La marmellata radioattiva

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Pomodori biologici

E’ uscito un paio di giorni fa un articolo che, come spesso accade, si è diffuso in pochissimo tempo il giro della rete, è stato ripreso da diverse testate e ha fatto rizzare sulla sedia quel folto gruppo di appassionati e appassionate fan del biologico che proprio non riuscivano a credere ai loro occhi.

Trattasi di famosa marmellata presente sugli scaffali di tutto il mondo, sedicente biologica, naturale, organica, che però in Giappone è stata messa al bando perché supera il livello di radioattività tollerato nel Paese.

Nonostante io sostenga a spada tratta il buon cibo, e soprattutto, cibo vero e verdura di stagione e a km 0, i vasetti in causa li avevo sempre snobbati. Sette, sonori, euro per qualcosa da spalmare sul pane tra una lezione e l’altra mi sembravano davvero troppi, ma chi sono io, studentessa squattrinata, per giudicare?

Negli ultimi mesi ho visto gli scaffali dei supermercati cambiare repentinamente e riempirsi di gradevoli bustone di tutte le sfumature del marroncino e del verde, rassicuranti scritte ‘bio’ e sacchetti di carta, come se lo spreco di quest’ultima fosse meno grave dell’abuso delle ormai superate buste bianche di plastica.

Non posso non ridere quando poi si grida allo scandalo, quando una marmellata costosa viene considerata radioattiva (però solo in Giappone eh, non in Italia, ché siamo tolleranti) e tutti si indignano. Com’è, io faccio sacrifici, spendo così tanto per garantire a me e alla mia famiglia sani pasti quotidiani e poi devo leggere che i miei sforzi potrebbero essere del tutto vani?

La verità è che siamo pigri e non sarà un vasetto a cambiare questo stato di cose. Siamo così addentro alla logica del consumismo che ogni nostra minima tendenza, anche in positivo, viene afferrata al volo dal marketing per creare linee e linee di prodotti destinati ad avere successo.

Non possiamo spendere troppo tempo a leggere le etichette, a informarci quel minimo per capire cosa ci stiamo spalmando sui capelli o sul pane, no, ci fidiamo delle scritte in grande e comprare ‘verde’ fa così ‘politically correct’ che ci rende proprio soddisfatti.
Stiamo a correre dietro alle denominazioni e snobbiamo il piccolo contadino che vende la verdura nel mercato sotto casa, magari a prezzi ragionevoli.

Non è il costo a definire la qualità dei prodotti che acquistiamo, né si può pensare che a meno da non voler spendere metà del proprio budget in vivande non si possa mangiare bene.
Passiamo con fin troppa facilità da un eccesso all’altro, dal pasto congelato al super biologico, alle spezie indiane e i decotti delle donne etiopi. Le nostre nonne non sono abbastanza di tendenza, meglio lasciarle da parte.

Mi chiedo se mai andrà di moda il buon senso.

Nell’ottica della decrescita, favorire le piccole imprese dovrebbe essere uno dei passi decisivi. Questo non vuol dire cercare di alimentare assurde visioni bucoliche di un mondo tutto confettini e campi di grano, ma solo considerare che, dati alla mano, in un Paese come l’Italia il fabbisogno di cibo potrebbe essere soddisfatto dalle aziende e dalle imprese locali e così non è. Che è ridicolo trovare sui nostri scaffali pomodori cinesi, grano russo o latte tedesco, perché controproducente, se non per la qualità, sicuramente per la nostra economia.

Non si tratta di protezionismo, ma, di nuovo, di buon senso. Una strada per risollevarci, da qualche parte dovrà pur esserci. Di quante altre prove abbiamo bisogno per capire che la corsa sfrenata al ‘progresso per il progresso’ lascia soltanto vittime e contraddizioni dietro sé?

Articolo pubblicato per gentile concessione dell’autrice Roberta Ylenia Tartaglia.

15 Commenti

  1. E` interessante unire i puntini:
    la marmellata e` prodotta in Italia, con mirtilli bulgari che sono stati probablimente contaminati dai tempi di Chernobil
    http://www.fukuleaks.org/web/?p=11651
    e c’e` una diatriba sui livelli accettabili per la contaminazione radioattiva dei cibi
    http://www.foodwatch.org/en/what-we-do/topics/radiation/more-information/foodwatch-report-calculated-fatalities-from-radiation/
    La diatriba si basa sul numero accettabile di morti di cancro: contaminazione alta e ne muoiono 150000 solo in Germania, contaminazione bassa e si possono tollerare “solamente” 7000 morti.
    Perche` tutto cio`?
    1) perche` a qualcuno l’energia non basta mai,
    2) gli piace nucleare e
    3) i mirtilli dell’orto sotto casa costano troppo;
    tutto rimediabile con la Decrescita, se non moriamo prima.

  2. Non so, il km 0 non è un vantaggio universale, non per me che vivo in Campania o per Tizio che vive a Taranto o per Caio che vive a Brescia. Considerato che alle neomamme dell’ILVA viene sconsigliato l’allattamento al seno e che il latte del Casertano non è sicuro, ammetto che ho accolto con sollievo sapere che quello utilizzato dal caseificio accanto a me, viene dalla Germania…ma è un sollievo relativo, perchè sarebbe da vedere da quale zona della Germania e come viene trattato in loco.
    Concordo sulla questione della pigrizia che ci porta a seguire il “sentito dire”, a non prendere informazioni corrette e via dicendo, ma vi assicuro che anche al massimo dell’impegno, non è facile fare gli acquisti giusti. L’autoproduzione, nelle mie condizioni, è la strada più sicura (per chi è fortunato come me a poter contare su un terreno e su un terreno sano). Tuttavia, ci sono moltissimi fattori che sfuggono al mio/nostro controllo.

    Credo che la decrescita, che pratico e che ritengo sia la strada più sensata da seguire, al punto in cui siamo, possa produrre solo effetti a lungo termine…ma nella mia regione si sono raggiunte cifre da genocidio e c’è necessità di un impegno anche diverso, di un’azione congiunta tra le persone che non vogliono sedersi e aspettare di morire. Ha ragione Giulio, quando dice che il pericolo è questo. Saremo anche lo 0.99%, ma impegnarsi socialmente per cercare di indurre le sedicenti istituzioni a cambiare indirizzo, almeno mi fa sentire meno impotente e soprattutto non connivente.

    • Anche io sono campana e per questo non riesco a tollerare determinati discorsi. Da quando vivo da sola e ho iniziato a rendermi conto sia di quanto effettivamente costi la vita e il cibo, sia di tutte le schifezze che è possibile comprare, cerco di fare delle scelte quanto più oculate possibile. So bene che non è facile, anche al massimo dell’impegno, soprattutto in una regione come la nostra dove non ci si può fidare, spesso, neanche del proprio terreno.
      I punti che volevo mettere in luce sono sostanzialmente due, e mi sono venuti in mente leggendo i commenti, francamente un po’ ridicoli, a questa notizia della marmellata:
      1) chi parla del biologico spesso non si pone tutte le domande del caso, perché, penso concorderai, di prodotti biologici oggi i supermercati sono pieni, ma nessuno può assicurarci la veridicità. Bisognerebbe stare a controllare prodotto per prodotto e dubito che lo facciano in molti. Si creano contraddizioni, perché magari ci sono prodotti anche senza marchio, ma che, informandosi, risulterebbero migliori. Io che non posso permettermi di spendere cifre esorbitanti per il cibo, opto solo per cose meno raffinate e manipolate possibile, ma non mi nascondo dietro un’etichetta.
      2) quando parlo del latte importato e tutto il resto, voglio semplicemente far notare che in Italia, utilizzando come dici tu solo i terreni e gli animali sani, si potrebbe soddisfare l’intero fabbisogno del Paese, senza dover ricorrere all’importazione anche di prodotti basilari. Se il latte che consumiamo non può venire dalla Campania, ma viene dall’Emilia Romagna, per fare un esempio, è pur sempre un vantaggio per la nostra economia e le nostre aziende.

  3. Il discorso del km 0 è più complesso di quello che si pensa, se vogliamo parlare di impatto ambientale in rapporto ai km percorsi recenti studi dimostrano che l’impatto ambientale è maggiore con il km 0 rispetto all’acquisto di prodotti in supermercati centralizzati. Infatti dal punto di vista dell’economia dei trasporti se devo percorrere con l’automobile 10 km per comprare un chilo di verdura, e magari altri 10 km per comprare un chilo di fragole ubicate da un altro produttore, l’impatto ambientale è maggiore rispetto all’acquisto di prodotti magari importati dal Sud Africa-mi vengono in mente le pere- ma ubicati in un grande supermercato vicino casa, un produttore locale è anche meno efficiente dal punto di vista dei costi ecologici-energetici rispetto ad una catena di distribuzione. A mio avviso il km 0 è efficiente dal punto di vista energetico solo se vengono organizzate, nei quartieri delle città italiane, con frequenza giornaliera, delle filiere dei prodotti ortofrutticoli genuini.

    • Concordo sulle filiere di prodotti ortofrutticoli genuini, è proprio quello a cui faccio riferimento, essendo anche il mio punto di riferimento. Non è un obiettivo impossibile e penso che incrementarle ulteriormente possa dare vantaggi economici importanti.
      Però, esistono delle zone dove comunque c’è bisogno di percorrere in automobile un tot di km per raggiungere sia il supermercato che il mercato, o il fruttivendolo di fiducia. Quindi direi che il discorso è davvero molto complicato dal punto di vista dell’impatto ambientale e che forse servirebbero delle misure differenti (carburanti diversi?) per metterci un freno.

      • Ciao Roberta! Io vivendo a Roma i supermercati li trovo ogni 100 metri, mentre i prodotti a km 0, ogni tanto, vicino casa, la Coldiretti organizza qualcosa ma è insufficiente visto che non si trova tutto quello che cerchi, c’e’ da dire che il corpo umano ha bisogno anche di variare la propria alimentazione, il fatto è che L’Italia non è autosufficiente dal punto di vista alimentare come infatti denuncia la Confederazione italiana agricoltori http://postgrowth.org/unlimited-competition-is-not-sustainable/, quindi ha bisogno di importare dall’estero, poi c’e’ da fare anche questo ragionamento molti confondono il km 0 con la genuinità del prodotto, cioè se io compro il pecorino sardo in una bancarella della Coldiretti di Roma il discorso del km 0 si annulla completamente visto che sicuramente quel formaggio ha già svolto un tragitto via mare e via terra, il discorso infatti è molto complesso, mi piacerebbe tanto avere una soluzione.

  4. Ovviamente parlare di km zero dopo essersi trasferiti tutti in citta` non ha senso a meno di non trasformare le citta` come mi pare abbiano fatto a Cuba.
    Altrettanto poco senso ha parlare di km zero se si vogliono avere le banane, le fragole, le arance e le ciliege magari accanto ad una pasta al tartufo ed il salmone alla griglia per secondo senza usare camion, treni e navi…
    Se guardiamo a dove viviamo oggi c’e` ben poca speranza, percio` va ovviamente cambiato molto… o tutto ?
    Ma forse non e` cosi` difficile, perche` non chiediamo a quelli dell’Agrivillaggio di spiegarci come fanno ?

  5. Falso allarme se si accettano centinaia di migliaia di morti per cancro all’anno.

    Allarme verissimo, che probablimente andrebbe esteso a tante altre derrate che normalmente non si verificano, se si vuol portare il numero di morti ad “appena” poche migliaia.

    Altroconsumo infatti non si preoccupa minimamente di mettere in discussione i limiti blaterando “prodotto Rigoni conforme ai limiti previsti dalla legge.”
    Invece cio` merita un approfondimento molto piu` serio, come l’articolo che ho citato prima dal Foodwatch Report:
    http://www.foodwatch.org/en/what-we-do/topics/radiation/more-information/foodwatch-report-calculated-fatalities-from-radiation/

  6. Secondo dei ricercatori accreditati ingerire tre etti di questa marmellata ai mirtilli corrisponde ad un chilo di banane, un banana infatti ha sui è sui 120 Bq/ kg, c’e’ chi dice che un viaggio in aereo oppure un settimana bianca in montagna comportano dosi di radiazioni molto più elevate. La quota UE di 600 bequerel/kg secondo Giuseppe Sgorbati, direttore scientifico dell’Arpa Lombardia ed esperto di radioattività si raggiunge raramente. Ho letto il rapporto che hai postato e dice infatti che “that infants, children and adolescents should not consume more than 4 becquerels of the indicator nuclide cesium-137 per kilogram of foodstuffs. For adults, this value would be 8 becquerels.” Ma molti cibi sono naturalmente radioattivi, quindi la soluzione sarebbe mettere un freno a cosa?? Alla nostra esistenza? Una volta un professore mi disse una frase che non scorderò mai, “Non c’e’ niente di più innaturale della natura stessa a volte”
    http://www.ilfattoalimentare.it/la-marmellata-rigoni-di-asiago-ritirata-dal-mercato-giapponese-troppo-cesio-radioattivo-ma-i-valori-sono-ampiamente-entro-i-limiti-europei-nessun-problema-per-i-consumatori.html.

  7. “Ricercatori accreditati” e “limiti previsti dalla legge” non sembrano le fonti piu` adatte quando si voglia parlare di cambiamenti seri.
    Ben vengano invece discussioni basate su studi quantitativi e fatti sperimentali, e se poi si scopre che le banane e i voli in aereo sono piu` pericolosi della marmellata almeno sapremo come regolarci.

    Il rapporto di foodwatch dice che con i limiti Europei odierni si potrebbero raggiungere un numero enorme di morti per cancro e raccomanda di ridurre tali limiti.
    Illuderci invece che tali limiti si raggiungano raramente puo` far comodo, ma l’inquinamento ed i morti restano.
    Come minimo direi che la faccenda va approfondita seriamente invece di liquidarla frettolosamente.

    E poi, certamente un freno alla nostra esistenza sarebbe il minimo, poi bisogna anche ingranare la retromarcia per un bel pezzo, sterzare di 90 gradi ed imboccare una strada completamente diversa da quella che stiamo seguendo oggi.

    • Sono tante le cose che possiamo fare, ma ogni rinuncia deve essere accompagnata con la conquista di una nuova speranza, rinunciare ad una settimana in montagna con gli amici per paura delle radiazioni?? Mi spiace ma non ci rinuncio, la conquista di nuovi amici è più importante, non può essere che il rapporto foodwatch sembra credibile solo perché fa leva sulle paure recondite dell’uomo? Magari sbaglio! Non ho certezze ma solo dubbi, io interpreto la decrescita felice come ricerca spasmodica della verità, ma non voglio una nuova fede, parafrasando il mitico Bellavista “la fede è violenza, la fede in qualsiasi cosa è sempre violenza” http://www.youtube.com/watch?v=qOyIPDgzJLE Ciao Giulio!

  8. Vai pure ai monti tranquillo Francesco, come faccio io del resto, ma attento ai mirtilli…
    Bellavista non lo conosco, ma io sono certo che l’unica fede che ha senso e` nella ragione.
    Da qui [ http://www.swpc.noaa.gov/info/RadHaz.html ] puoi vedere che il livello di radiazione dovuto all’altitudine in montagna e` da due a cinque volte quello al livello del mare e dato che i montanari non vivono meno dei pescatori, anzi, possiamo desumere che tale livello di radiazione e` ininfluente.
    Invece a quota stratosferica la radiazione diventa centinaia di volte superiore, come sanno bene i piloti d’aereo, e cresce di un ulteriore fattore 10 per le orbite vicine alla Terra, luoghi comunque sconsigliati per le vacanze…
    Per fortuna queste sono cose che si possono misurare, cosi` come l’inquinamento.
    E a volte i limiti, anche quelli di legge se non sono troppo laschi, servono proprio a farci fare tali misure.

  9. Come non dovremmo mangiare troppo tonno perché contiene mercurio, oppure fare attenzione alle foglie giovani del basilico perché contengono molto più metileugenolo, un agente cancerogeno contenuto anche in altri aromatizzanti come lo zenzero, come il prezzemolo che contiene l’apiolo, insomma un dieta equilibrata ed attenta è importante, ma basta che non si fa con un mio amico che il giorno dopo la puntata di Report sull’aspartame, ha preso il caffè con lo zucchero di canna , ma prima si era già fumato 10 sigarette alle 11 di mattina…. :-))

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