale che unifica più cantoni e più centri urbani, e che acquista talvolta la connotazione di Stato nazionale basato su una coincidenza dell’identità politica e di quella etnica; si è poi infine passati alla dimensione dell’impero tendenzialmente “universale”.(1)
Poi lo studioso continua facendo ulteriori apprezzamenti sul periodo in questione:” Col crescere della complessità organizzativa degli organismi e dei fenomeni storico-politici, cresce anche la scala dimensionale della loro base materiale. Gli indicatori dimensionali sono sostanzialmente due: l’entità della popolazione in presenza e l’entità del prodotto complessivo.
……….
Ora, dopo il “salto” che in questo senso è evidentemente da collegare alla “rivoluzione urbana”, che porta ad una moltiplicazione (dell’ordine della decuplicazione) dei livelli quantitativi neolitici, tutto il periodo coperto dal presente volume segna una sostanziale stasi, o meglio una alternanza di crescita e di crisi che non accresce sostanzialmente (o strutturalmente) i livelli quantitativi – segno che tutta la vicenda del periodo 3500-500 si svolge all’insegna di un solo fondamentale modo di produzione. Invece nel giro di pochi secoli (grosso modo il terzo quarto del primo millennio a.C.) ha luogo un altro “salto” quantitativo non solo e non tanto all’interno del Vicino Oriente quanto piuttosto in tutto il più ampio mondo in cui esso è ormai ricompreso. E’ un salto che ancora una volta è difficile quantificare ma che si può azzardare ne senso di una triplicazione (almeno) di popolazione e produzione; e che a differenza di precedenti crescite più localizzate nello spazio e nel tempo, getta le basi per una nuova dimensione quantitativa che varrà per tutto il periodo classico, tardo-antico, medioevale, fino al verificarsi di nuovi ulteriori sviluppi. La scelta della data indicativa del 500 per concludere il presente libro è dunque giustificabile anche da questo punto di vista, come segnale di una cesura storica fondamentale, di un ampliamento strutturale e non occasionale.” (2)
A proposito del limite temporale che pone fine al periodo mi sono imbattuto nel concetto di “età assiale”. Con questo concetto Mario Liverani intendeva il periodo che va dal 650 al 450 avanti Cristo, con tutto ciò che in esso avvenne.
Approfondendo l’argomento ho scoperto che tale concetto è stato elaborato dal filosofo tedesco Carl Jaspers.
(Il materiale per la trattazione di questo specifico punto è stato tratto dalla voce “Periodo assiale” in Wikipedia: a proposito dell’utilizzo di Wikipedia in questo lavoro devo dire che questa “enciclopedia libera” sarà utilizzata come sintetizzatrice di conoscenze che, salvo rari casi, ho acquisito da altre fonti e che sono nello stesso tempo da queste fonti “garantite”)
Per Periodo assiale Carl Jaspers intende quel periodo compreso fra l’800 a.C. e il 200 a.C.. E’ il periodo in cui, così come esposto nella sua opera “Vom Ursprung und Ziel der Geschichte”(it. Origine e senso della Storia) pubblicato nel 1949, l’intera umanità, in India, Cina, Palestina, Iran e Grecia avvia una rottura epocale in cui si dissolvono le civiltà precedenti frutto di uno sviluppo storico monofiletico a favore di uno sviluppo policentrico caratterizzato da cerchie culturali separate. (si rimanda a Wikipedia per un ulteriore approfondimento di questo concetto in Carl Jaspers)
Ritorniamo invece al precedente studioso sul cui lavoro per la prima volta mi sono imbattuto nel concetto di “età assiale”. Mario Liverani fa una trattazione sistemica dell’età assiale e di quanto in essa avvenuto, evidenziandone i più importanti aspetti.
Dice lo studioso:
“Il VI secolo (o meglio i due secoli tra il 650 e il 450) sono il nucleo di quella che è stata definita età “assiale” nella storia mondiale – una età che vede il sorgere di una serie di riformatori e innovatori: in Cina Confucio (550-480), in India Buddha (560-480), in Iran Zoroastro (Zarathuštra n.d.r) (VI secolo…..), in Grecia i “filosofi” e “scienziati” ionici (VI secolo) che aprono la via alla grande filosofia, tragedia, storiografia classiche del V secolo; in Israele i grandi profeti “etici” (Deutero-Isaia, Geremia) collegati all’esilio babilonese (587-539) e preceduti dalla sistemazione dello yahwismo da parte del Deuteronomista (età di Giosia: 640-609). I protagonisti e le tendenze dell’età assiale sono diversi fra loro, stanti il retroterra culturale e le specifiche tradizioni e tendenze delle rispettive culture e diverse sono anche le direzioni innovative da essi indicate, che vanno dal razionalismo all’eticità. Ma l’età assiale è assai più che non una coincidenza o una curiosità: nasce da situazioni comuni, prospetta un comune approfondimento del ruolo dell’uomo nel mondo, segna comunque una grossa cesura rispetto alle precedenti tradizioni e ai precedenti modelli di vita.” (3)
Poi lo studioso passa ad analizzare le innovazioni nei vari ambiti della cultura umana che vedono la maturazione nell’età assiale (che provvedo a riassumere [spero fedelmente!]).
Nel campo religioso si passa dal politeismo al monoteismo. Si passa dal rapporto col divino mediato attraverso i detentori del potere politico alla ricerca di canali diretti tra l’uomo e la sfera divina. Si passa dalla religione cerimoniale e funzionale al mantenimento della struttura socio-politica ufficiale alla religione morale e di dimensione individualistica.
Il razionalismo e la laicità nel campo conoscitivo sono un altro portato dell’età assiale. La scienza e la filosofia intendono procedere per linee interne, trovando al loro interno le loro giustificazioni. La scienza e la filosofia mantengono le distanze dall’operatività assoluta e dalle interpretazioni cosmologiche. Al pensiero mitico subentra il pensiero razionale e alla sapienza elencativa e cumulativa subentra una volontà di comprensione strutturale dei meccanismi di funzionamento del mondo, nella sua componente fisica e nella sua componente psichica.
Quanto avvenuto in campo religioso e della conoscenza sono da ricondursi alla nascita del valore culturale dell’individuo, come centro autonomo di azione e di responsabilità, con diritti e doveri, che si affranca dalle strutture sociali, comunitarie e politiche. Il destino di ogni individuo non sta scritto nella sua collocazione familiare e sociale al momento della nascita ma nelle sue capacità e comportamento. L’originalità del pensiero e dell’azione, nelle varie creazioni, è l’aspetto più importante dell’individuo. Prima dell’età assiale erano conosciuti per nome solamente i sovrani e solamente in quanto rappresentanti, emanazioni del divino.
Ma come si pone il salto di qualità avvenuto nell’età assiale col periodo precedente? Si hanno ovviamente elementi di continuità con i tre millenni recedenti ed elementi d rottura e di innovamento. Le rivoluzioni che avvengono nell’età assiale avvengono contro le culture tradizionali e contro le strutture politiche imperiali ma sono anche il punto di arrivo di tendenze di fondo che si erano lentamente sviluppate nei tre millenni precedenti.
Perché questa lunga trattazione dell’età assiale?
Il primo motivo è che mette in evidenza la complessità e, nello stesso tempo, gli elementi fondamentali del processo storico: elemento importante da tenere sempre presente quando si fanno considerazioni sulla storia. Il secondo e più importante motivo è che si fa l’ipotesi (che fra breve si esporrà più compiutamente) che negli anni settanta del secolo scorso (e negli anni a essi più a ridosso, sia prima che dopo) siano avvenuti dei fatti talmente importanti da fare considerare questo periodo come una nuova età assiale.
……….
Una seconda età assiale
Ma l’età assiale avvenuta negli anni settanta del XX secolo sarebbe la terza età assiale, perché nel frattempo ce ne è stata un’altra: è quella iniziata col Rinascimento e che è terminata con la Rivoluzione Francese.
Il riferimento riguarda quasi esclusivamente l’Occidente, che potrebbe essere però considerato in questo periodo come “l’avanguardia del mondo”. Sono investiti tutti gli ambiti della cultura umana: avviene uno enorme sviluppo filosofico-scientifico-tecnologico; sconvolgimenti avvengono nel campo delle confessioni religiose; questo è il periodo delle scoperte geografiche; si assiste a un sempre più incessante sviluppo economico e demografico; sconvolgimenti avvengono nel campo politico-sociale con le rivoluzioni inglesi nel seicento e quella americana e francese nel settecento; nella seconda parte del settecento inizia un massiccio uso dei combustibili fossili (carbone) dovuto anche alle scoperte tecnologiche che rendono possibile la costruzione di pompe con cui svuotare i pozzi carboniferi invasi dall’acqua; ecc., ecc.
Si può dire che a metà del XVIII secolo mette solide radici un nuovo modo di produzione, quel modo di produzione che ci consegnerà il mondo così come adesso lo vediamo.
La trattazione del periodo iniziato a metà del secondo millennio d.C. è evidentemente estremamente sintetica. In questo lavoro infatti non interessa una conoscenza approfondita del periodo in questione ma il suo segno di fondo: il dispiegamento di enormi energie che portano a riempire il pianeta Terra di uomini, di manufatti e di infrastrutture, con profonde ferite inferte allo stesso pianeta, e che, se non si cambia direzione in modo deciso, rischia di portare l’umanità e il pianeta verso un disastro che forse non è nemmeno immaginabile.
E’ il periodo in cui, soprattutto nella sua parte terminale, cioè gli anni sessanta del XX secolo: ”L’uomo aveva la sensazione di avere finalmente messo le mani su una fonte di energia pressoché illimitata, che gli avrebbe permesso di trasformare a piacere la propria vita. Sapientemente alimentata da taluni interessi, l’ubriacatura del petrolio a volontà e a prezzi abbordabili faceva vedere la vita in rosa. La società dei consumi sembrava un obiettivo facile da raggiungere, rispondente alle aspirazioni di tutti. L’economia era in fase di espansione e la sua crescita sembrava assicurata per decenni, a tassi annui molto elevati. Ci si diceva che questo sviluppo, alla portata di un gran numero di paesi, avrebbe permesso ai più ricchi di soddisfare le proprie domande interne, pur contribuendo sostanzialmente al miglioramento della condizione dei paesi più poveri. L’appetito di una abbondanza materiale sempre maggiore poteva dunque essere soddisfatto senza pregiudicare il doveroso aiuto ai bisognosi. La cornucopia della tecnologia sembrava d’altra parte inesauribile, pronta a sfornare, una dopo l’altra, soluzioni miracolose a tutti i problemi umani.”
……
Tali opinioni si fondavano sulla considerazione quasi esclusiva dei fattori positivi. Le nostre generazioni possiedono in effetti una ricchezza e una varietà di risorse intellettuali e pratiche che, in teoria, possono assicurare l’espansione e lo sviluppo materiale dell’umanità ancora per lunghi anni. Si tratta di un patrimonio immenso e sempre crescente di informazioni, di conoscenze scientifiche, di competenze tecnologiche, di talenti manageriali, di esperienze di gestione, di attrezzature produttive e di mezzi finanziari, quale i nostri padri non potevano neppure sognare.

D’altra parte di era convinti che le risorse naturali che la buona e vecchia Terra è in condizioni di dispensare alle iniziative umane erano ben lungi dall’essere esaurite, in quanto potevano essere moltiplicate o sostituite grazie a soluzioni o espedienti tecnologici.
…..
Ci si rifiutava di credere che nei nostri tempi la conclusione potesse essere diversa, e non ci si poneva neppure la questione se l’intero sistema umano potesse un giorno precipitare nel disastro. Una simile ipotesi pareva assurda. Il destino dell’uomo non poteva essere che quello di progredire.” (4)
E ancora : ” La tesi degli economisti tradizionali e di quelli di orientamento marxista, comunque, è che il potere della tecnologia è illimitato. Saremo sempre in grado non solo di trovare un sostitutivo di una risorsa che sia diventata scarsa, ma anche di accrescere la produttività di qualunque tipo di energia o materiale. Qualora dovessimo esaurire una certa risorsa, escogiteremo sempre qualcosa, proprio come abbiamo sempre fatto sin dai tempi di Pericle. Perciò nulla potrebbe impedirci il cammino verso un’esistenza sempre più felice della specie umana.” (5)
Gli anni settanta del XX secolo: una terza età assiale
Forse anche negli anni settanta del XX secolo sono avvenute cose che segneranno la storia e che potrebbero fare paragonare questo decennio all’epoca assiale di cui parlano Carl Jaspers e Mario Liverani a proposito dei secoli a ridosso del 500 a.C. e che si ipotizza sia avvenuta anche fra l’inizio del rinascimento e la rivoluzione francese.
Ma rispetto a quale periodo ci sarebbe una nuova età assiale?
Come si è già accennato è il periodo che, con il suo modo di produzione e di pensare, è entrato a pieno regime a metà del XVIII secolo e che comincia a entrare in crisi nella seconda metà del XX secolo.
Ma quali cose straordinarie sono avvenute negli anni settanta del XX secolo (e negli anni immediatamente a ridosso, sia prima che dopo) tanto da farli considerare una nuova età assiale? E’ il caso di elencarne alcune, consigliando i lettori di fare proprio questo pensiero di Aurelio Peccei nella lettura di quanto verrà esposto: “Non cercate cifre esatte, dati matematicamente sicuri. Non ne abbiamo, e quando li avremo sarà troppo tardi.” (6)

1) Aurelio Peccei, già alto dirigente industriale e imprenditore, “Nel 1968 prende l’iniziativa di fondare il Club di Roma, gruppo internazionale di personalità della cultura e del mondo scientifico, economico e industriale, individualmente preoccupate della crescente minaccia implicita nei molti e interdipendenti problemi che si prospettano per il genere umano.” (7)
Il Club di Roma poi commissiona al MIT ( Massachusetts Institute of Technology) di Boston la stesura di un rapporto su quello che potrà succedere all’umanità e al mondo nei successivi cento anni.

2) Nel 1971 nei 48 stati continentali degli Stati Uniti si raggiunge il picco della produzione interna di petrolio, (secondo quando pronosticato a metà degli anni cinquanta dal geologo Marion King Hubbert); gli USA dopo qualche anno diventano importatori di petrolio;

La principale opera di Nicholas Georgescu-Roegen
La principale opera di Nicholas Georgescu-Roegen

3) Nel 1971 viene pubblicato The Entropy Law and the Economic Process, la principale opera di Nicholas Georgescu-Roegen.
Per questo scienziato (citazioni prese da Wikipedia alla voce Nicholas Georgescu-Roegen) qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada (“matter matters, too”), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell’ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore ed a prezzo di un alto dispendio di energia.
Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un’entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell’entropia e in generale i vincoli ecologici.

4) Nel 1972 viene pubblicato il Rapporto sui limiti dello sviluppo (dal libro The limits to growth, I limiti dello sviluppo, di Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e Williams Behrens III)
Il rapporto, che fu commissionato dal Club di Roma, predice le conseguenze della continua crescita della popolazione, della produzione agricola e industriale e del connesso inquinamento sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana: entro i successivi cento anni si sarebbe avuto un crollo improvviso della popolazione umana, della produzione industriale e agricola e un degrado delle condizioni di vita dell’umanità.

Grafico de “I limiti dello sviluppo”
Grafico de “I limiti dello sviluppo”

5) In seguito alla Guerra del Kippur (1973) si ha la prima crisi petrolifera
Il conflitto scoppiò nell’ottobre del 1973 fra Israele e una coalizione formata da Egitto e Siria.
La coalizione araba ebbe l’appoggio militare e finanziario di altre nazioni arabe.
I paesi arabi che appoggiarono la colazione fra Egitto e Siria aumentarono il prezzo del petrolio, ne diminuirono le esportazioni verso molti paesi occidentali (per ammonirli a non appoggiare Israele) e le bloccarono del tutto verso gli Stati Uniti e l’Olanda. Quest’ultimo provvedimento in teoria durò fino al gennaio del 1975 ma sembra che in effetti durò pochi mesi.
Questi fatti portarono a un aumento vertiginoso del prezzo del petrolio. I Paesi dell’Europa Occidentale presero dei provvedimenti per ridurre il consumo di petrolio. In Italia furono presi molti provvedimenti per ridurre il consumo di petrolio come il divieto di circolazione automobilistica nelle domeniche, la fine anticipata dei programmi televisivi, la riduzione dell’illuminazione pubblica, ecc.
Un’altra strada che fu battuta, come conseguenza di questa crisi petrolifera, fu lo sviluppo di fonti energetiche alternative.

La considerazione più importante da fare su questa crisi energetica provocata dalla guerra del Kippur è che essa fu possibile anche perché gli Stati Uniti (principale alleato di Israele) avevano raggiunto la capacità massima estrattiva ormai dalla primavera del 1971 (picco pronosticato dal geologo M. K. Hubbert) e che dagli anni sessanta era iniziata la diminuzione delle scoperte di nuovi giacimenti (il nuovo petrolio scoperto era inferiore a quello che veniva estratto).
Per mettere in evidenza la specificità degli anni settanta rispetto al periodo precedente basti ricordare che anche nel 1967 ci fu un conflitto arabo-israeliano (la guerra dei sei giorni) ma che non ci fu una crisi petrolifera (segno che i tempi non erano ancora maturi).

6) “Durante gli anni ’70, l’umanità ha oltrepassato la soglia in cui l’Impronta ecologica annuale era pari alla biocapacità annuale della Terra, ossia, l’umanità ha iniziato a consumare le risorse rinnovabili a una velocità maggiore di quella impiegata dagli ecosistemi per rigenerarle e a rilasciare un quantitativo di biossido di carbonio maggiore di quello che gli ecosistemi riescono ad assorbire. Questa situazione è chiamata “superamento dei limiti ecologici” (overshoot) e, da allora, è progredita ininterrottamente.” (8)

“Fino al 1950 o giù di lì, l’economia globale viveva nei limiti delle proprie possibilità, intaccando solo ciò che era sostenibile ovvero la rendita fornita dai sistemi naturali che la sorreggevano.
Ma nel momento in cui l’economia ha preso a crescere, moltiplicandosi con una progressione geometrica e ingigantendosi fino a superare il campo della sostenibilità, ha cominciato a erodere le sue stesse fondamenta.
In uno studio pubblicato nel 2002 dalla U.S. National Academy of Sciences, un gruppo di scienziati capitanato da Mathis Wackernagel (scienziato che, insieme a William Rees, ha elaborato il concetto di “impronta ecologica” n.d.r.) ha concluso che i consumi globali della popolazione umana hanno oltrepassato le capacità rigenerative del pianeta intorno all’anno 1980. Nel 2009, le pressioni globali sui sistemi naturali eccedevano di circa il 30% il tasso di consumo sostenibile. Questo significa che per rispondere agli attuali bisogni stiamo consumando il capitale naturale del pianeta…” (9)
Bisogna solamente aggiungere che il modo in cui è calcolata l’impronta ecologica non tiene conto della complessità della situazione (per es. tiene conto solamente dell’immissione in atmosfera di biossido di carbonio e non di altri inquinanti) per cui la situazione in effetti è ancora più grave rispetto a quanto si desume dalla stessa impronta ecologica.

Foto 4 Impronta ecologica La megalopoli di Città del Messico
La megalopoli di Città del Messico

7) Parecchie ricerche hanno messo in evidenza che negli anni settanta del secolo scorso negli Stati Uniti e in genere nel mondo occidentale sviluppato, si arriva a una separazione fra sviluppo dell’economia (misurato dall’aumento del PIL) e l’aumento del benessere, anzi il rapporto alle volte si inverte: avere un maggiore reddito monetario non significa stare meglio!
“Nel 1996 Marc e Luise Miringoff, studiosi della Fordhan University, hanno costruito un grafico cartesiano in cui hanno rappresentato insieme le variazioni del Prodotto Interno Lordo degli Stati Uniti nell’ultimo mezzo secolo e quelle, relative allo stesso periodo, di un “indicatore di salute sociale” (ISH) di loro costruzione. Questo indicatore rappresenta la media ponderata di sedici indicatori di progresso sociale (fra gli altri: mortalità infantile, occupazione lavorativa e redditi da essa derivanti, copertura sociale dei rischi sanitari). L’effetto visivo del grafico ha un’evidenza addirittura spettacolare: le due linee, quella del PIL e quella dell’ISH, crescono insieme fino al 1973, ma a partire dal 1974 la prima continua a salire e la seconda inizia scendere. A metà degli anni Novanta il valore dell’ISH è nettamente più basso di quello della metà degli anni Settanta. Altri indici di benessere, introdotti da altri autori, hanno simile andamento. Si tratta dell’evidenza grafica di un dato storico, ricostruibile anche per altre vie, che riguarda non soltanto gli Stati Uniti, ma la maggior parte del mondo capitalistico: a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, per lo più dalla metà degli anni Settanta, lo sviluppo dell’economia, fino ad allora associato al miglioramento del benessere sociale, si trova invece correlato ad un suo peggioramento.” (10)
Già nel 1968 Robert Kennedy, col famoso discorso durante le primarie del Partito Democratico per la candidatura alla presidenza degli Stati Uniti aveva in parte anticipato questa separazione fra sviluppo del PIL e benessere. Disse infatti Robert Kennedy:”
«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro PIL ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel PIL – se giudichiamo gli USA in base ad esso – quel PIL comprende l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le autostrade dalle carneficine. Comprende serrature speciali per le nostre porte e prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende la distruzione delle sequoie e la scomparsa delle nostre bellezze naturali nella espansione urbanistica incontrollata. Comprende il napalm e le testate nucleari e le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Eppure il PIL non tiene conto della salute dei nostri ragazzi, la qualità della loro educazione e l’allegria dei loro giochi. Non include la bellezza delle nostre poesie e la solidità dei nostri matrimoni, l’acume dei nostri dibattiti politici o l’integrità dei nostri funzionari pubblici. Non misura né il nostro ingegno né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione per la nostra nazione. Misura tutto, in poche parole, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta. Ci dice tutto sull’America, eccetto il motivo per cui siamo orgogliosi di essere americani.»
(Robert Kennedy – Dal discorso tenuto il 18 marzo 1968 alla Kansas University[4]) (ripreso da Wikipedia alla voce Robert Kennedy)

Una importante considerazione su quest’ultimo punto. La separazione fra aumento del PIL e aumento del benessere ha un significato che non c’entra col significato degli altri punti: questo però non vuole dire niente perché le “invenzioni culturali” a cui si dovrà ricorrere per porre rimedio al “malpasso” (11) deriveranno dalle forze in gioco e fra queste c’è la coscienza che non ha senso aumentare il proprio reddito più di tanto, dopo avere ovviamente soddisfatto adeguatamente i fondamentali bisogni umani, ma che la ricerca di senso per l’umanità dovrà percorrere altre strade.

8) Nel 1979 con la caduta dello scià Reza Palevi e la rivoluzione islamica in Iran e immediatamente dopo, nel 1980, con la guerra fra Iraq e Iran scoppia la seconda crisi petrolifera. Le vicende belliche, con bombardamenti a impianti di estrazione petrolifera, alle petroliere, agli oleodotti e alle raffinerie, ecc. portano a difficoltà negli approvvigionamenti di petrolio dall’area e all’aumento del suo prezzo.

9) Negli anni settanta iniziano le carestie non strettamente connesse a guerre o successivi a eventi rivoluzionari.

Questa è la lista delle carestie avvenute nel XX secolo (ripresa da Wikipedia alla voce “Lista delle carestie”).
• 1914-1918 Carestia sulle montagne del Libano durante la prima guerra mondiale.
• 1919-1920 Carestia in Polonia a causa della guerra.
• 1921-1923 Carestia in Russia a seguito di sei anni e mezzo di guerre e disordini (Prima guerra mondiale, Rivoluzione russa, Guerra civile russa).
• 1928-1929 Carestia nella Cina settentrionale.
• 1933 Holodomor in Ucraina.
• 1941-1942 Carestia in Grecia per l’occupazione nazista.
• 1943-1944 Carestia in Bengala.
• 1944 Carestia nei Paesi Bassi durante la seconda guerra mondiale.
• 1945 Carestia in Vietnam.
• 1959-1961 Grande carestia cinese.[3]
• 1968-1972 Siccità del Sahel in Africa.
• 1973 Carestia etiope; l’incapacità del governo di gestire la crisi provocò la caduta dal potere dell’imperatore Haile Selassie e della giunta Derg.
• 1974 Carestia del Bangladesh.
• 1984-1985 Carestia in Etiopia.
• 1997 Carestia della Corea del Nord.[4]
• 1998 Una Carestia nel Sudan causata dalla guerra e dalla siccità.
• 1998 Carestia nello Zimbabwe
Come si vede (però con una certa approssimazione) negli anni settanta iniziano le carestie che non sono collegate alle guerre oppure a periodi post-rivoluzionari (come avvenuto in Unione Sovietica negli anni venti e nella Repubblica popolare cinese a cavallo del 1960).
Probabilmente queste carestie sono da collegarsi all’incapacità del pianeta Terra di fornire quanto serve a tutta l’umanità per soddisfare adeguatamente i suoi principali bisogni, anche se la diseguale ripartizione della ricchezza fra le diverse parti del mondo ha la sua importanza.
“Il grande esperto americano Lester R. Brown ha dimostrato che i quattro principali sistemi biologici da cui dipendiamo, …- la fauna oceanica, le foreste, i pascoli e le terre agricole – sono già in condizioni di stress. Nonostante i crescenti investimenti di capitale e di tecnologia, la produzione mondiale per abitante di alcuni dei loro prodotti-chiave non solo non aumenta più, ma è entrata n una fase di discesa. Ecco alcuni esempi: la produzione di legno ha raggiunto il massimo nel 1977; quella della carne bovina e di montone, rispettivamente nel 1976 e nel 1972; la lana nel 1960; i cereali nel 1976; il prodotto della pesca nel 1970.” (12)
Probabilmente quelle produzioni per abitante di cui si è parlato poco sopra avranno avuto un incremento in seguito (per poi magari bloccarsi di nuovo se non addirittura decrescere) ma in ogni caso dimostrano che il “clima” era cambiato, che si stavano raggiungendo i limiti delle risorse del pianeta Terra di sostenere una crescita come quella avvenuta fino ad allora.
Probabilmente è intorno agli anni settanta del secolo scorso che l’Africa inizia a non essere più autosufficiente nella produzione di alimenti.

Foto 5 Carestie e siccità
Siccità e carestie

10) Appena dopo gli anni settanta i Paesi ricchi diventano più ricchi e i paesi poveri diventano più poveri; e sempre negli anni successivi agli anni settanta inizia una deriva generazionale: le condizioni lavorative dei giovani non sono più quelle dei loro padri e le loro prospettive future non saranno come quelle dei loro padri.
Ma quali sono i motivi di questi due fenomeni? Probabilmente il sistema socio-economico capitalistico (con la crescita che le è connaturata) che (sembra secondo una espressione dell’economista americano Alan Blinder) è come la marea che alza il livello dell’acqua e quindi tutte le imbarcazioni, sia quelle grandi che quelle piccole, inizia a mostrare segni di rallentamento e che in ogni caso questo sistema economico-sociale che da alcuni secoli è predominante inizia a esaurire la sua spinta propulsiva positiva anche nelle realtà che fino a quel momento ne hanno beneficiato (di sfuggita si ricorda che lo sviluppo in queste aree del mondo è avvenuto a costo di genocidi, guerre coloniali, sfruttamento e distruzioni in molte altre parti del mondo). A ciò si aggiunge il fatto che la storia non procede in modo lineare ma che procede per “derive”.
Questo punto avrebbe avuto bisogno di un maggiore approfondimento ma, come è stato già detto, questo lavoro, per la quantità e la complessità dei temi che affronta, è da vedersi solo come spunto per ulteriori approfondimenti.

11) Per quanto riguarda l’Italia negli anni settanta si arriva, dopo decenni di forte emigrazione, al forte ridimensionamento del fenomeno e al pareggio fra nuovi emigrati e rientri dall’emigrazione: si riduce fortemente quindi l’importo delle rimesse degli emigrati, cioè i risparmi che gli emigrati mandavano alle loro famiglie; i notevoli importi di queste rimesse hanno reso possibile in Italia il miracolo economico (insieme ad altre cause, come per esempio gli aiuti del Piano Marshall); il conseguente incremento dell’acquisto di beni di consumo durevoli da parte delle famiglie ha dato un forte contributo alla produzione italiana di elettrodomestici (frigoriferi, lavatrici, cucine, ecc. in cui l’Italia era ed è ancora un forte produttore), di autovetture (FIAT, Alfa Romeo, ecc.), al relativo indotto e, quindi, a tutto il sistema produttivo della nazione; il Mezzogiorno d’Italia, (che al fenomeno dell’emigrazione ha dato un forte contributo) negli anni settanta si trasforma da produttore di risorse in assorbitore di risorse; nel 1979 nasce la Lega Lombarda (poi Lega Nord): dal momento che tutto ciò che si poteva spremere, dopo la guerra di colonizzazione avvenuta nel 1860 (comunemente conosciuta come Unità di Italia), era stato spremuto allora non c’era motivo che l’Italia fosse ancora unita e la Lega vuole appunto la separazione del Nord dal resto dell’Italia;

Conclusione

Tutto ciò che è stato sopra detto (pur fra molte approssimazioni) non può fare più avere dubbi sul fatto che gli anni settanta del XX secolo si possano considerare come una età assiale, cioè un periodo in cui la storia cambia di segno e che non è più possibile la crescita come è avvenuta in passato, anzi che probabilmente non ci potrà essere più crescita ma solamente decrescita. E’ anche vero che dopo gli anni settanta del secolo scorso ci sono state crescite in alcune zone del mondo e in futuro ce ne saranno sicuramente altre magari in altre zone ma la tendenza di fondo è quella delineata.
Si vuole concludere questo lavoro con una citazione presa da un articolo di Mauro Bonaiuti (uno dei maggiori esponenti in Italia del pensiero sulla decrescita):
“Se, come credo, le economie capitalistiche avanzate sono entrate già da quaranta anni (quindi dagli anni settanta del XX secolo!!, n.d.r.) in una fase di rendimenti decrescenti questo non dipende solo dalla riduzione nella produttività degli investimenti delle multinazionali. Siamo di fronte ad un fenomeno di ben più vasta portata che comprende la riduzione della produttività dell’energia (EROEI), dell’estrazione mineraria, dell’innovazione, delle rese agricole, dell’efficienza dell’attività della pubblica amministrazione (sanità, ricerca, istruzione), oltre che di una sostanziale riduzione della produttività legata al passaggio da un’economia industriale a una fondata sostanzialmente sui servizi. E soprattutto, ……., si tratta di un fenomeno evolutivo e dunque incrementale.” (13)

1) Mario Liverani – Antico oriente Storia società economia – GLF Editori Laterza pag. 934
2) Mario Liverani – Antico oriente Storia società economia – GLF Editori Laterza pagg. 936-937
3) Mario Liverani – Antico oriente Storia società economia – GLF Editori Laterza pagg. 938-939
4) Aurelio Peccei Cento pagine per l’avvenire” pagg. 58-59 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Milano 1981
5) Energia e miti economici Conferenza alla Yale University del 1975 di Nicholas Georgescu-Roegen – documento reperito sul WEB
6) Aurelio Peccei “Cento pagine per l’avvenire” pag. 78 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Milano 1981
7) Aurelio Peccei “Cento pagine per l’avvenire” terza pagina della sovracopertina Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Milano 1981
8) Living Planet Report 2010, pag. 34
9) Lester R. Brown PIANO B 4.0 Mobilitarsi per salvare la civiltà| 1.3 Lo schema di Ponzi dell’economia globale
10) Punti critici per una nuova forza politica: contro lo sviluppo – Marino Badiale, Massimo Bontempelli (documento reperito sul WEB)
11) Termine usato da Aurelio Peccei per indicare la situazione critica in cui si è posta l’umanità
12) Aurelio Peccei Cento pagine per l’avvenire” pag. 82 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Milano 1981
13) ”Ecco la fine della crescita ovvero: tecnocrazia stadio supremo del capitalismo” di Mauro Bonaiuti, pubblicato giovedì 23 gennaio 2014 sul blog Maintream

Fonte foto
Foto 1 dal blog AmareVignola
Foto 2 dal sito Amazon.it
Foto 3 dal blog AmareVignola
Foto 4 da www.immaginidivertenti.org
Foto 5 da www.arcidiocesibaribitonto.it

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Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

2 Commenti

  1. Eccellente e documentata analisi! Penso che sia molto importante fare da controcanto alla narrazione mainstream, e ricerche come questa sono proprio l’ideale. Anche questa è ‘azione’, e a mio parere vale quanto un GAS o un orto urbano!

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