Transumanesimo

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interfaccia mente-macchina

Nel mio articolo precedente, Prolegomeni al Grande Reset, accennavo a come tra i propositi collegati al Grande Reset c’è lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle nanotecnologie, fino ad ipotizzare un collegamento del cervello umano con unità intelligenti esterne per un’implementazione uomo-macchina che, nella visione degli ideatori di questo audace disegno, porterebbe ad un potenziamento sia dell’intelligenza umana che di quella artificiale. Al di là di questo vantaggio, l’interfacciamento uomo-macchina rende possibile il controllo assoluto dell’individuo. Gli ideatori del Grande Reset non sottolineano questo aspetto, ma è evidente la loro aspirazione ad un controllo capillare e alla correzione preventiva di ogni devianza, perché questa garanzia di affidabilità assume un’importanza notevole per la riprogrammazione delle società e del ruolo che compete ai singoli soggetti . Vedremo più avanti perché.

Questi arditi progetti che comportano uno stretto legame uomo-macchina rappresentano l’essenza di cosa si debba intendere oggi per TRANSUMANESIMO. A ciò fa da corollario la ricerca sul prolungamento della vita, basata sia sull’uso di protesi di ogni tipo (dagli arti meccanici agli organi artificiali) sia sull’uso della medicina collegata alla genetica, capace di intervenire preventivamente su possibili degenerazioni fisiche (tumori, cardiopatie, ictus, diabete, ecc) mediante una modifica del codice genetico resa possibile dall’uso delle biotecnologie e delle nanotecnologie applicate alla medicina.

A questo punto ritengo giusto premettere che sono assolutamente contrario al transumanesimo e che giudico i suoi sostenitori alla stregua di pericolosi invasati capaci in ipotesi estrema di decretare la fine dell’umanità per come l’abbiamo conosciuta finora. Poiché però il transumanesimo non è un termine nato in tempi recenti, credo sia giusto ricostruirne brevemente l’origine.

L’inventore del termine fu nel 1947 Pierre Teilhard de Chardin un gesuita, filosofo, paleontologo e scienziato evoluzionista francese.
Ma a delinearne il significato fu nel 1957 Julian Huxley (il fratello del famoso filosofo Aldous Huxley), biologo e genetista, nel testo “In New Bottles for New Wine”. Nell’originaria accezione di Huxley transumanesimo indica «l’uomo che rimane umano, ma che trascende sé stesso, realizzando le nuove potenzialità della sua natura umana».
Come si vede Huxley pensava ad uno scenario di emancipazione dell’umanità in cui quest’ultima si fa carico di guidare il processo evolutivo. Siamo dunque all’interno di una deriva del pensiero umanista e positivista, tant’è che il filosofo inglese Max More scrive «Il Transumanesimo condivide molti elementi con l’umanesimo, inclusi il rispetto per la ragione e le scienze, l’impegno per il progresso ed il dare valore all’esistenza umana (o transumana) in questa vita… Il Transumanesimo differisce dall’umanesimo nel riconoscere ed anticipare i radicali cambiamenti e alterazioni sia nella natura, sia nelle possibilità delle nostre vite, che saranno il risultato del progresso nelle varie scienze e tecnologie».
Dunque possiamo dire che inizialmente il transumanesimo veniva inserito in un quadro filosofico di riferimento umanista, positivista ed evoluzionista in senso neo-Darwiniano, anche se al tempo stesso si assegnava già allora un ruolo alle profonde innovazioni che avrebbero recato la ricerca scientifica e le nuove tecnologie.
Questo ruolo innovativo è stato ad esempio sottolineato dall’economista e professore universitario americano Robin Dale Hanson, molto interessato alle ricerche sull’intelligenza artificiale, che ha detto «Il Transumanesimo è l’idea secondo cui le nuove tecnologie probabilmente cambieranno il mondo nel prossimo secolo o due a tal punto che i nostri discendenti non saranno per molti aspetti ‘umani’».
In effetti oggi i transumanisti più sfegatati, tra cui Klaus Schwab, direttore del World Economic Forum (segnatevi bene questo nome) sono a favore dell’utilizzo delle tecnologie emergenti, incluse quelle attualmente ritenute controverse, come l’ingegneria genetica sull’uomo, la crionica e gli usi avanzati dei computer e delle comunicazioni. Essi ritengono inoltre che l’intelligenza artificiale un giorno supererà quella umana, realizzando la singolarità tecnologica.
Per loro questo sviluppo è desiderabile e gli esseri umani possono e dovrebbero diventare “più che umani” attraverso l’applicazione di innovazioni tecnologiche come l’ingegneria genetica, la nanotecnologia, la neurofarmacologia, le protesi artificiali, e le interfacce tra la mente umana e le macchine.
Per raggiungere questo obbiettivo i transumanisti si interessano a tutti i vari campi della scienza, della filosofia, dell’economia e della storia naturale e sociale, per comprendere e valutare le possibilità di superare le limitazioni biologiche, intendendo tra queste le malattie che affliggono l’umanità e soprattutto prendono in considerazione la possibilità di superare il limite di Hayflick.
Il concetto del limite di Hayflick è stato ipotizzato dall’anatomista americano Leonard Hayflick nel 1961. Senza entrare nel dettaglio, gli studi fatti da Hayflick riguardano le possibilità delle cellule del corpo umano di rinnovarsi. Questo rinnovamento ha un limite genetico, dopodiché il processo di invecchiamento e quindi di morte è irreversibile. Superare questo limite vuol dire in pratica pensare ad un allungamento ad oltranza della vita fino a garantirsi una specie di immortalità.

Da quanto esposto finora dovrebbe esser chiaro che la maggior parte dei transumanisti sono agnostici o atei. Inseguendo il loro sogno di immortalità non possono dar credito all’idea di un’anima trascendente. Confidano piuttosto nella compatibilità delle menti umane con l’hardware dei computer, con l’implicazione teorica che la coscienza individuale possa, un giorno, essere trasferita o emulata su un supporto digitale; tale tecnica si chiama “mind uploading”. Non stupiamoci quindi se le teorie transumaniste sono avversate dai religiosi di qualunque confessione, per i quali negare la trascendenza dell’anima è assolutamente eretico e inammissibile.

Ma non c’è bisogno di essere credenti per prendere le distanze dal transumanesimo.
Una critica radicale al transumanismo è stata portata ad esempio da Bill Joy, informatico statunitense e cofondatore della Sun Microsystems, che afferma nel suo articolo “Why the future doesn’t need us” (Perché il futuro non ha bisogno di noi) che gli esseri umani probabilmente finiranno con l’estinguersi attraverso le trasformazioni sostenute dal transumanesimo.
Anche il movimento ambientalista è contro il transumanesimo. Infatti sostiene il principio di precauzione nell’applicazione industriale degli sviluppi tecnologici e addirittura auspica la cessazione della ricerca in aree ritenute potenzialmente pericolose. Inoltre alcuni “precauzionisti” credono che l’umanità dovrebbe prima organizzarsi in modo da essere pronta a superare i pericoli prodotti dalle intelligenze artificiali, incarnazioni tecnologiche del principio di Autorità.
Questo dell’autorità e della tentazione all’autoritarismo è un aspetto importante che va sottolineato. L’enfatizzazione che fa il transumanesimo dell’uso dell’intelligenza artificiale e della contaminazione di questa con la mente umana disvela il sogno di controllo assoluto strettamente connesso con i programmi del Grande Reset e quindi del transumanesimo .
Già altri critici del transumanesimo avevano fatto notare la soggettività di concetti biopolitici come “miglioramento” e “limitazione”, osservando una pericolosa somiglianza con le vecchie ideologie eugenetiche in merito ad una “razza superiore” e preoccupandosi di quello che il transumanesimo potrebbe comportare in futuro, come ad esempio separazioni e discriminazioni di natura sociale fra i “migliorati” e chi non lo è o fra “modificati” e “naturali”.

Queste ultime considerazioni ci obbligano ad esaminare i risvolti politici del problema.

Se di Grande Reset si è cominciato a parlare solo di recente, va ricordato che già nel 2015 nacque l’AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. I programmi e gli obbiettivi dell’Agenda 2030 costituiscono l’ossatura in embrione su cui sono nati i piani del Grande Reset.
Il punto centrale, e quindi l’obiettivo primario, è una ristrutturazione del Capitalismo in grado di eliminare le “storture” e i limiti che ne hanno contrassegnato il cammino. Per fare questo è utile richiamarsi non tanto al capitalismo “liberale” che ha caratterizzato il modello occidentale fino ad oggi, ma piuttosto ad un capitalismo di tipo cinese che ha saputo coniugare le esigenze dello sviluppo con quelle di un rigido controllo sociale. Possiamo parlare a ragion veduta di un nuovo capitalismo feudale, dove le redini sono saldamente tenute in mano da un ristrettissimo numero di sovrani e vassalli che controllano rigidamente la massa dei sudditi assecondandoli nella soddisfazione dei loro bisogni primari e secondari.
In questo programma di ristrutturazione il transumanesimo riveste un ruolo fondamentale proprio perché capace di garantire il controllo e la manipolazione della volontà dei singoli.

Si tratta in effetti dell’istituzione di un tecno-feudalesimo per il quale vale il giudizio del filosofo Giorgio Agamben: “Il capitalismo che si sta consolidando su scala planetaria non è il capitalismo nella forma che aveva assunto in occidente: è, piuttosto, il capitalismo nella sua variante comunista, che univa uno sviluppo estremamente rapido della produzione con un regime politico totalitario. (…) Quel che è certo, tuttavia, è che il nuovo regime unirà in sé l’aspetto più disumano del capitalismo con quello più atroce del comunismo statalista, coniugando l’estrema alienazione dei rapporti fra gli uomini con un controllo sociale senza precedenti”.
In questo quadro, ma meglio definirlo incubo, i padroni universali avrebbero raggiunto la capacità tecnologica di entrare nelle nostre vite e nelle nostre menti. L’estremo appello di libertà di George Orwell in 1984: “possono costringerti a dire qualsiasi cosa, ma non c’è maniera che te la facciano credere. Non possono entrare dentro di te.” diventa anacronistico. Non è più così, ora possono! Le tecnologie di sorveglianza e l’immenso apparato di programmazione neuronale, i chip sottocutanei, i farmaci imposti, ci riescono.
Teniamo bene a mente cosa ha scritto Klaus Schwab, il gran ciambellano del Forum di Davos, nel programma per l’anno passato: “l’aspetto positivo della pandemia è che ci ha insegnato che possiamo introdurre cambiamenti radicali nel nostro stile di vita con grande rapidità. I cittadini hanno dimostrato ampiamente che sono disposti a fare sacrifici per il bene delle cure sanitarie. E’ evidente che esiste una volontà di costruire una società migliore e dobbiamo approfittarne per garantire il Grande Reset”.  

Ritengo anche importante citare a tal proposito cosa ha scritto Geminello Preterossi in “Contro Golia – Manifesto per la sovranità democratica” : “se di un ri-orientamento c’è bisogno, per gli oligarchi di Davos questo dovrà essere realizzato dal capitalismo stesso, cioè da coloro che hanno prodotto il disastro. Con una sorta di illusionistico falso movimento, mettendosi all’opposizione dell’esistente, sfruttano l’occasione della pandemia per immunizzare il potere assolutistico del capitale da qualsiasi reale cambiamento che provenga dal basso e rappresenti un’alternativa organizzata: per far questo occorre mutare narrativa, fingere di liquidare il neoliberismo per salvare e rilanciare il capitalismo (il cui nucleo di potere neoliberale resta intatto), potenziandone le possibilità di dominio. Quel dominio delle menti si spinge fino al progetto smisurato di un controllo totale, algoritmico, sulle vite, il cui residuo di differenza e autonomia deve essere azzerato o neutralizzato con modalità automatiche.”
Dunque l’obiettivo finale del Grande Reset (e del transumanesimo che ne è parte integrante) è la creazione dell’anti-società post-umana. La posta in gioco è una trasformazione antropologica di cui Agenda 2030 non era che il prologo.

Essendo arrivato alla conclusione voglio concedermi un’ultima riflessione filosofica.
I filosofi del mondo ellenico avevano già parlato di Hybris. Il termine indica propriamente in greco la tracotanza, la dismisura, la superbia e il superamento del limite. A differenza del biblico peccato originale, anch’esso una forma di superamento del limite imposto da Dio all’uomo nel Paradiso terrestre, la hybris greca non macchia indistintamente e indelebilmente tutti gli uomini dalla loro nascita, ma rappresenta piuttosto un pericolo sempre in agguato nella natura umana, pericolo che dovrà essere contrastato da ogni singolo uomo con le sue sole forze.
Nelle follie dei piani del transumanesimo e del Grande Reset c’è una quota di hybris smisurata e sta a tutti noi evidenziarla, contrastarla e sconfiggerla.

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Avevo 60 anni quando ho cominciato a collaborare a questo blog, ora qualcuno in più. Mi occupo prevalentemente di musica, ma anche di informatica e di grafica web. La mia è una formazione umanistica (liceo classico, Scienze Politiche, Sociologia). Ho collaborato a lungo all'informazione e alla produzione di trasmissioni cultural-musicali di una nota emittente bolognese. Conosco il pensiero e le opere di Serge Latouche ed ho cominciato ad interessarmi con passione e continuità ai temi della decrescita dopo la lettura di "Entropia" di Jeremy Rifkin (10 anni fa). Vorrei contribuire, nel mio piccolo, ad arricchire queste tematiche e a dare una speranza soprattutto alle nuove generazioni.

2 Commenti

  1. Non vedo perché preoccuparsi, la società tecnologica – e i deliri transumanisti – hanno gli anni contati, visti i limiti delle risorse.
    Vorrei sperare che quello che verrà dopo sarà migliore, ma temo sia inevitabile come minimo una lunga fase di travaglio.

  2. Ci si deve preoccupare perché i limiti delle risorse di per sé non hanno alcun impatto sul frenare o cancellare i deliri transumanisti. Anche liquidarli come deliri mi sembra semplicistico. Sono piuttosto progetti, alcuni molto audaci e forse irrealizzabili, altri concreti e già in fase di sperimentazione. Del resto è noto che nella testa dei transumanisti più folli al limite delle risorse si risponde con la riduzione dell’umanità.
    I limiti delle risorse dovrebbero essere argomento di studio e riflessione anche per qualsiasi progetto decrescente e a me pare che la questione finora sia stata sottovalutata.

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