Il trattore e la ragione

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“W i contadini che ci proteggono dal mangiare cibo sintetico e insetti!” e altri slogan analoghi stanno letteralmente spopolando sui social media. Gli agricoltori, categoria che fino a qualche tempo fa non si filava nessuno, sono improvvisamente diventati i beniamini di chi, con ogni probabilità, normalmente bazzica i discount alla ricerca delle migliori offerte per risparmiare anche un singolo centesimo su frutta e verdura.

Come ho cercato di spiegare su Apocalottimismo, i capisaldi principali della protesta sono molto prosaici: in breve, l’anello più debole della megamacchina dell’industria alimentare, sta cercando (comprensibilmente) di non peggiorare la sua condizione, senza alcun intento rivoluzionario ma muovendosi perfettamente all’interno dello status quo che ne sancisce la subordinazione. In questo senso, le manifestazioni assomigliano a delle moderne jacquerie: anche in quel caso i contadini non contestavano l’assetto sociale feudale, bensì gli abusi dei nobili e il mancato adempimento dei loro doveri. E i sussidi strenuamente difesi altro non sono che la carota complementare al bastone dello strapotere dei grossisti e della GDO.

L’atteggiamento conservatore è evidente se consideriamo, ad esempio, le lagnanze verso il provvedimento che prevedeva di mettere a riposo il 4% dei campi, salvo coltivare piante azotofissatrici come le leguminose. Accusato assurdamente di voler provocare artificiosamente i prezzi dei beni agricoli (cosa di cui i produttori avrebbero più che mai bisogno, tra l’altro) e spianare la strada al cibo ‘sintetico’ e agli insetti, in realtà era solo un timido tentativo per contenere il degrado dei suoli: terreni oramai esausti possono infatti essere resi produttivi solamente inondandoli di fertilizzanti chimici.

Come ha sottolineato William Bouchardon su Jacobin, il grande pubblico si si immagina una contesa idealizzata ‘piccola agricoltura familiare vs Moloch di Bruxelles’; in realtà, molti dei contestatori sono di fatto dei latifondisti e in certi casi decisamente ‘pro Frankestein”, contrariamente alla vulgata da social: ad esempio, una delle organizzazioni di categoria francesi più combattiva, la FNSEA, è dichiaratamente contraria all’agricoltura biologica e favorevole alla coltivazione degli OGM anche in Europa.

Considerazioni simili, però, sono troppo difficili per chi sa ragionare solo in maniera binaria, argomenta con slogan preconfezionati e si dichiara “contro la UE a prescindere”. Ovviamente non si tratta di “stare con la UE”, bensì di capire che, se certi settori dell’élite hanno paura, e perché probabilmente il problema ha già raggiunto proporzioni immani e, nel momento in cui propongono misure piuttosto blande (come queste del Green New Deal) bisogna semmai rivendicarne di molto più radicali: non certo arroccarsi in una bieca difesa dell’esistente.

In definitiva, posso dissentire profondamente da alcuni temi della protesta degli agricoltori ma ne capisco il disagio e, soprattutto, la frustrazione disperante, essendo in gioco la loro stessa esistenza nell’immediato. Invece, ripugno decisamente quest’orda di io-non-me-la-bevo sedicenti ‘antisistema’ da tastiera che, per parlare ‘a rovescio’, si scagliano ciecamente contro riscaldamento climatico antropico, auto elettriche e ora persino contro un minimo di agroecologia. Dopo essersi fatti servi sciocchi dell’industria delle fossili e delle case automobilistiche più retrive ora faranno anche il gioco di Bayer, Monsanto e soci?

Immagine in evidenza: foto rielaborata con l’AI delle manifestazioni degli agricoltori a Parigi (fake piuttosto evidente che sta spopolando sui social media)

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

2 Commenti

  1. Condivido pressoché in toto. la rivolta dei trattori è sostanzialmente una agitazione corporativa in difesa dei redditi garantiti finora alla categoria da un assistenzialismo diffuso. Infatti a quanto sembra sono bastate alcune banali concessioni per frenare i propositi più bellicosi. Ci sarebbe da aggiungere però un paio di cose. Uno, che i “rivoltosi” non sono una categoria omogenea e non la vedono tutti allo stesso modo riguardo al futuro dell’agricoltura, tant’è che già si sono divisi sul da farsi. Due, che la motivazione di fondo di non sottostare ai dettami verticistici della UE non sarebbe neanche malvagia se aprisse la strada ad una forma di sovranità alimentare basata sul mettere al primo gradino il rispetto della natura, il rifiuto dello sfruttamento intensivo del suolo basato su pesticidi e diserbanti, lo smantellamento degli allevamenti intensivi (altro che la mucca portata in piazza del Duomo !). Col tuo permesso farò a breve un post su fb in cui vorrei linkare anche questo tuo contributo.

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