Critica della ragione agroindustriale #6: OGM, sementi e coscienze manipolate (prima parte)

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(Critica della ragione agroindustriale #1, #2, #3, #4, #5)

III – OGM: SEMENTI E COSCIENZE MANIPOLATE

Ancora più degli OGM in sé, a inquietare è la forma mentis dei loro sostenitori, ben esemplificata dalla vicenda del golden rice, il riso geneticamente ingegnerizzato per produrre betacarotene.

Non è tutto oro quel che vorrebbe luccicare

Tale semente è un progetto risalente agli anni Novanta, allo scopo dichiarato di combattere la carenza di vitamina A che attanaglia le fasce più povere della popolazione mondiale, in particolare 100 milioni di bambini che, secondo l’OMS, ogni anno rischiano la cecità. Ostentando cotanto intento filantropico, qualsiasi voce critica era inevitabilmente destinata a essere bollata come bieca e cinica chiusura ideologica, sorte infatti toccata a chi fece notare che scopi tanto nobili si potevano raggiungere con soluzioni più semplici, meno dispendiose e, soprattutto, immediatamente disponibili, rispetto alle lungaggini di intraprendere un progetto di ingegneria genetica. Senza contare poi che il riso, coltura bisognosa di grandi quantitativi d’acqua, non pare ideale per le tante regioni disagiate del mondo dove tale bene prezioso scarseggia (i malpensanti in questa scelta hanno visto uno smaccato tentativo di penetrare nel mercato dell’Asia orientale).

Il golden rice, alla maniera del personaggio beckettiano di Godot, è sempre stato sulla bocca di tutti senza mai apparire realmente sulla scena, se si escludono alcuni campi sperimentali coltivati nel 2008 nelle Filippine. Il suo merito principale è stato di servire da argomento umanitario contro i ‘fobici’ e le regolamentazioni troppo stringenti che impedirebbero di sfruttare immediatamente le potenzialità della transgenesi, facendo attenzione a occultare qualsiasi problema tecnico legato alla produzione della semente.1Nel 2014, due economisti tedeschi hanno stimato in 1.424.000 gli anni di vita perduti nella sola India a causa della mancata introduzione del riso modificato; senza nulla togliere ai loro sforzi, chissà se hanno compiuto anche un altro tipo di analisi, forse più attinente alla loro disciplina, riguardo alle ragioni per cui permangono gravi e diffuse situazioni di indigenza in una nazione caratterizzata dalla seconda economia più propulsiva al mondo dopo quella cinese, contrassegnata dal nuovo millennio a oggi da una crescita ventennale del 6-7% annuo, con punte a sfiorare il 10%.

A diciassette anni dall’inizio del progetto, la campagna promozionale in favore degli OGM ha raggiunto l’apice sotto forma di un durissimo atto di accusa verso Greenpeace e in generale tutti gli oppositori della transgenesi. Il 29 giugno 2016, infatti, 108 vincitori del premio Nobel hanno firmato una lettera aperta dove – oltre a ripetere le consuete argomentazioni in favore del golden rice – si invitano tutti i governi del mondo a prendere le distanze dalle posizioni della ONG statunitense legalizzando la coltivazione di sementi geneticamente modificate, in vista della necessità di raddoppiare la produzione di cibo entro il 2050. Dopo affermazioni piuttosto ardite sul piano scientifico (come sostenere che gli OGM sono ecologicamente meno impattanti delle colture convenzionali e positivi per la biodiversità), la lettera si chiude con toni estremamente accusatori: “Quanti poveri nel mondo dovranno morire prima che ciò [l’opposizione agli OGM, n.d.r.] venga definito un crimine contro l’umanità?”.

Il documento in sé non è nulla di nuovo: si presenta la transgenesi come una risorsa dalle potenzialità quasi miracolose costretta alla marginalità per opera di ignoranti retrogradi, suffragando il tutto con l’auctoritas di personalità di spicco della scienza e della cultura, quasi nessuna per la verità specializzata in agronomia (o nelle scienze ‘dure’ in generale, vista la presenza di svariati Nobel per l’economia e di uno per la letteratura).2E’ interessante invece notare la tempistica: circa un mese prima della diffusione della lettera, la prestigiosa National Academies of Science, Engineering and Medicine (fondata da Lincoln per consigliare la presidenza sulle questioni scientifiche), aveva diramato il rapporto Genetically Engineered Crops: Experiences and Prospects, nel quale da una parte non si segnalano problematiche sanitarie accertate legate all’assunzione di OGM, dall’altra però si negano presunti miglioramenti nelle rese rispetto alle sementi tradizionali. C’è bisogno di precisare quale delle due notizie – lettera pro OGM dei 108 Nobel e rapporto della National Academies – abbia ottenuto più spazio sui media?

Genetica: la sicurezza dell’incertezza

Non solo è naturale preoccuparsi del cibo che ingeriamo, ma è legittimo mantenere un atteggiamento diffidente verso qualsiasi spiegazione semplicistica volta a rassicurarci su processi che manipolano alla radice i principi basilari della vita organica, soprattutto ora che viviamo nell’era dell’Antropocene, dove l’azione incessante della megamacchina industriale ha interferito pesantemente con la biosfera alterando i cicli naturali e provocando estinzioni di massa. Con la fauna selvatica ridotta a un terzo del totale e la forte riduzione biodiversità operata anche sulla flora,3pur in assenza di problematiche biologiche e sanitarie, è davvero necessario bypassare qualsiasi limite posto dalla natura alla ricombinazione genetica?

Figura 30

Diversamente dalle narrazioni mediatiche ignoranti/romantici vs competenti/razionali, si sono levate voci critiche sulla transgenesi anche all’interno del mondo scientifico. George Wald, Premio Nobel per la Medicina nel 1967 e professore di biologia all’Università di Harvard, ha confermato la fondatezza di alcune preoccupazioni popolari, confutando inoltre l’insopportabile refrain secondo cui l’ingegneria genetica “fa quello che hanno sempre fatto gli agricoltori ma in modo più preciso”4:

La tecnologia del DNA ricombinante mette la nostra società di fronte a problemi senza precedenti non solo nella storia della scienza, ma anche nella storia della vita della Terra. Essa mette nelle mani umane la capacità di riprogettare gli organismi viventi, i prodotti di circa tre miliardi di anni di evoluzioni. Tale intervento non deve essere confuso con le precedenti intrusioni nell’ordine naturale degli organismi viventi; la riproduzione degli animali e delle piante, per esempio, o l’induzione artificiale delle mutazioni con i raggi X.
Tutte queste procedure lavoravano all’interno di una singola specie e tra specie strettamente correlate. Il nocciolo della nuova tecnologia è di muovere i geni avanti e indietro, non solo attraverso le linee della specie, ma attraverso ogni confine che ora divide gli organismi viventi. I risultati saranno essenzialmente nuovi organismi, auto-perpetuantesi e quindi permanenti. Una volta creati, essi non possono essere fermati. Fino ad adesso, gli organismi viventi si sono evoluti lentamente, e nuove forme di vita hanno avuto molto tempo per stabilirsi. Ora intere proteine saranno trasposte in una notte in associazioni completamente nuove, con conseguenze che nessuno può predire, né per l’organismo ospite, né per i suoi vicini.
È tutto troppo grande e sta avvenendo troppo velocemente. Così questo, il problema centrale, rimane quasi non considerato. Esso presenta probabilmente il più grande problema etico che la scienza abbia mai affrontato. La nostra moralità fino ad oggi è stata di andare avanti senza restrizioni per imparare tutto quello che potevamo sulla natura. Ricostruire la natura non faceva parte dell’accordo. Andare avanti in questa direzione può non solo essere poco saggio, ma pericoloso. Potenzialmente, esso può produrre nuove malattie di animali e di piante, nuove forme di cancro, nuove epidemie.5

Quanto sono comprovate le nostre conoscenze sui funzionamenti cellulari per avviare questa sistematica opera di ricostruzione? Le applicazioni della transgenesi si fondano sul modello teorico della cellula denominato ‘dogma centrale della biologia’:

L’impianto epistemologico dell’ingegneria genetica si fonda sul dogma centrale della biologia molecolare. All’epoca della sua formulazione (Crick, 1958) il dogma centrale appariva una base concettuale molto solida sulla quale si sarebbe potuto costruire l’edificio delle nuove biotecnologie. Il dogma centrale è di per sé abbastanza semplice: i ‘geni’ sono immaginati come sequenze di basi azotate lungo la doppia elica di DNA. Le sequenze di DNA vengono trascritte in molecole di RNAmessaggero (RNAm) le quali raggiungono i siti di sintesi proteica e qui vengono tradotte in una sequenza di amminoacidi (polipeptidi o proteine) secondo un codice – il codice genetico universale – che assegna ad ogni tripletta di basi azotate (codone) uno specifico amminoacido o un segnale di termine della sequenza (‘stop’).6

Nella sua autobiografia, Crick racconta di aver adoperato il termine ‘dogma’ in senso scherzoso e idiolettale, da persona totalmente atea che rifiuta qualsiasi forma di conoscenza non verificata. Tuttavia, gran parte del mondo della ricerca ha preso alla lettera la definizione intendendola quale vero e proprio assioma della biologia, fatto testimoniato dalle resistenze incontrate negli anni Sessanta da Howard Temin quando avanzò l’ipotesi che alcuni virus capaci di provocare tumori usassero l’RNA come materiale genetico (gli studi portati avanti su questo argomento gli varranno poi il premio Nobel per la medicina nel 1975 in associazione con David Baltimore e Renato Dulbecco).

Temin denunciò il carattere ipersemplificato del dogma centrale e ricerche successive, tra cui il famosissimo Progetto Genoma, hanno effettivamente constatato che la realtà è molto più complessa di un modello chiaramente ispirato al riduzionismo meccanicista. Sarebbe molto difficoltoso e per lo più al di fuori delle possibilità di chi scrive delineare opportunamente le nuove acquisizioni della biologia molecolare (possibilità di un gene di sintetizzare più proteine, rivalutazione del ruolo del cosiddetto DNA-spazzatura, influenze sul fenotipo senza alterazione del genotipo, ecc); per proporre una sintesi delle nuove scoperte comprensibile a livello divulgativo, ecco come Denis Noble (biologo dell’università di Oxford) spiega con linguaggio da profani la nuova visione del genoma:

Pensare che il genoma determini completamente l’organismo è quasi altrettanto assurdo quanto pensare che le canne di un grande organo in una cattedrale determinino ciò che l’organista suona. Naturalmente, a determinarlo sono il compositore che ha scritto lo spartito e lo stesso organista che lo interpreta. Le canne sono i suoi strumenti passivi finché egli li porta alla vita secondo uno schema che impone loro, proprio come gli organismi multi-cellulari usano lo stesso genoma per generare tutti i duecento diversi tipi di cellule nei loro corpi mediante l’attivazione di diversi schemi di espressione. Questa metafora ha i suoi limiti. Non c’è un “organista”: la “musica della vita” si suona da sé, più o meno come fanno alcune orchestre che suonano senza un direttore. E, certo, l’”organo” varia da un individuo all’altro della specie. Ma è una metafora abbastanza buona. Le canne di un organo sono anche “formattate” per permettere l’attivazione contemporanea di sottoinsiemi mediante i vari registri, tastiere e accoppiamenti. Come le parti regolatrici del genoma, queste parti dell’organo rendono più facile il controllo, ma entrambi (genoma e organo) non fanno ancora nulla senza essere attivati. Gli schemi di attivazione fanno parte del “programma” tanto quanto lo stesso genoma.
Perciò, perfino al livello più basso in assoluto della catena casuale riduzionistica, scopriamo un errore concettuale. Le sequenze per la codifica delle proteine sono calchi; esse determinano con quale insieme di proteine deve giocare l’organismo, proprio come un bambino sa quali pezzi del Lego o del Meccano ha disponibili per le costruzioni. Quelle parti del genoma si possono considerare meglio come una banca dati. Anche quando aggiungiamo le regioni regolatrici e non-codificanti, non c’è un programma nel genoma nel senso che le sequenze potrebbero essere sezionate nel modo in cui analizzeremmo un programma di computer per capire che cosa esso specifica. La ragione è che mancano porzioni cruciali del programma.7

Con buona pace dei nuovi sviluppi della genetica (che tra l’altro potrebbero spiegare i comportamenti inattesi registrati in alcuni organismi OGM8), per chi pratica la transgenesi è preferibile aderire a una concezione di funzionamento cellulare più fedele al dogma centrale, sia perché attribuisce un aura di maggior affidabilità al processo di ingegnerizzazione, sia perché l’importanza attribuita ai singoli geni legittima più facilmente richieste di brevetti e paternità di proprietà intellettuale.

Il grado di sicurezza di una particolare tecnologia dipende strettamente dal potere predittivo della scienza ad essa correlata. I modelli e le teorie scientifiche possono contribuire a ridurre i margini di incertezza sulle dinamiche dei fenomeni studiati e dovrebbero quindi definire un quadro concettuale entro il quale lo sviluppo di nuove tecnologie può dirsi sicuro. Quando però l’incertezza non è riducibile e il rischio di commettere errori gravi e non reversibili è elevato, la tecnologia può essere fonte di pericoli; questo è il contesto razionale in cui si applica il principio di precauzione.
La crisi del dogma centrale sta facendo franare l’impianto epistemologico dell’ingegneria genetica. L’ingegneria genetica attuale si fonda infatti sull’assoluta certezza che il prodotto genico derivato da una sequenza di DNA sia unico e incontrovertibile, non possa cioè subire alcuna modificazione post-trascrizionale. La scoperta di strati molecolari nascosti di informazione genetica mina alla base questa certezza e rende più consapevoli gli scienziati dei limiti di una tecnologia che appare per molti versi inadeguata.9

Siamo quindi in presenza di una tecnologia altamente invasiva poggiante su basi scientifiche traballanti. Tutto ciò è sufficiente per un giudizio di condanna? Essendoci sull’altro piatto della bilancia il destino alimentare del genere umano e la presunta opportunità di un’agricoltura ecologicamente meno impattante, urge mantenere un atteggiamento pragmatico. In fondo, nel XX secolo la ricerca atomica ha testimoniato della possibilità di realizzare tecnologie altamente sofisticate malgrado conoscenze approssimate sulla struttura degli atomi e sul comportamento delle radiazioni ionizzanti (fatto che è costato qualche sgradevole imprevisto); se, analizzando i risultati concreti nell’uso degli OGM, individuassimo riscontri concreti a favore di quanto sostenuto dalla Cattaneo e dai 108 Nobel, sarebbe alquanto difficile giustificare un loro ulteriore rifiuto

Le mezze verità nascoste

Recita una frase attribuita a John Fitzgerald Kennedy: “Il grande nemico della verità molto spesso non è la menzogna: deliberata, creata ad arte e disonesta; quanto il mito: persistente, persuasivo ed irrealistico”. Quando ci sono di mezzo gli OGM, capita spesso di imbattersi in situazioni simili.

Per spiegare che cosa intendo, ho abbozzato di sana pianta con Paint uno spot promozionale in favore delle sementi transgeniche (figura 31), ricalcante però le argomentazioni impiegate in campagne reali.

Figura 31

Che cosa c’è di falso in quanto appena esposto? A stretto rigore, nulla. Il problema infatti non risiede in quello che è stato riportato, bensì in ciò che è stato omesso.

Sebbene gli andamenti produttivi di entrambe le nazioni siano riportati in modo ineccepibile, è truffaldino tacere qualsiasi riferimento all’impiego di nutrienti, lasciando così intendere che il gap di prestazione si debba alle sementi. Infatti, la Francia ha compiuto a partire dagli anni Ottanta un grande sforzo per migliorare l’efficienza dell’input nutrienti/output produttivo (riducendo l’apporto complessivo del 40% circa), che invece nello stesso lasso di tempo negli USA è rimasto sostanzialmente stabile (figure 32, 33). La ‘stagnazione transalpina’, inserita all’interno di questo quadro, si rivela quindi un ottimo risultato, mentre la performance statunitense ne esce ridimensionata.

Figura 32. Indice di consumo fertilizzanti, anno 1980=100 (Fonte: rielaborazione dati IFADATA)

Figura 33. Fonte: Lassaletta et al. (2014)

Di fatto, i miglioramenti di resa registrati dalle tre principali sementi OGM (mais, soia, cotone) non presentano alcun carattere di eccezionalità, ma sono allineati ai trend storici e che altrove sono stati ottenuti senza transgenesi. Ne consegue pertanto l’impossibilità di affermare che le colture ingegnerizzate vantino rese maggiori di quelle convenzionali (figura 34).10

Figura 34 . Fonte: National Academy of Science (2016)

Scoperta la prima impostura dello spot ‘USA vs Francia’, riguardandolo con occhio più sospettoso notiamo che qualsiasi esame dei pesticidi è stato condotto solo sugli insetticidi (non su funghicidi ed erbicidi), senza ripetere il confronto con i corrispondenti riscontri francesi. Facendolo, si scopre che, tranne per quanto riguarda la riduzione di insetticidi, gli abbattimenti di impiego francesi sono superiori a quelli americani11. (figura 35)

Figura 35

(continua)

 

2Il timore della ‘congiura dei somari’ (titolo di un libro dell’epidemiologo Roberto Burioni) contro la scienza è molto diffusa nel mondo della ricerca, specialmente in quei settori che si occupano di campi controversi (ingegneria genetica, cellule staminali, energia nucleare, ecc.). E’ probabile quindi che molti studiosi diano il loro sostegno più per solidarietà corporativa, che per reale conoscenza dell’argomento.

4Personalmente, mi ricorda la giaculatoria “il clima è sempre cambiato” dei negazionisti climatici.

6Barbiero 2004

8Pusztai, Bardocz 2007

9Barbiero 2004

11E’ stato osservato che, comunque, l’impiego di pesticidi per ettaro francese è ancora superiore, insinuando inoltre che la scelta del paese transalpino sia uno stratagemma di cherry picking per occultare una realtà più deficitaria dell’agricoltura non-OGM. Queste obiezioni sono scarsamente fondate perché 1) il consumo di pesticidi per ettaro era superiore anche quando l’agricoltura statunitense era OGM-free, quindi dipende da fattori che esulano dalle sementi impiegate; 2) se consideriamo altri tre paesi con agricolture paragonabili a quella statunitense per sofisticazione agronomica ma senza OGM – ossia Italia, Regno Unito, Germania – solo la nazione tedesca presenta un trend in crescita dei pesticidi, mentre nelle altre due si assiste ugualmente a una riduzione nell’impiego a partire dall’inizio del nuovo millennio (dati FAOSTAT).

Fonte immagine in evidenza: Fatto alimentare

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

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