Apologia della bicicletta

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1963

La motorizzazione di massa ha avuto, sullo stile di vita occidentale, e oramai non solo, un impatto comparabile se non superiore a quello dell’avvento, in tempi più recenti, dei personal computer e di internet. Con l’evoluzione dei mezzi di trasporto si è espanso l’orizzonte geografico degli individui, e con esso si è moltiplicata la distanza percorribile in 10 minuti, un’ora, un giorno. All’espansione dello spazio percorribile è corrisposta una contrazione sempre maggiore dello spazio percepito, così che la Terra appare, ai contemporanei, molto più piccola di come appariva ai nostri antenati solo due o tre secoli fa. Quanto detto sopra è normale oggetto di discussione sui libri di storia. Ciò che più raramente viene notato è che la meccanicizzazione degli spostamenti, unita all’espansione demografica ed alla nascita del consumismo su larga scala, ha col tempo ridotto in misura sempre crescente il range di itinerari percorribili dagli individui, in una maniera così velata e sottile che in pochi sembrano oggi rendersene conto. Se sfruttando le proprie gambe un individuo ha potenzialmente accesso a percorsi situati a 360 gradi intorno a sé ed è libero di fermarsi o cambiare direzione ogniqualvolta lo desideri, l’utilizzo di mezzi motorizzati lo costringe a seguire itinerari prestabiliti, attenersi a soste forzate e, in molti casi, perfino a subire restrizioni circa la velocità da tenere quando si muove in un traffico sempre più congestionato. Si potrebbe obiettare che le lunghe distanze non siano agevolmente percorribili con mezzi organici o a trazione organica, quali le gambe umane, i cavalli o le biciclette. Sebbene ciò sia in buona misura vero, il discorso è diverso per gli spostamenti su tratte brevi, inferiori ai 5 kilometri (più del 50% sul totale degli spostamenti in auto in italia [1]). La velocità media su mezzi motorizzati è infatti – per le città italiane di medie e piccole dimensioni, e ancor di più per quelle di grandi dimensioni – di poco superiore a quella di una comune bicicletta in presenza di piste ciclabili continue (e nell’ipotesi realistica che queste non siano le uniche strade percorribili con tale mezzo); la bicicletta, inoltre, oltre a fornire un range superiore di itinerari possibili, dà accesso a vie più dirette verso la propria meta, compensando in parte la sua inferiore velocità potenziale. Ma c’è un altro fattore spesso trascurato, ovvero il fatto che le biciclette, occupando meno spazio per utente, garantiscono, parallelamente alla diffusione del loro utilizzo, una contrazione esponenziale del traffico dovuta alla rinuncia a mezzi ben più ingombranti (vedi foto). Insieme al risparmio energetico (sia in termini di carburanti che in termini di costi fisici del mezzo), economico (spesa per carburanti e per l’acquisto del mezzo) ed ecologico (mancata emissione di CO2 nell’ambiente), tali fattori rendono la bicicletta il mezzo di trasporto più efficiente e versatile fra tutti sulle tratte brevi.

Anche la bicicletta, tuttavia, non è esente da difetti, a partire dalle maggiori difficoltà di utilizzo nei mesi più freddi dell’anno o in caso di condizioni meteorologiche sfavorevoli, fino ad arrivare all’ostacolo, insormontabile per una parte della popolazione, dello sforzo fisico richiesto per la sua fruizione. Va tuttavia notato che in Italia, fra le fascie sociali che fanno un maggior uso del mezzo, figurano proprio i pensionati (dati audimob, 2007). Appare quindi paradossale che nelle grandi metropoli del nostro paese, luoghi dove il rapporto costi-benefici in termini di tempi di percorrenza e velocità media pende più nettamente a favore delle biciclette, esse siano meno diffuse che altrove. Ed è proprio lì, dove sarebbero più necessarie, che andrebbero concentrate le opere di sensibilizzazione della popolazione e avviati progetti, infrastrutturali (in primis piste ciclabili diffuse e facilmente accessibili) e non, atti alla diffusione di questi mezzi di trasporto che alcuni, per interessi di parte, vorrebbero sorpassati, e che per l’opinione di chi scrive andrebbero altresì posti al centro della mobilità umana, specialmente urbana (scusate il gioco di parole), nell’interesse di tutti.

Sempre di più oggi, con la globalizzazione delle informazioni, delle merci e delle persone, il viaggio si è trasformato da esperienza sporadica a vivere quotidiano. E se è vero che sono le azioni quotidiane, e non quelle sporadiche (per quanto eccezionali) a mantenere in salute una comunità e in buono stato il suo ambiente, possiamo affermare che (anche) attraverso il viaggio, quello di tutti i giorni, per andare a lavorare o a fare acquisti, possiamo davvero migliorare noi stessi e il mondo che ci sta attorno. Uno dei modi in cui possiamo farlo è guardando all’assurdità del muoversi a 10 km orari stipati nella propria automobile, da soli, occupando 10 volte lo spazio del proprio corpo, su di una tratta di pochi chilometri, consumando carburante e inquinando, quando in un tempo paragonabile se non inferiore sarebbe possibile percorrere lo stesso itinerario senza inquinare né consumare carburante, occupando meno del doppio dello spazio occupato dal proprio corpo, e facendo nel contempo dell’attività fisica. Una volta riconosciuto il carattere paradossale di tutto ciò, c’è solo un’ultima cosa da fare. La più difficile, perché coinvolge la nostra quotidianità. Ve la suggerisco, ma non posso metterla in pratica per voi: agire di conseguenza.

Note:

1. Corriere.it, “La mobilità immobile”, 5 aprile 2011.

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Autore de 'Il Secolo Decisivo: storia futura di un'utopia possibile'. Da anni si interessa di tematiche ambientali, economiche e sociali. In passato ha pubblicato tre paper su temi inerenti alla decrescita: "Degrowth and Sustainable Human Development: in search of a path toward integration" (Paper presentato alla Conferenza Internazionale sulla Decrescita, Venezia 2012), "Sviluppo umano e sostenibilità ambientale: in cerca di una strada verso l’integrazione" (Vincitore della prima edizione del "Giorgio Rota Best Paper Award", Centro di Ricerca e Documentazione “Luigi Einaudi”, 2013) e "From growth to degrowth to a steady-state economy: a (more) liberal path is possible" (disponibile su ASR e online, 2019). È laureato in Scienze Politiche, in Sociologia e in Linguistica Applicata. Attualmente vive a Barcellona.

3 Commenti

  1. Sono anni che “agisco di conseguenza” come suggerisci, anche grazie alla mia passione per il cliclismo (sono ciclista agonistico amatoriale) ed al clima della mia città (Genova). Qui una decina di anni fa noi ciclisti urbani ci conoscevamo tutti di faccia da quanto pochi eravamo, ora ho notato diverse nuove entrate…. da 10 abbiamo raddoppiato, saremo in 20…. aumento del 100%, potenza delle percentuali relative care ai pubblicitari! Comunque per chi non se la sentisse di affrontare le salite genovesi con le proprie gambe, non sottovaluterei le bici elettriche, l’altro giorno un attempato signore mi ha sorpassato in bella agilità sulla salitella di ritorno a casa…..

  2. le città negli ultimi anni sono cresciute in funzione dell’automobile..le case sono lontane dai luoghi di lavoro e di consumo, circondate da strade, parcheggi, lotti di terreno inutilizzati….

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