La decrescita non è un taxi

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“Uso i partiti allo stesso modo di come uso i taxi: salgo, pago la corsa, scendo” (Enrico Mattei)

Pochi sono riusciti a compiere lo sforzo di Giulietto Chiesa il quale, dopo una vita trascorsa all’interno del PCI sviluppando una formazione culturale prettamente marxista – con successive effimere esperienze politiche non particolarmente fruttuose con il centro-sinistra – ha avuto la capacità, a più di sessant’anni, di attuare quello che sarebbe il vero compito dell’intellettuale: mettere da parte le ideologie per capire quali dinamiche, sociali ed ecologiche, caratterizzano il mondo in cui viviamo. Proprio quando avrebbe potuto legittimamente dire ‘la mia parte l’ho fatta’, godendosi l’ultima parte della sua esistenza nella gioia familiare con l’agio garantitogli da pensioni e vitalizi vari, ha preferito invece tornare a studiare rimettendosi in discussione; ha fondato la testata on line Megachip e il movimento Alternativa Politica, proseguendo una militanza non esente da brutte sorprese, come testimonia l’arresto con successivo procedimento di espulsione subito nel 2014 in Estonia, una di quelle ‘giovani democrazie’ dell’Europa orientale dove sei ‘libero’ di pensarla come il governante di turno (meritandosi eppure un posto nella UE!). Come si può non ammirare chi è disposto a correre simili rischi, per giunta alla veneranda età di 74 anni?

Curiosità e desiderio di sapere lo hanno portato a interessarsi alle tematiche dei limiti dello sviluppo e della transizione (in particolare attraverso un attento studio dell’opera del Club di Roma), elevando la decrescita a punto irrinunciabile per qualsiasi serio progetto politico. Riporto alcuni estratti dell’ottimo articolo Fine corsa pubblicato nel 2008 su Megachip:

Alcune note utili, forse, per affrontare il problema della transizione a un’altra società, che sia compatibile con la sopravvivenza del genere umano… La prima considerazione-constatazione è che l’umanità ha già raggiunto, da oltre 25 anni, la situazione di “insostenibilità”… Dal 1980 in avanti, circa, i popoli della Terra hanno utilizzato le risorse del pianeta, ogni anno, più di quanto esse siano in condizioni di rigenerarsi…. Cosa occorrerebbe fare, da subito?… Sviluppare a ritmi forzati la ricerca scientifica e tecnologica in direzione del risparmio energetico, della riduzione dell’aumento demografico del mondo povero, dell’aumento del consumo alimentare dei poveri e della crescita delle loro condizioni di vita (perché questo riduce la natalità), dell’aumento della produzione di energie alternative, della riduzione dell’inquinamento ambientale e degli scarti: in poche parole andare verso la riduzione dell’impronta umana sull’ecosistema, sulla biosfera… Non abbiamo altri trent’anni a disposizione. Il sistema economico-sociale in cui viviamo non reggerà, senza grandi cataclismi (sociali, politici, militari) entro questo lasso di tempo…  Non stiamo discutendo dell’eventualità che qualcuno, da qualche parte, decida di ridurre la crescita. La crescita, nei termini in cui è avvenuta nel corso dell’ultimo secolo, sarà fermata non da decisioni umane ma dagli eventi che derivano dalla natura dell’ecosfera, cioè dalle leggi della fisica e della chimica.

Sembra davvero impensabile che questo Giulietto Chiesa – capace di un’analisi tanto impietosa quanto profonda – sia lo stesso che qualche giorno fa su Sputnik Italia si è cimentato in una sorta di spot promozionale del progetto cinese della ‘Nuova via della seta‘. Ecco alcuni stralci che rendono perfettamente l’idea:

La Cina lancia la sua “globalizzazione” con un’accoppiata quasi poetica e densa di significati: “yi dai yi lu”, cioè un nastro che è una strada, ovvero una strada che sarà una cintura.
Unirà tre continenti: Asia, Europa e Africa. Ma, a quanto pare, sono invitati a pertecipare anche i paesi dell’America Latina. Sarà (comincia già ad esserlo) una gigantesca operazione per far muovere verso l’Europa la strapotenza produttiva di beni che la Cina continua ad essere, nonostante il suo rallentamento degli ultimi tre anni. Lo dicono le cifre che Xi Jinping ha snocciolato di fronte agli occhi dei leader di 64 paesi, in rappresentanza di oltre quattro miliardi di individui, più della metà del genere umano. Quasi nove miliardi di dollari stanziati proprio da Pechino a sostegno di una sviluppo degl’investimenti su un percorso di diverse decine di migliaia di chilometri.

Un treno merci ha già attraversato in una ventina di giorni l’immenso spazio che domani collegherà stabilmente Londra e Pechino, attraversando tutta l’Asia Centrale, la Russia e una bella porzione d’Europa, dimezzando il tempo di trasporto via mare di una quarantina di container. E si tenga conto che le infrastrutture sono ancora al punto di partenza. Figuriamoci cosa accdrà nei prossimi anni in termini di accelerazione della movimentazione delle merci.

Putin sostiene il progetto economico della Cina per il continente eurasiatico
Ma tutti capiscono che siamo di fronte a un progetto globale che rivoluzionerà non solo i traffici commerciali, ma modificherà tutti gli equilibri planetari. È già stato notato che Xi Jinping era andato a Davos facendosi alfiere della globalizzazione. Ma quella cinese è altra cosa rispetto alla globalizzazione “americana”. Pechino non pone condizioni politiche. Al contrario offre investimenti a destra e a manca… Vuole vendere e comprare e aprire vie di traffico non solo alle proprie merci, ma anche a quelle di tutti i partner. Ciascuno dei quali ricaverà vantaggi duraturi in termini di infrastrutture e, a breve temine, di diritti di transito. È l’avvio di un processo davvero senza precedenti per dimensioni, rispetto al quale il parallelo con il Piano Marshall — con cui i capitali americani ricostruirono l’Europa Occidentale distrutta, ma anche si assicurarono il dominio politico su di essa — appare del tutto inadeguato. [1]

Dov’è finito l’uomo che un tempo lanciava strali contro i molto più modesti (in confronto) piani di sviluppo di Sergio Marchionne [2] e che nel libro Invece della catastrofe rimproverava persino i seguaci di Latouche e Pallante di eccessivo ottimismo, ammonendoli che la decrescita non sarebbe stata felice? Per rispondere, mi permetto una breve digressione personale.

Nel 2012 ero oramai un convinto sostenitore della decrescita e desideravo iscrivermi a un’associazione che ne facesse un valore fondante; un passo molto arduo per un cane sciolto un po’ anarchico come il sottoscritto, sempre a disagio nel seguire linee condivise. La ragione principale che mi spinse allora a preferire Alternativa Politica ad altre formazioni (specialmente MDF) risiedeva nel fatto che la prospettiva del movimento di Chiesa oltrepassava la sfera strettamente personale e comunitaria, proponendo invece un’analisi approfondita della società globale; per dirla in breve, mi pareva l’unica realtà seriamente interessata alla politica internazionale.

Questo potenziale punto di forza si è gradualmente trasformato in una gigantesca trappola quando le ragioni della biosfera sono state gradualmente soverchiate dalla speculazione geopolitica. Nel 2008, globalizzazione era sinonimo di ‘Washington Consensus’ e imperialismo a stelle strisce; allora Alternativa caldeggiava un riavvicinamento Russia-Europa in quanto una polarizzazione Russia-Cina vs USA-Europa era considerata il preludio della tragedia. Oggi invece, dopo otto anni di crisi globale e la successiva deriva nazional-protezionista (almeno a parole) dell’amministrazione Trump, i cinesi sono assurti a paladini del commercio internazionale (vedi l’ultimo vertice di Davos dominato dalla figura di Xi Jinping) mentre Megachip e Alternativa sono andati ben oltre il compito di sbugiardare la propaganda occidentale anti-russa e ristabilire un minimo di verità: hanno infatti sposato anima e corpo la causa politica di Vladimir Putin e hanno aderito alla narrazione del ‘secolo cinese’. Poco importa se ciò significa sostenere a spada tratta una nazione turbocapitalista (la Russia), paradiso degli idrocarburi dove la sensibilità ecologica è ridotta, per usare un eufemismo, ai minimi termini [3]; poco importa se ciò significa flirtare con un personaggio quale Donald Trump, fiero negazionista climatico e irriducibile avversario di qualunque legislazione ambientale; e poco importa se ciò significa l’esaltazione acritica di programmi dall’impatto faraonico e sprezzanti della termodinamica come la tanto decantata Nuova via della seta. [4]

La decrescita non è certo una religione ma neppure un taxi o un’arma da brandire contro determinati avversari per poi riporla comodamente, proseguendo con le logiche del business as usual oppure ripescando un keynesismo oramai ampiamente fuori tempo massimo. La sostenibilità non cambia a seconda delle bandiere e le leggi della biosfera non si piegano alle nostre simpatie politiche. Pur avendo da tempo lasciato Alternativa, non ho smesso di rispettare e stimare Giulietto Chiesa, malgrado le divergenze di opinione sempre più evidenti; anzi, se ho deciso di criticare lui è proprio perché non ho dubbio alcuno sulla sua buona fede, a differenza di altri machiavellici personaggi della vasta galassia ‘anti-sistema’ che mostrano tendenze analoghe. Spero ancora fiducioso che il cantore delle meravigliose sorti progressive russo-cinesi lasci nuovamente spazio a quell’intellettuale realmente scomodo la cui profondità di analisi e saggezza rimane un prezioso insegnamento per tutti, specialmente per le nuove generazioni.

 

[1] Il 19 maggio Pierluigi Fagan su Megachip è tornato sull’argomento con un articolo più approfondito e per certi versi ancora più celebrativo riguardo al progetto cinese. Si legge ad esempio: “Più che un piano di logica ingegneristica quindi è un piano di logica agricola: si semina, si cura, si vede che ne vien fuori, poi si taglia, si corregge etc. Abbiamo quindi a che fare con un progetto aperto, flessibile, ridondante la cui arborizzazione dovrà per certi versi seguire una logica di bio-geografia cooperativa per prendere l’esatta forma di ciò che dovrà strutturare”. Una ‘arborizzazione’ basata su di una gigantesca colata di cemento! Un capolavoro dialettico in perfetto stile orwelliano, dove la distruzione ambientale si trasforma in ecologia. Come se non bastasse, Fagan accetta le proiezioni economiche della Banca Mondiale, secondo cui nel 2050 il PIL mondiale sarà aumentato del 130% rispetto al 2016, ribadendo ulteriormente l’abbandono dell’analisi critica legata ai limiti dello sviluppo. E’ particolarmente significativo che l’articolo in questione compaia alla sezione ‘Kill Pil’ del sito, quella cioé che dovrebbe essere dedicata alla decrescita.

[2] Da un’intervista rilasciata nel 2010: “Bisogna costruire una forza politica nuova, che sia capace di raccontare il mondo non come ce lo racconta il mainstream mediatico – che in Italia è particolarmente scemo (ma il discorso vale in generale per tutto il mondo) -, che narra la favola dell’uva, un mondo che non esiste, come quello di Marchionne che sostiene che possiamo produrre altri 6 milioni di  automobili Fiat e 36 nuovi modelli. Questa è la follia totale. Questa è la scimmia al comando. Perché non si potranno produrre 6 milioni di automobili. Capisco benissimo il problema dell’occupazione, ma non si risolve portando il pianeta alla rovina”.

[3] Meglio fornire alcune delucidazioni per non rischiare l’accusa di russofobia: in Russia, stando ai dati più aggiornati della IEA, fotovoltaico ed eolico ammontano a un misero 0,02% della produzione elettrica; Rosatom, impresa statale del settore nucleare, sta investendo massicciamente sull’energia atomica (nel 2010 Chiesa è stato coautore con Luigi Sertorio e Guido Cosenza del libro La menzogna nucleare che, come si intuisce dal titolo, rappresenta un forte atto di accusa contro tale fonte energetica); a conferma della volontà di insistere nello sfruttamento massiccio degli idrocarburi, Gazprom sta studiando di estrarre olio di scisto dal fondo del mare della Siberia.

[4] Megachip ha seguito un’evoluzione identica: le tematiche ambientali sono quasi completamente sparite.

Immagine in evidenza: Giano bifronte (fonte Wikipedia, con rielaborazione personale)

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

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