Green, Greed e il vero ecologismo

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“Noi con questa cosa qua che abbiamo il contratto a chiamata, non ti dico che chiamo… Però lo usiamo come strumento, no? Lavori male non ti chiamo, lavori bene ti chiamo… Questo deve essere l’atteggiamento perché con loro devi lavorare in maniera tribale, come lavorano loro, tu devi fare il maschio dominante, è quello il concetto, io con loro sono il maschio dominante”.

Fanno accapponare la pelle le intercettazioni della Guardia di Finanza ai danni di Guglielmo Stagno d’Alcontres, giovane imprenditore (31 anni) fondatore di StrawBerry, che aveva fatto della sostenibilità ambientale un suo imperativo, meritandosi due Oscar Green della Coldiretti (ecco come tre anni fa il quotidiano on line Stampalibera.it descriveva quella che sembrava essere una bella favola contemporanea). Le Fiamme Gialle hanno portato alla luce una realtà fatta di sfruttamento e vessazione (qui per maggiori informazioni), che ha fatto gridare allo scandalo in molti, tra cui il leader del Partito Comunista Marco Rizzo:

 

Immagino che, per un neobolscevico ‘duro e puro’ quale Rizzo, le problematiche ambientali rappresentino nulla più di una questione di ‘politicamente corretto’. Tuttavia, al di là delle sue particolari idiosincrasie, gli ecologisti alcuni interrogativi sono costretti a porseli.

La sostenibilità ambientale, di per sé, è un concetto tecnico-scientifico, così come l’agricoltura biologica, a livello giuridico, consiste in un disciplinare di produzione a cui ottemperare per ricevere una certificazione dalla burocrazia competente; trattasi quindi di istanze che possono trovare una collocazione nel Business As Usual, come testimoniato dalle svariate linee biologiche (oltre che vegane, equee e solidali e simili) offerte dalla GDO ai consumatori, nonché dall’interesse di grandi potentati economici verso le energie rinnovabili e la cosiddetta green economy.

Anche quando si parla di greenwashing, si fa sempre riferimento a questioni di carattere tecnico. Ciò che contraddistingue il capitalismo rispetto a qualsiasi altro sistema sociale della storia umana non sono il mercato e il profitto (esistono da molto tempo prima), bensì l’illimitata accumulazione di capitale, fenomeno da cui discende la necessità della crescita economica continua e tutte le assurdità logiche che ne derivano: banalmente, questa è la ragione per cui un capitalismo ecologico non può esistere.

Non ho però motivi fondati per ritenere che StrawBerry, sul piano squisitamente tecnico, non si comportasse in maniera ineccepibile, come testimoniato dai premi ricevuti da Coldiretti. Semplicemente, al ricorso a metodi agricoli non convenzionali, all’impiego dei pannelli fotovoltaici, alle misure di risparmio e all’impegno per un’agricoltura a km0 faceva da contraltare uno sfruttamento del lavoro degno del peggior agrobusiness convenzionale. Insomma, l’azienda potrebbe rappresentare una sorta di prototipo di società postcapitalista dove alla novità della sostenibilità tecnica si accompagna il vecchio armamentario di dominio. Così facendo, si potrebbe parlare ancora di ecologismo?

André Gorz, marxista eretico che ritengo in tutta onestà più utile e attuale di Rizzo, opporrebbe un secco diniego. Il pensatore francese paventava i rischi di un ambientalismo poggiante esclusivamente su considerazioni tecnico-scientifiche – a forte rischio di degenerare nel dispotismo espertocratico – perché avrebbe disatteso le istanze del movimento verde delle origini, le quali andavano ben oltre il contenimento dei danni alla biosfera. Scrive in Ecologica:

Il movimento ecologista è nato molto prima che il deteriorarsi dell’ambiente e della qualità della vita ponesse una questione di sopravvivenza all’umanità. Esso è nato originariamente da una protesta spontanea contro la distruzione della cultura del quotidiano da parte degli apparati economici e amministrativi.
L’ecologia politica in questo modo fa di cambiamenti ecologicamente necessari nella maniera di produrre e consumare la leva per cambiamenti auspicabili nelle relazioni sociali. La difesa dell’ambiente vitale nel senso ecologico e la ricostituzione di un mondo vissuto si condizionano e si sostengono l’un l’altra.

Gorz individuava in questo sforzo per la difesa del mondo vissuto due temi fondamentali, la lotta per il tempo liberato e quella contro il lavoro eteronomo, inseriti in un progetto di società basata sull’autolimitazione volontaria in cui l’autonomia individuale fosse tutelata all’interno dei vincoli planetari.

Ovviamente, tale visione dell’ecologia prevede che, all’empatia per le sorti della biosfera, ne corrisponda almeno altrettanta per il genere umano. Nel campo ambientalista, pochi per fortuna si distinguono per comportamenti criminali alla maniera di Guglielmo Stagno d’Alcontres, ma tanti sono gli atteggiamenti che avrebbero fatto storcere il naso a Gorz: quanti commentano laconicamente ‘dovremmo estinguerci’ di fronte a qualsiasi brutta notizia che riguardi la natura? Quanti auspicano misure autoritarie, considerate le uniche funzionali? E che dire dei sedicenti neomalthusiani ostentanti spesso un razzismo più meno esplicito?

Insomma, per il bene della biosfera, al fine di superare l’odiosa divisione Uomo e Natura sarebbe forse il caso di cominciare combattendo quella tra Uomo e Uomo.

 

Fonte immagine in evidenza: milano.corriere.it

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

4 Commenti

  1. L’informazione che Straberry fosse BIOLOGICA è INFONDATA. Sarebbe bene modificaste sia l’articolo che il commento introduttivo al link su FB . Inizialmente Straberry parlava di sostenibilità perchè diceva di adottare la coltivazione idroponica, che per altro non è prevista dal disciplinare dell’agricoltura biologica. Semmai è Coldiretti che gli aveva conferito un Oscar Green, non so su che base.

  2. Anche questa volta ti lascio un mio commento, aggiungendo però subito che sono entusiasta di questo tuo articolo e quello che segue sono spunti e non critiche.
    Uno degli interrogativi che il tuo scritto sottintende è: ambientalismo e capitalismo sono compatibili ? La mia risposta è no (e credo anche quella di André Gorz) ed è per questo che guardo con sospetto alla così detta Green Economy. Il motivo è semplice, il rispetto rigoroso dell’ambiente comporta dei costi di produzione che vanno contro la logica del profitto. Da “vetero-marxista” faccio fatica a immaginare un capitalismo che rinunci a mettere al primo posto il profitto…
    Ancor meno sono compatibili capitalismo e rinuncia allo sfruttamento. E’ vero che esistono vari livelli di sfruttamento (per fortuna non tutti gli imprenditori assomigliano a Guglielmo Stagno d’Alcontres), ma i meccanismi per realizzare il plusvalore, espropriandolo a chi lo realizza, implicano inevitabilmente lo sfruttamento del lavoro dipendente.
    Che poi il Capitalismo sia il principale antagonista della Decrescita va da sé, perché l’esigenza di una crescita continua (del valore d’azienda, dei consumi, ecc. ecc.) è implicito nella sua essenza.
    Sul piano etico: far coincidere l’empatia per le sorti della biosfera con quella per le sorti del genere umano, è una cosa importante e condivisibile. In altre parole guardiamoci da un ambientalismo cinico nei confronti dell’uomo. Però questo è un tema molto delicato, che comporta ragionamenti di carattere filosofico, antropologico, sociologico e politico. Credo che vada affrontato senza pregiudizi e con un approccio multidisciplinare. Un antropocentrismo esasperato mi fa paura. E’ vero che è difficile scollegare il pensiero dalle teste di chi lo produce, ma è altrettanto vero che è l’uomo che nel corso della sua storia, specie quella recente, ha apportato i danni maggiori alla biosfera. Ragionare altruisticamente provando per un attimo a separarci da noi stessi sarebbe poi così sbagliato ?
    Un ultima cosa. Non nutro simpatie per i Neomalthusiani, ma non vorrei neanche sottrarmi dall’affrontare con lucidità e coerenza il problema di un’insostenibile crescita demografica.

    • Ciao Danilo,
      credo che la questione principale non è tanto se il capitalismo può assumere connotazioni ecologiche (ovviamente no), quanto la possibilità di creare società sostenibili sul piano strettamente tecnico ma caratterizzate da sfruttamento, autoritarismi e simili. Una società del genere non può secondo me essere considerata ecologica malgrado l’impatto zero. Sono preoccupato anche perché ci sono in tanti che considerano il capitalismo neoliberista il male assoluto al punto da preferirgli QUALSIASI cosa, comportamento che ritengo alquanto pericoloso.
      Quanto ai neomalthusiani, ho parlato appunto di ‘sedicenti neomalthusiani’ per distinguere chi fa ragionamenti corretti sul problema sovrappopolazione.
      Ciao
      Igor

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